VOLUME 1 - COMPLETO
𝑻𝑹𝑨𝑴𝑨
Tutto è cambiato per Diana.
24 ore 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 dell'incidente era solo una comune ragazza, soffocata dal futuro e dall'inadeguatezza.
24 ore 𝑑𝑜𝑝𝑜 l'incidente, Diana è un membro della triarchia del Sacro Triskell...
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Il destino è cambiato. I primi attimi che Diana tornò in sé, percepì la corda attorno alla sua bocca essere allentata gradualmente. Le labbra sbatterono tra di loro, avvertendo quanto fossero secche. Le inumidì con la lingua, risputando i peletti della corda che le erano rimaste incastrate tra i denti. Un momento dopo, anche il suo collo si liberò. Approfittò per ingoiare un cumulo di aria che quasi la fece strozzare. Il volto le penzolava senza forze, gli occhi tentarono di focalizzare il pavimento malandato. Era seduta su una sedia. Dove mi trovo? A Diana i rewatch di un episodio, non piaceva farli. Ma a quanto pare alla sua vita sì, dilettandosi nel mentre. Per quanto provasse ad evitarlo, si trovava sempre in gabbia. Con uno strattono provò ad alzare il mento, ci riuscì per qualche secondo. Intravide solo un muro di sbarre e una figura immobile oltre esse. Capì subito che non poteva muoversi, aveva mani e piedi legati ai sostegni della sedia. Una voce familiare si improntò nelle sue orecchie, ancora stonate dal poco afflusso di sangue. «Ti ho cercato a lungo, novellina.» Seppur Gabriel non citò il suo nome, Diana lo sentì lo stesso scandito tra quelle lettere. Lykke, le venne in mente. Ma scacciò ogni pensiero. «Ciao anche a te, Gabriel.» Si sforzò nel parlare. Diana riuscì a tenere finalmente il volto alzato, studiò Amaya sulla porta. La coltre di dread erano raccolti in un codino, lasciandoli due ricadere lungo le tempie. Il gufo che aveva tatuato in gola, la guardava con i suoi occhi cavati. Alzando ancor di più lo sguardo, incontrò anche quelli gorgoglianti della ragazza. «Prima che tu muoia, vorrei che ammettessi le tue colpe.» Conferì Gabriel, invece, all'interno della cella. «E le tue, invece?» In quel momento Gabriel la fissò come per capire di quali capi d'accusa volesse ostentare al punto di giustificare la morte di Iside. Amaya, invece, fu presa in contropiede dalla domanda, abbastanza da non potersi fare un'idea chiara da quello che i due sapevano l'un l'altra e lei no. «Quella legata ad una sedia sei tu, quindi, non fare la saccentona con me. Le uniche parole che voglio sentire dalla tua bocca riguardano mia moglie e il Diario.» Gabriel le mostrò due Kris infoderati che teneva stretti tra le mani. Uno di suo padre, uno il suo. Il manico in timoho, intagliato alla base con le orecchie di lupo riuscì a farle restringere lo stomaco. Era da tanto che i suoi occhi non si posavano sui lineamenti di quel pugnale. Gabriel continuò a farli tentennare davanti ai suoi occhi ma le portò all'attenzione quello costruito con la pietra lavica. «Ricordo la cerimonia di Aegir.» Si fermò per qualche secondo. «Il tuo vero padre.» Tenne a precisare. «Eravamo solo dei ragazzi a quel tempo, Aegir amava pavoneggiarsi con il suo Kris, non perdendo mai l'occasione di raccontare la storia del giorno antecedente all'assegnazione.» Non le diede modo di rispondere che librò le dita nell'aria. «La vuoi sentire?... tanto la so a memoria.» Diana fece solo cenno di sì con il capo. «Avevamo avuto una soffiata che un contrabbandiere di animali esotici stava per sbarcare molti esemplari di leopardi delle nevi. Nonostante Ninlil e Sraoscia, i capi, lo avevano vietato, dato la portata del pericolo, Aegir si avviò da solo e disarmato. E li liberò tutti, eccome se lo fece. Tanto che, il più forte dei leopardi, gli donò il suo canino per porlo sul Kris, come segno di gratitudine.» Diana rimase in silenzio, inclinò leggermente il volto per nascondere un sorriso. «Tanto del suo coraggio che Aaron si ispirò a lui, impartendo per la prima volta il progetto per il reinserimento degli animali nati in cattività. Dopo qualche anno Aegir lo aiutò a mettere insieme una squadra di cacciatori di bracconieri.» Gabriel esalò un sospiro. «Ma da eroe a traditore fu un attimo. Dalla lode alla critica altrettanto.» «Quindi è questo che ti fa arrabbiare?» Diana si inumidì