Quarantasette

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𝐀𝐋𝐄𝐓𝐇𝐄𝐈𝐀:
𝐿𝑎 𝑣𝑒𝑟𝑖𝑡𝑎' 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑒𝑟𝑎 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎, 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎'.

𝐀𝐋𝐄𝐓𝐇𝐄𝐈𝐀: 𝐿𝑎 𝑣𝑒𝑟𝑖𝑡𝑎' 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑒𝑟𝑎 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎, 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎'

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 Diana si discostò, sopprimendo un sorriso dietro una smorfia di fastidio per la sfacciataggine che Maris ostentò in quel momento delicato

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Diana si discostò, sopprimendo un sorriso dietro una smorfia di fastidio per la sfacciataggine che Maris ostentò in quel momento delicato. Non si sentì di fargli la paternale, perché anche il suo spirito era eccitato. Percepiva scariche di adrenalina attorcigliarsi attorno a lei come una spirale. Quei due pugnali tra le mani, la completavano. Come se solo grazie a loro potesse essere davvero la protagonista della sua storia. E per il Kris d'oro che aveva alla cintura, quello sarebbe stato invece il suo lieto fine.
Diana indicò un Oscuro in lontananza, facendo capolino nella realtà pronta a continuare la battaglia. Un leopardo dal corpo snello avanzava a passi veloci. Non era tempestato dalle solite macchie caratteristiche ma bensì da una moltitudine di occhi. Lunghi artigli affilati tagliavano l'aria con fare aggressivo.
Di fronte ad esso, Marcel cercava di difendere Isaac alle sue spalle. Il puma impaurito era riverso a terra, con una zampa a coprirgli gli occhi. Il ragazzo, nel mentre, si sentiva paralizzato. Il Rivelatore nell'aria era riuscito a definire parte del volto e dell'addome dell'Oscuro. Non ci voleva molto a capire che, da qualsiasi punto l'avrebbe attaccato, la creatura sarebbe riuscito a vederlo.
Maris e Diana puntarono verso quell'Oscuro ma per un attimo la terra tremò. Una voce dall'alto sembrò parlare attraverso un megafono.
«Dianaaa...»
Diana si girò di scatto verso Maris. «Come sa il mio nome?» Gli chiese con un pizzico di paura nelle ossa.
«Lei sa tante cose.» Fece fatica ad ingoiare il groppo che aveva in gola ma portò i suoi occhi sul leopardo borchiato dai suoi occhi.
Marcel vide in lontananza due figure avvicinarsi a lui, intese subito quando Diana gli fece un cenno col capo. Attaccarono da tre lati diversi, i due ragazzi furono colpiti ma Diana riuscì a lacerargli parte del fianco. Gli occhi dilaniati iniziarono a perdere lava. La figura arretrò, piegandosi per il dolore.
Isaac si raddrizzò, correndo verso Diana. Si alzò al suo stesso livello, poggiando le zampe anteriori sul petto della ragazza. La fissava con i suoi occhi tondeggianti del colore delle foreste d'autunno.
«Fammi sparire la paura.» Le implorò, leccandole la faccia felice di vederla.
Diana cacciò un sospiro, toccò Isaac senza svuotare la mente. Poteva riuscirci, era nata per questo.
Prima che gli occhi si chiudessero trascinata nell'unione, sentì Maris sussurrare: «Dobbiamo...»
Ma ora lei era in mare aperto. Colto durante una tempesta, burrascoso, onde grandi come grattacieli. Boccheggiò in balia del collegamento tra le menti, le onde continuarono ad investirla, intrappolandole la gola. Ma prese il controllo di ogni percezione. L'acqua era lei, un'estensione di sé. Sentiva la tempesta come l'essenza della sua vita. Chiuse gli occhi e si lasciò andare sotto il manto dell'acqua, ora anche la sua pelle era liquida, i suoi organi bollicine create dalla corrente e il suo respiro divenne salsedine nell'aria.
La sua gola cacciò un sospiro, le sue labbra si mossero: «Fai della paura, il tuo coraggio.»
Gli occhi di entrambi tornarono a fissarsi. Ora Isaac aveva dentro di sé una foresta dalle foglie di fuoco. E Maris, nel mentre, terminò la sua frase: «...ucciderlo al più presto!»
