Tredici

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«Sai di cosa si parlerà?»

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«Sai di cosa si parlerà?»

«Non ti piacciono le sorprese, novellina?»

Il volto di Diana si accigliò, lanciandogli un'occhiataccia. Ma, allo stesso tempo, soppresse un sorriso. Le pillole assunte da Marcel riuscirono a ristabilirlo, in parte. Aveva perso molto sangue e ne stava ancora perdendo. I capelli ricci gli ricadevano disordinati sulla fronte, il volto pallido e assente le sembrò una distesa di sabbia. Gli occhi vacui, le uniche pozze d'acqua in esso.

«Semplice curiosità.» Rispose spazientita. «Cos'è successo?» Diana si morse un labbro mentre gli tamponava con cura la pelle lacerata.

Osservò Marcel assopirsi in un sorriso vulnerabile, carico di angoscia. «É stata una carneficina.» Si passò una mano sugli occhi, le dita scivolarono lungo il collo, fino a mantenersi all'orlo della maglietta. Le clavicole si scoprirono, spingevano affilate contro la pelle.

Diana non capiva perché Marcel stesse perdendo così tanto peso. Era da un po' che si comportava in modo strano e lei non sapeva come creare un momento confidenziale per poterne parlare.

«Siamo riusciti ad ucciderli tutti ma non abbiamo salvato ness... Ahi!» Marcel sobbalzò, digrignando i denti per il dolore.

Diana si ritrasse nello stesso istante, buttando via l'ennesima garzina imbevuta del suo sangue. Gli aveva compresso troppo forte la zona del braccio. Se non altro fu abbastanza per arrestarne il sanguinamento.

Disinfettò la ferita con un preparato per evitare che si potesse infettare e studiò le dimensione di ogni dente affilato che gli aveva trapassato la carne.

«Che tipo di Oscuro era?» Diana assottigliò gli occhi. «Una specie di tigre?» Chiese, notando due denti più ampi all'estremità e due più piccoli nel centro.

«Peggio.»

Le era stata spiegato tutti sugli Oscuri. Si ricreavano con le sembianze di animali, mischiando nella loro fisionomia anche aspetti di varie specie. Ibridi super mostruosi e super brutti.

L'unico fattore immutabile era che non potessero ricreare abilità degli animali come quella di volare o stare sott'acqua. Per vivere, dovevano essere a contatto con il terreno.

«Beh, qualsiasi cosa sia stato rimarrà una bella cicatrice.» Gli fece. «Darwin potrebbe ricucirti con maestria.»

Marcel levò lo sguardo scettico verso di lei. «Non voglio che quell'essere mi tocchi.»

«Ma...»

«Ma, niente.» Il tono esasperato la fece ammutolire. «Procediamo alla vecchia maniera.»

Gabriel non le aveva mai mostrato come operasse Darwin. Le aveva solo detto che quel piccolo aracnide poteva produrre fibre più potenti dell'acciaio tanto che gli scienziati ancora non riuscivano a spiegarselo. La specie a cui apparteneva Darwin era famosa anche per la struttura delle loro zampe, soprattutto i pedipalpi(𝟏), acuminati come aghi. Penetrando nel derma, il ragno riusciva a stringere i lembi della pelle tranciata così stretti da far rimarginare la ferita con cicatrici appena visibili. Ma di rado si usava quella tecnica e la procedura in sé per sé rimaneva un mistero, nella squadra solo Iside e Gabriel ne erano al corrente.

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