le labbra, inspirando in cerca di aria. «Che qualsiasi cosa facesse mio padre, risultava essere l'inizio di qualcosa. Tu invece hai solo imparato ad essere frustrato dalla vita, agendo per soddisfare te stesso.» «Non pensare di aver capito tutto nel giro di poche settimane.» «Io almeno ci provo.» Replicò lei. «Tu hai assistito alla mia cerimonia d'assegnazione, come capo e, nonostante questo, non hai esitato a riempirmi di cazzate.» Gabriel si inclinò verso di lei, incrociando i suoi occhi quando le si frappose faccia e faccia. La barba era aumentata a dismisura e i suoi occhi erano gonfi e la corporatura massiccia riuscì a creare penombra sulle sue spalle. «Sei stata fortunata che la tua nascita sia stata lasciata al caso, se avessi saputo prima chi fossi, ti avrei ucciso tempo fa.» I suoi lineamenti duri, si incupirono in una smorfia, indicando nuovamente i due Kris tra le mani. «Scegli tu con quale vuoi morire.» «Come hai fatto con Agro-» Un pugno le arrivò in pieno volto. La vista si offuscò per un attimo. Delle mani si serrarono attorno al suo collo l'attimo dopo e il sapore del sangue accarezzò le sue labbra. «Potresti lasciarci soli?» Gabriel girò appena il busto di lato per osservare la reazione di Amaya. Diana vide come l'incertezza si insidiò nella ragazza ferma sulla porta. Ma aveva avuto degli ordini, lasciò la stanza come gli era stato detto. Ci fu qualche secondo di silenzio, Diana non se n'è accorso neppure. Le sue orecchie percepivano solo un fischio acuto con le vene che le pulsavano da sotto la pelle. «Stavamo cercando di avere un figlio, lo sai?» Diana sentì il suo cuore battere sempre più forte. «Vi serviva uccidere un ragazzo per farlo?» «Sarebbe stata un'Anima d'Oro, degna del Sacro Triskell.» «Non so cosa mi faccia più schifo in questa storia.» La nausea si addentrò nei meandri del suo stomaco. «Se i vostri crimini o il fatto che siete stati così stupidi da inseguire le indicazioni di un pazzo che è vissuto secoli fa.» «La vittoria si acquisisce con il sacrificio.» Le fece. «La storia dell'umanità gorgoglia di morti, da sempre.» «Appunto... ma noi rappresentiamo la storia del Sacro Triskell. Hai trasformato tutto in un complesso di inferiorità, diventando uguale a tutti gli uomini che hanno acquisito la vittoria con il sacrificio.» Sputò a terra il sangue che le si era accumulato in bocca. «Ci vuole coraggio per cambiare il mondo.» Gabriel si perse in un sorriso illusorio. «Parli proprio come tuo padre.» Le si avvicinò di nuovo. «E proprio come lui, hai messo le mani su quel dannato Diario. Dimmi dov'è.» «Non lo so... che ore sono?» Diana guardò le pareti con fare ironico. «Starà già svolazzando oltre l'oceano o verso l'entroterra del continente... chi lo sa.» Poi piegò il mento pensosa, vivere con Maris le aveva fatto sviluppare la dote di beffarsi degli altri. «Forse ha preso fuoco.» Un altro pugno saettò sulla guancia, ancora dolorante. Questa volta un tepore sotto la pelle le fece perdere la sensibilità nella mascella. Gli occhi scivolarono verso l'alto, quasi stesse collassando. «L'ho l-letto tutto il... Diario.» Farfugliò Diana, appena si riprese dal gancio. Si prese qualche istante per rielaborare le parole. «Schӓden non ha mai trovato un modo.» Anche con l'aggiunta del sangue animale, Kali ve lo ha fatto solo credere perché conosceva la vostra avidità. «Avrebbe funzionato alla lunga, sì, ma ti avrebbe portato alla morte.» Ad ogni parola le mancava il respiro. «Senza scappatoie, ne è valsa la pena perdere la tua umanità?» Maris aveva ragione: alcuni pensavano di avere il senso dell'onnipotenza ma era meglio non scherzare con la magia del sangue, certe pratiche ti consumano dentro. «Per questo hai ucciso Iside? Per darmi una lezione?» Gabriel si protese verso di lei. «L'hai portata via da me!» Le urlò con strazio, ignorando ogni sua parola. Le accinse le mani al collo e riuscì a percepire quanto fosse gracile e vulnerabile al suo tocco. Diana non gli avrebbe mai rivelato la verità sulla morte di Iside. E non l'avrebbe neanche mai rinnegata. Il male che avevano fatto, gli si era ritorto contro. Erano assassini. Nel momento che lei provò a soffocare qualcosa tra le labbra, si sentì un tonfo alle spalle della porta, oltre le