Diana ci era riuscita, era riuscita a vivere un'istante intenso in un battito di ciglia.
Isaac ricadde pesante sulle zampe, con un salto e gli artigli in allerta, iniziò ad attaccare il leopardo, graffiandolo in ogni direzione. Gli recise con un morso i due occhi principali e l'Oscuro si accasciò a terra, sciogliendosi in un cumulo di polvere. Un urlo lancinante si propagò dall'alto ma, nonostante ciò, altri fil di fumo iniziarono a crearsi.
Diana sentì al suo fianco Marcel chiedere: «E lui chi è?»
«Nessuno!» Lei sovrastò prontamente la risposta che Maris stesse per dispensare. Proprio in quel momento non era idoneo sfoggiare di essere l'assassino di Iside.
Marcel digrignò i denti, le spalle erano curve e il sudore sulla sua pelle vitrea avevano arruffato i suoi capelli, più di quanto non lo fossero già. Così Diana, gli indicò i fil di fumo che pendevano dall'alto: «Gli Oscuri sono il suo punto debole, ogni volta che ne muore uno lei si indebolisce.» Gli spiegò.
Il ragazzo in risposta la guardò esasperato, il Rivalatore di scorta stava terminando e anche le energie di tutti. «Ma quanti prima che muoia?»
Diana lo guardò, gli pose una mano sulla spalla «Scopriamolo.» Gli fece un cenno con il capo, non potevano scoraggiarsi. Anche se si trovavano immischiati in una guerra senza fine.
Marcel si avviò verso un altro Oscuro seguito da Zowie, la scimmia che, con la sua agilità, riusciva a zampettare da una parte all'altra. Amaya e Celeste difendevano Ava che non riusciva a combattere con il bastone. Ma ci provò con tutte le sue forze. Leopold e Casper, invece, seguirono Adele e Javier contro un Oscuro alto quanto un elefante. Gabriel era impegnato con un essere simili ad un bufalo. La faccia schiacciata era sormontata da corna ricurve e affilate. Era aiutato da Iris che scendeva in picchiata dall'alto e Isaac che cercava di aggrapparsi alle sue spalle.
Maris si trovò costretto a lasciare il fianco di Diana, si difese da un lupo dalle ali taglienti. Arrivò Inay in suo soccorso, azzannando l'Oscuro alla gola mentre il ragazzo lo colpiva al cuore.
E ce n'erano proprio tanti, ora che Diana li ricontava – di nuovo – sembrava che ve ne fosse stato creato un altro. Era stufa. Così mise le mani a cono: «Hey burattinaia!» Urlò, con il volto orientato verso Didia, sospesa nel cielo con la gonna del vestitoche svolazzava come una bandiera dei pirati. «Perché non scendi tu a combattere?»
Maris appena sentì quei tentativi di schernire la donna, con un balzo si avvicinò a Diana: «Che cosa fai?» Le bisbigliò. «Non hai neanche la collana indosso.»
«Cos'è?» Domandò lei retorica, con gli occhi sempre fissi sulla donna. «Una sorta di scudo alla Captain America?» Un sorriso le uscì spontaneo tra le labbra per l'ilarità.
Maris notò Didia scendere verso di loro con calma, così si strinse alla ragazza pronto a scattare davanti a lei per proteggerla. «Una specie.» Le rispose con voce soffusa dal mistero. «E non solo.»
I fil di fumo si assottigliarono fino a scomparire, ma gli Oscuri continuarono nella loro lotta. Tuttavia, Diana notò, che nessun altro si rigenerò dal nulla. Forse se fosse riuscita a tenerla abbastanza occupata, il restante del gruppo avrebbe potuto eliminarli uno ad uno.
«Attendevo il momento che avresti chiesto un'udienza.» La voce di Didia rapì i due ragazzi, era penetrante, capaci di rimbombarti a pochi centimetri nelle orecchie. «Ti ho osservato destreggiarti come un'amazzone degli inferi.»
La figura snella, cinta da un vestito delicato la studiava con i suoi occhi infiniti nell'oscurità. Il sorriso tagliente tra le labbra, mostravano denti bianchi come ossa. Le trecce ricoprivano le sue spalle e i filamenti d'oro illuminavano il suo volto.
