Capitolo 46

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Ci sedettimo nel giardino dell'università e gli raccontai della Florida. Non assunse un'espressione particolare, sembrava piuttosto meravigliato ma al tempo stesso neutro.
«Perché non mi hai detto nulla? Della proposta, del matrimonio ma soprattutto del tuo, permettimi, stupido piano..? Non ti fidavi abbastanza, forse?»
Scossi la testa e quando alzai lo sguardo intravidi Luke da lontano che parlava con una donna. Balbettai una scusa indecente per allontanarmi da Jamie e camminai a passo svelto verso Luke, che non appena mi vide avvicinarsi salutò la professoressa e fece per voltarsi. «Luke aspetta, ti prego.» Sbuffò scocciato e si voltò completamente verso di me. «Vorrei sapere cosa succederà adesso.» feci, forse un po' intimorita dalla sua risposta. «Perché, questo non l'hai calcolato insieme a quella che sarebbe stata la nostra perfetta famiglia?» Finse un mezzo sorrisetto, aveva un tono duro e non distolse lo sguardo, cosa che fece subito dopo. «Comunque volevo giusto parlartene. La casa e l'auto rimarranno a te, ho contattato un mio vecchio amico che adesso è un medico in modo che interceda con l'ospedale di New Castle. Dice che puoi andarci come tirocinante quando preferirai, ti conoscono come mia moglie. Per quanto riguarda me invece ho chiesto il trasferimento appena ieri, invano, ma ci riproverò presto, nella peggiore delle ipotesi darò semplicemente le dimissioni. Guardo questa città con una prospettiva opposta a prima, inadeguata, insopportabile. Ho bisogno di cercare la mia città.»
«Come?» balbettai, aggrottando le sopracciglia. «Luke e.. il matrimonio? Non credi che sia tutto un po' precipitoso?», «Non credo esista un matrimonio. Lo definirei più un mucchio di bugie, scartoffie e un anello.» Scosse la testa sorridendo sarcastico, «E no, non credo che sia una scelta precipitosa. Ti contatterò appena avrò preparato tutto con mio fratello.», «Tutto cosa?» gli domandai alzando il tono della voce, in preda ad una crisi di panico. Sospirò, guardandomi, ma non disse nulla. Solo dopo che lo ebbi intimato a rispondere e dopo aver esitato un momento, Luke rispose. «Le pratiche per la separazione.»
Spostai lo sguardo per scacciare le lacrime, mi morsi il labbro per reprimere la rabbia ed azzardai parole a caso prima di qualcuna di senso logico. Sapevo benissimo a cosa si riferisse ed era anche una mossa decisamente prevedibile dopo ciò che era successo, ma sentire pronunciarle faceva sempre un certo effetto.
«Jack è un penalista.» quasi lo sussurrai, «Sì, ma conosce degli avvocati civilisti.»
Spostò lo sguardo sullo schermo del cellulare per controllare l'orario, e per la prima volta Luke Hemmings era in ritardo ad una delle sue adorate lezioni. Mi concedetti un secondo di sarcasmo per pensare a quanto potesse essere ansioso a causa del suo ritardo, basando i miei pensieri sulle sue dita che picchettavano nervosamente sulla sua gamba.
«Devo andare adesso, sono in ritardo.», «Luke aspetta.»
Senza pensarci troppo lo tirai leggermente verso di me, ritirando subito la mano, come dopo esserti scottato.
Perché è questo che lui faceva, scottava pericolosamente. Esattamente come scottava una settimana prima a casa dei suoi genitori, come scottava quando scoprì che gli avevo nascosto la gravidanza e come scottava quando lo conobbi.
Luke era un vulcano inesploso, eppure quando esplodeva la sua lava era in grado di consumarti.

Frugai velocemente nella mia borsa, recuperai il fogliettino rosa stropicciato e glielo porsi. «È ricominciato.», «Tu prendi le tue medicine e non farti suggestionare da queste cose.» Disse una volta averlo infilato nella tasca anteriore del suo pantalone. «Tutto qui? Mi tratti come se fossi pazza, dicevi di credermi.», «Vuoi che torni a casa a proteggerti e far finta di nulla?», «Voglio che pensi bene prima di contattare un avvocato.», «Ho avuto tempo sufficiente per pensarci bene, guarda i miei occhi.» Lo feci, lo stavo facendo dall'inizio della conversazione. Erano rossi, circondati da occhiaie. Mi si spezzò il cuore a vederlo così distrutto, amesso che si potesse spezzare ancora una volta.
«Devo andare.» si voltò e cominciò a camminare lontano da me.

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