sbarre. Era Leopold. Gli occhi di Diana smisero di vagare. La doppietta di pugni erano stati pesante, ma la presenza del ragazzo sembrò valere sulle percezioni fisiche. Il dolore alla guancia si miscelò con il ricordo delle ultime parole che le aveva rivolto. «Gabriel... è richiesta la tua presenza sopra.» Il tono risuonò gelido, gli occhi si posarono su di lei in modo schivo. «Arrivo subito.» Gabriel curvò il busto di lato, giusto per intimarlo ad andare via. E fu lì che Leopold e Diana si guardarono, il silenzio riuscì a toccarli entrambi. Lei si accorse di come cambiò la sua espressione, quando notò il sangue sulle sue labbra e il rossore intorno al collo e sul viso. Forse fu questo che lo spinse a rivelare ciò che sapeva: «Gabriel, devo dirti una cosa su Diana.» L'uomo si girò di scatto, dandole le spalle. «Di cosa si tratta?» Leopold tentennò nel rispondere, distogliendo lo sguardo da Gabriel per un momento. Diana scosse la testa, mimando tra la labbra No, ti prego. Fu un colpo per il suo cuore, vedere la ragazza che amava essere pronta a morire per mano di un bastardo. Si disse che non poteva combattere per qualcuno che non voleva lottare. Sconfortato, accolse le sue volontà. «Dovrebbe marcire in cella per il resto dei suoi giorni, anziché morire in un attimo.» E Leopold se ne andò. La porte si chiuse poco dopo, accompagnate dalle dita affusolate di Amaya dall'altra parte della soglia, nelle veci di una sentinella. «Mi fa pena, davvero.» Gabriel tornò a girarsi verso di lei. «Ma sono felice che abbia aperto gli occhi.» Ma Diana ignorò ogni scredito nei suoi confronti. «Sai... mi ricordo quando pensavo di volerti bene.» Le parole le uscirono come una necessità. «Eri diventato il mio maestro, la mia guida. Mi svegliavo al mattino con l'esigenza di ascoltare una delle due storie, di allenarmi per l'uso del Kris. Nel frattempo, invece, prelevavi sangue dal mio corpo affidandoti ad insulsi rituali. Ti ho visto piangere per la morte di un ragazzo che hai contribuito ad uccidere.» Si rese conto di avere le lacrime agli occhi. «Sei un doppio giochista del cazzo.» «Tra poco sarai morta, non mi importano i tuoi tentativi di colpevolizzarmi.» «Spero che ci riesci, sai?» Le tremarono le gambe. «Perché giuro su tua moglie che ucciderò anche te per la morte di Agrotes e quella di Aegir.» Il gancio allo stomaco, questa volta, Diana se lo aspettò. Sapeva di non poter avanzare minacce, era attaccata ad una sedia. Ma non le importava. D'istinto si curvò su sé stessa, i muscoli delle spalle la tirarono da dietro. Quelli dell'addome, invece, iniziarono a contorcersi. Risentivano ancora di quello che le aveva sferrato Ava, per vendicarsi della pugnalata. «Ti potrei cavare la lingua ora stesso.» Gabriel si passò le mani nella barba, affilò le sue labbra con un sorriso vittorioso. «Ma voglio averti intatta quando ti taglierò la gola per farmi giustizia.» «Bene.» Diana costrinse al suo volto a non accennare alla paura. «Tu sei alla ricerca della tua giustizia, e io della mia.» Con la pesantezza, le uscì solo un fil di voce. «E quando questo accadrà, farò in modo che il tuo sangue non sarà inutile come il tuo corpo.» Quando Gabriel divorò la distanza verso porta, la richiuse alle sue spalle con veemenza e il silenzio calò all'istante nella stanza. Diana doveva riuscire a liberarsi e scappare via. Provò a focalizzarsi nel luogo in cui era prigioniera nonostante gli spasmi nel corpo. Le pareti in mattoni sovrastavano un pavimento malandato. Le piastrelle erano quasi tutte rialzate, altre mancavano scoprendo il terreno al di sotto. Da parete a parete vi ergevano le sbarre, al di là vi era un corridoio ristretto terminante con una porta in acciaio. Pensò di trovarsi sotto al Tempio. La porta che aveva intravisto diverse volte, dietro le statue delle prime Anime D'Oro, l'unico posto che le avevano tenuto all'oscuro. Provò a divincolarsi ma rinunciò quando rischiò di cadere a terra. Anche se si fosse riuscita a liberare, pensò Diana, non avrebbe risolto un alcunché. Tra lei e la libertà c'era un muro di sbarre e una porta blindata. Voleva urlare ma rimase a fissare inquieta un punto imprecisato. Forse era arrivata al capolinea, o forse no. Ma la morte le sembrò ormai una consapevolezza.