Didia alzò una mano e, ai piedi di Maris, un pezzo di terra si alzò facendolo ricadere a qualche metro da loro.
«Che cosa vuoi da me?» Diana sentì i nervi sussultare dentro di lei, assicurandosi visivamente che il ragazzo stesse bene, era pieno di terriccio ma incolume. Infoderò i due Kris dietro la sua schiena e si asciugò i palmi sudati contro il tessuto del pantalone.
«Voglio mostrarti chi sei veramente.» Le mani della donna si unirono, come in una preghiera.
«Non ho bisogno di te per questo.» Diana questa volta afferrò il Kris dal manico in oro, ignorò le urla di Maris che stava cercando di raggiungerla ma lei, facendo leva sulla sua schiena, fece scattare il polso verso il cuore di Didia.
La donna non si mosse, rimase sul posto senza intenzioni di difendersi. Aprì entrambi le mani e, prima che potesse pugnalarla, le toccò il petto.
Diana non capì cosa successe, riuscì solo ad adocchiare la bruciatura su uno dei palmi delle mani di Didia e poi fu catapultata nel buio. D'un tratto un bagliore le accecò la vista e le suole si alzarono da terra. I rumori della battaglia della Giungla si ovattarono fino a dileguarsi in una frazione che le sembrarono interminabili secondi.
Poi sentì freddo, una brezza che conosceva già. La mente di Diana rimase sfocata, provò a concentrarsi, di riassestare il suo corpo. Sbattendo le palpebre speditamente ogni elemento iniziò a definirsi, osservò stupefatta il cielo notturno che la sovrastava. Le stelle sfavillavano rendendo nitida ogni cosa. Sussultò quando guardò sotto i suoi piedi: un manto d'acqua immobile, esente da ogni corrente. Lei e Didia sembravano sospese su una piattaforma invisibile, perché stavano letteralmente camminando sul mare.
«Affascinante vero?» Bisbigliò la donna. «Siamo dentro la tua mente.»
Ma ora quella voce le sembrò stranamente più familiare ma sul momento non riuscì a pensarci.
«Co-come hai fatto?» Diana balbettò, aveva ancora le braccia divaricate per mantenersi in equilibrio, impaurita che potesse finire in mare.
«Oh questo?» Il volto della donna roteò verso il cielo, gli occhi scintillarono al bagliore delle stelle. «È un trucchetto facile dato che sei mia.»
Diana sentì il cuore smettere di pompare, il fiato le morì in gola. Cosa?
La rabbia iniziò a passarle da sotto alla pelle, fino alle sue tempie. Un crepitio alle orecchie rese assordante i suoi pensieri. Così, ancora con il Kris d'oro fra le mani, provò a colpire di nuovo la donna. Urlò quando si protese verso di lei, i muscoli le fecero male per la veemenza. Erano bastate delle dita libranti nell'aria per far ricadere Diana sul suolo, ad un soffio dalla superficie del mare. Le sue gambe avevano perso la stabilità per qualche istante, le ossa erano state sostituite da delle gelatine.
«Non essere irrispettosa.» La rimproverò Didia e per un attimo un tuono si propagò nel cielo.
Diana controllò il suo respiro, con uno sforzo alla volta si alzò in piedi. Quell'essere era stato così forte da controllare la forza nel suo corpo con un gioco delle dita.
«Cosa significa che sono tua?» La voce tremante e stanca di Diana si penò per una risposta che non voleva ascoltare.
«Come vuoi che te lo spieghi in termini comprensibili...» Con le mani incrociate dietro la schiena, Didia iniziò a scivolare attorno a lei. La osservava come uno scultore osserva la propria opera appena conclusa.
Ma anche Diana iniziò a studiarne i tratti fisici. Sulla schiena di Didia, scoperta dal vestito, vi era un tatuaggio dai colori dorati. Le clavicole affilate erano come due pugnali, gli zigomi alti le premevano così tanto che la pelle fu esente da ogni ruga. Gli occhi non proponevano presenza di un'iride o di una pupilla, solo le tenebre profonde. Ora che la vedeva da vicino, Diana si accorse quando fosse dolorosa la sua bellezza.
Poi d'un tratto lei si fermò, come se avesse appena trovato la parola giusta: «Sono tua madre.»
