Oggi sono due anni. Ancora non ci credo...
[Capitolo quarantuno]
Jane
Il laboratorio autonomo di cui Barnaby Hawes è capo chimico si trova nei pressi di Richmond, nella parte sudoccidentale della città: un anonimo fabbricato di mattoni grigi ad un piano solo che si erge in mezzo ad un complesso di edifici in stile vittoriano. La porta principale è aperta a chiunque, ma per accedere ai vari laboratori, che si estendono per tutto il piano terra, serve una tessera di riconoscimento, assegnata ad ogni responsabile di progetto o ricercatore. Per fortuna, questa volta non è stato necessario che Sherlock ne rubasse una, dato che Ines Coleman, una collega di Hawes, ha gentilmente accettato di scortarci da lui.
Il laboratorio non è molto grande: ha le stesse dimensioni di quello del mio liceo, solo con meno banchi e sedie per gli studenti. Il pavimento e le pareti sono ricoperti da mattonelle di un bianco che quasi scintilla e l'aria sa di disinfettante, mischiato all'odore di gas che viene da un becco Bunsen posto su un tavolo in fondo alla sala. Un uomo sulla quarantina, piuttosto atletico, con i capelli mori tendenti al grigio, è in piedi accanto al tavolo, con gli occhi scuri fissi su una beuta dalla quale sta estraendo del liquido con una pipetta.
«Non capisco cosa ci facciate qui» dice Hawes, non appena ci ritroviamo da soli nel laboratorio. «Ho parlato con Scotland Yard soltanto ieri pomeriggio»
«Noi stiamo... Conducendo delle indagini per loro conto» spiego, cercando di essere il più convincente possibile. «Non ci siamo messi ben d'accordo sulle domande, quindi potrei porgergliene involontariamente una alla quale ha già risposto ieri»
Lui sospira, posando la beuta per prendere una provetta. Non ha distolto gli occhi dal suo lavoro neanche per un secondo, da quando siamo entrati qui. «D'accordo»
Rimango in silenzio per poco più di un attimo. «Bene» concludo, con il tono di voce infastidito da questo suo comportamento distaccato. «Lei e Carol Lovest eravate sposati da sedici anni, ma sua moglie aveva avviato le pratiche per il divorzio da qualche mese: è corretto?»
«Sì» risponde, asciutto. «È corretto»
«Potrebbe spiegarmene i motivi?»
Si stringe nelle spalle, con indifferenza, e riempie la provetta con il liquido che ha estratto dalla beuta. «Non andavamo più d'accordo, tutto qui»
«Cos'è cambiato, di preciso?»
«Lei ambiva a diventare capo di partito e primo ministro. Molto spesso non si trovava a casa e, quando tornava, si rifugiava nel suo studio e non ne usciva fino all'ora di cena. Quello era l'unico momento della giornata che passavamo insieme» Sospira di nuovo e punta i suoi occhi castani su di me, dopo aver posato la provetta in una centrifuga che poi ha avviato. «È così necessario parlare di questa faccenda?»
Inarco lentamente le sopracciglia, assumendo lo sguardo più serio e minaccioso di cui sono capace. «Vuole trovare l'assassino di sua moglie?»
«Beh, certo»
«Allora temo proprio che lo sia» Torno con gli occhi sugli appunti che ho preso stamattina sul cellulare, rileggendone alcune righe in fretta. «Parlando con Jonathan Douglas, un collega di sua moglie, siamo venuti a sapere...»
«Lei ha un ufficio?»
Volto la testa verso Sherlock, che è in piedi alle mie spalle, con un'espressione che dice: "E adesso che c'entra?". Potrebbe anche capirlo, se si degnasse di guardarmi.
«Ehm, sì, al piano superiore, insieme a quelli degli altri responsabili di progetto» risponde Hawes, in modo distratto, come se non gli importasse minimamente del motivo di una domanda così fuori contesto.
STAI LEGGENDO
222B, Baker Street
Hayran KurguJane è una ventiquattrenne piena di sogni e aspettative, che si trasferisce a Londra con la sua migliore amica, pronta a iniziare una nuova, "normale" vita. Cosa accadrebbe, però, se il suo vicino di casa, un famoso detective privato, si rivelasse...