{21° Capitolo}

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[Capitolo ventuno]

Jane

«Io, fossi in te, ci andrei»

Apro la porta di casa e, senza rispondere ad Amy, getto la borsa sul divano e corro in bagno.

«Ho altro a cui pensare, invece di uno stupido caso» borbotto, mentre apro l'armadietto dei medicinali.

«Stupido caso? Ma se tu adori questa roba!» esclama lei.

«Non si può cambiare idea?»

Prendo un barattolo giallognolo e ne estraggo un paio di pillole, che mando subito giù, senza neanche un po' d'acqua.

«Non dovresti prendere tutte quelle pillole»

«Amy, sono solo delle vitamine»

«Beh.. Non dovresti lo stesso»

La supero, dopo averla squadrata sbuffando, e mi avvicino verso la porta della camera.

«Si può sapere cos'hai oggi?» mi chiede, bloccandomi per un braccio. «Scommetto che è per il test»

La guardo dritto negli occhi, pronta ed esplodere. Ma, invece, mi libero semplicemente con uno strattone. «Devo chiamare Alan»

Entro e chiudo la porta a chiave, poggiando ad essa testa e schiena, per poi lasciarmi scivolare lentamente a terra, e poi chiudo gli occhi. Se solo potessi, rimarrei qui, in questa posizione, fino alla fine dei miei giorni. Ma, inevitabilmente, verrà la sera, e non ho voglia di sfrattare Amanda sul divano. E, come mio solito, comincerò ad avere fame tra meno di tre ore, se non due.

Spero che i tranquillanti che ho preso facciano subito effetto... Vitamine, certo. Prendere delle vitamine mi renderebbe ancora più nervosa di quanto non sia già. Ho cambiato il barattolo, così che Amy non si accorga che, ogni tanto, mi impasticco per l'ansia di non andare in ansia, sebbene siano dei tranquillanti molto leggeri.

Il cellulare, nella mia tasca, vibra, e io spero caldamente che non sia Al.

"Skype. Ora. Devo sapere come ti è andata"

Eccellente, davvero.

Mi alzo per prendere il tablet posato sul comodino e mi distendo sul letto. Lo accendo e mi collego subito su Skype. Neanche un minuto che sono online, che subito mi arriva una chiamata di mio fratello.

Prendo un respiro e rispondo, anche per fermare quell'insopportabile musichetta che mi dà ai nervi.

«Almeno il tempo di mettermi online potresti darmelo?» chiedo, ironica, non appena il suo volto appare sullo schermo. Sullo sfondo, riesco a riconoscere la sua camera da letto.

Lui mi ignora del tutto. «Com'è andata?»

Il mio sorriso si trasforma in una strana smorfia. Di solito, le espressioni dicono più delle parole.

Cerco di non incontrare i suoi occhi castani, per non leggere la delusione che tradiranno.

«Oh, no...» cerca di consolarmi.

«È andato bene, Al» lo rassicuro. «Ho solo...»

Ecco, fantastico. Come gli spiego che il problema è molto più grande del test in sé? Come faccio a dirgli che la nostra decisione è stata mandata all'aria per un mio stupido errore? Come? Come faccio a dirgli che la promessa che gli avevo fatto, ormai, non è più esaudibile?

Prendo un respiro. Tanto, cos'altro ho da perdere? «Ho fatto il test per la facoltà di criminologia» dico, tutto d'un fiato, e serro gli occhi.

Ne apro uno, lentamente, per sbirciare l'espressione di mio fratello. Ma niente, lui rimane impassibile, come se quello che gli ho appena detto fosse una cosa da poco.

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