Diana non ci poté credere, arretrò per allontanarsi da quella realtà che le stata venendo vomitata addosso. «È impossibile!» Ma si morse la lingua, sembrò voler convincere più sé stessa. «Eris o Didia, o come diavolo ti fai chiamare, ho già il caos dentro di me. Non provare ad attaccarmi con il tuo.» Le parole uscirono cariche di brividi. «Io ce l'ho una madre e di certo non sei tu.»
La donna piegò leggermente la schiena, ridendo come se quella fosse una gara di battute. «Parli della donna che ti ho ordinato di attaccare alla tua apoteosi o di Evelyn, la donna inventata da Aegir?» Si accarezzò la fronte con le dita, inclinando il capo. «Tuo padre ha romanzato quella parte nella lettera. Non esiste nessuna Evelyn.»
Diana sbarrò gli occhi incapace di elaborare qualsiasi pensiero. Non si preoccupò tanto del fatto che Aegir avesse potuto dirgli una bugia, ma della sera del suo compleanno. Come sapeva tutte quelle cose? Era stata lei a manovrarla? La reazione di quella sera l'aveva tormentata a lungo, non era mai riuscita a darsi una spiegazione fattibile. Ma finì solo per credere che fu a causa della transizione del suo corpo a solidificarsi come Anima d'Oro, come le aveva spiegato anche Iside. E i sogni e le voci? Beh, a quello non riuscì mai a darsi una spiegazione. Non era normale, questa era la verità, non era conforme alla vita, in qualsiasi realtà si trovasse.
Didia continuò ad avere gli occhi fissi su di lei, le labbra rosee ripresero il discorso: «Prima che gli Dei mi imprigionassero, riuscii ad intrappolare la mia essenza nelle fondamenta di queste città. Perché secondo te esistono ancora le guerre, le pestilenze, gli Oscuri e qualsiasi cosa capace di scatenare il glorioso caos? Tutto merito mio.» La voce gorgogliò velenosa. «Ma più i secoli passavano, più le mie energie mi consumavano. Ma non potevo farne a meno, io vivo di questo. Sarei stata pronta a logorami anche l'anima pur di portare avanti la punizione che promisi al mondo: privarli della vita che non apprezzavano, come hanno fatto con me. Poi quel Sacro Triskell maledetto ha continuato ad uccidere le mie creaturine, una dopo l'altra, il dolore mi affligge ancora ogni volta. Ma tutto è cambiato quando tuo padre si è presentato da me.»
Diana sentì i respiri mancare, questa volta le sue gambe cedettero e fu certa che non fu la donna ad ordinarlo. Voleva non ascoltare, voleva poter interrompere il suo discorso ma non ci riusciva. Ogni giorno la sua vita si susseguiva con un'infinità di buchi di trama. Si sentiva persa, la rabbia che provava per tutto si era sostituita alla rassegnazione. La sua mente rispondeva a quel tormento con l'indifferenza. La sua esistenza era solo una pagina vuota macchiata dall'inchiostro di qualcun altro.
Così, con un'espressione incerta, continuò ad ascoltare quel fardello: «Fu facile ad attrarre Aegir oltre la barriera, era bellissimo... devo confidartelo.» Didia rimembrava ancora il desiderio che le venne quando lo vide la prima volta. Ma scacciò quei pensieri miserabilmente umani. «Grazie ad un piccolo trucchetto con la magia del sangue sono riuscita a creare un'estensione di me stessa.» E come se non le avesse reso chiara l'idea, la donna fece scoccare una voce dentro la sua testa.
Tu.
Diana si premette le mani sulle orecchie, il calore delle lacrime iniziò a torturargli le guance. La voce nella sua testa risuonò così familiare da farle paura, era diversa da quella pronunciata dalle labbra. Era possente, scandita così tanto da riuscirle a solleticare ogni organo. Quella fastidiosa voce di ogni mattina, quella che la torturava anche quando non aveva il controllo. Le conferme si susseguirono dilanianti.
«Ma sei stata fortunata, tuo padre è riuscito a scappare, portandoti con sé. Non sono riuscita a completare l'incantesimo ma almeno Aegir si è rivelato un ottimo lascia-passare per il mondo esterno. Il mio potere è iniziato ad essere più forte, i miei Oscuri si rafforzavano sempre di più. Sapevo che tuo padre sarebbe tornato e sapevo che saresti capitata nel Sacro Triskell. Volevo che li uccidessi tutti per me. Ricordi?»
Sì, Diana ricordava l'incidente con Inay come un film. Un altro tassello andò al suo posto.
«Ma sei stata una delusione!» Continuò Didia, sbuffando come una madre affaticata «L'animo puro di Aegir è riuscito a controllare la tua vita più di me... sei così sentimentale ed emotiva.» Le indicò le guance bagnate dalle lacrime per sostenere le sue tesi.
«Ma quando hai incontrato Maris, sei stata fredda e distaccata. É riuscito ad accendere un fuoco ardente in te. Ci vuole anche della pura sensualità per ricalibrare la mente. Devi riconoscerlo: ho scelto proprio bene!» Esclamò con un sogghigno soddisfatto. «Eccita perfino me per come ti desidera.»
Le parole la graffiavano come unghie sulle lavagna, erano assordanti. «Non l'hai scelto tu!»
«Arrenditi, avevo io le redini. Ti ho protetto anche quando non lo sapevi, ho fatto in modo che il Sacro Triskell non ti trovasse. Ogni cosa che facevi, la volevo io. Ogni persona che hai incontrato o, in questo caso, che hai scopato serviva a farti arrivare a me.»
«Bastaaa.» Urlò Diana in preda al panico.
«Ma se non ti unirai a me, Maris sarà il primo che ucciderò, spero che tu lo sappia.»
Diana si prese una pausa per respirare poi prese a guardarla con rabbia, tuttavia, vuota da ogni sentimento. «Lo ucciderai come hai ucciso mio padre?»
La donna giocherellava con le sue trecce, come se l'argomento non le riguardasse: «Aveva comunque le ore contate. Se uccidi una divinità non vedrai il mattino. Ma se una divinità uccide un essere umano, vedrà anche il tramonto.» Le ciocche di capelli poi ricaddero dietro la sua schiena, i suoi occhi si assottigliarono. «Ho fatto in modo che fosse riconsegnato al suo popolo e hai visto dove l'hanno seppellito. Tra i traditori. Unisciti a me Diana, il mondo merita di patire.»
«Non devo ascoltarti, devo ucciderti.» Diana dovette parlare a sé stessa ad alta voce era caduta ormai in un stato isterico attaccato da ogni lato. Per quanto provasse a mantenere il controllo, risultava essere solo temporaneo.
«Inutile resistermi. L'Oscurità vivrà anche dopo di me, l'equilibrio sa sempre come affermare la propria supremazia.»
«Non devo ascoltarti.»
«Governa con me, la normalità non ti è mai appartenuta. Neanche questo mondo che cerchi tanto di salvare. Io posso mostrarti la via.»
Fu strano per Diana rendersi conto che la propria vita non fosse altro che una concatenazione di eventi programmati. Aveva sofferto per una parte oscura di sé che non era sua. Aveva imparato a guardare senza avere il controllo, le persone le sfuggivano dalle mani, situazioni altrettanto. Realizzò che fosse lei sbagliata in quella vita. Dirottava le sue forze per nuotare in quella marea, illudendosi di poter diventare una marinaia. Era stata l'idea di fare la differenza a non farla affondare, si aggrappava ad essa nei momenti più vulnerabili. E invece ora scopriva che il suo vero essere era il male. Ma Maris l'aveva aiutata a credere ancor di più in sé stessa. Era riuscito a trasformare le sue ferite in saggezza. Le sapeva parlare e lei amava soprattutto come la sapeva ascoltare. Aveva sacrificato la sua vita per lei, sì aveva combinato un casino ma... lui era stato pronto a farsi odiare pur di dimostrarle quanto l'amasse.
Le sue parole le accarezzarono la mente: sei Diana e nessun altro.
Ma lei ora non era nessuno.
A piccoli passi iniziò ad avvicinarsi alla donna, tese il palmo della mano a mezz'aria. Percepiva brividi di freddo esplodere sotto la pelle, i movimenti anticipavano i suoi pensieri, nella mente un tamburo assordante.
La voce si fece sottile: «Lo farò, mi unirò a te.» 

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