[Capitolo quarantaquattro]
Sherlock
Le mie dita stringono forte i lati del foglietto di carta contente il nuovo indizio di Moriarty. La seconda chiave, come sospettavo, si trovava nel laboratorio di Richmond, sotto al piedistallo che sorreggeva l'arma del delitto, nello studio di Barnaby Hawes.
Adesso, stiamo cercando un numero. Una serie di cifre. Un messaggio. Qualcosa che ci dica quale sarà la sua prossima mossa.
Torno con lo sguardo sul biglietto, per rileggere ancora una volta le parole in inchiostro nero che spicca sul bianco della carta. Faccio scorrere i miei occhi lungo le lettere, saltando da una riga all'altra come ha fatto la macchina da scrivere per stamparle. Le leggo e rileggo, cercando ogni volta una parola nuova, un minimo indizio che mi suggerisca qualcosa di più. Che mi faccia capire qualcosa di più. Ma le parole rimangono sempre le stesse, ogni linea e sbavatura d'inchiostro, ormai segni indelebili e immutabili.
"Il telefono è la più grande invenzione di tutti i tempi, non credi?"
«Sherlock? Sherlock, siamo arrivati»
Mi sento scuotere leggermente, e subito mi risveglio dallo stato di concentrazione che mi aveva completamente assorbito. Alzo lo sguardo verso destra: John è già sceso dalla macchina, ha aperto lo sportello dalla mia parte e ha una mano poggiata sul tettuccio, l'altra è sulla mia spalla.
«Cosa?»
«Camden» mi dice, facendosi da parte. «Siamo arrivati»
«Ah, già...»
Ripiego velocemente il biglietto e scendo in fretta.
«Stai bene?» mi domanda lui, chiudendo la portiera dell'auto.
«Non dovrei?»
Mi avvicino al finestrino del tassista e, mentre cerco il portafogli nella tasca interna, vi faccio scivolare con disinvoltura il biglietto. Pago la corsa e mi avvio verso Camden Lock, senza controllare che John mi stia seguendo, o se sia rimasto ancora una volta immobile perché una mia parola non gli torna.
«Stai pensando ad altro» afferma, affiancandomi rapidamente. «Ed è strano, visto che c'è un nuovo omicidio solo per te»
Roteo gli occhi con un sospiro, alzando il nastro giallo della polizia per passarvi sotto e accedere alla zona non disponibile al pubblico.
Forse, però, ha ragione. Sto pensando ad altro, e lui ne è consapevole. Solo, non sa di preciso a cosa: conosce bene la storia della matrioska, ma non ho intenzione di coinvolgerlo più di tanto. Devo risolvere questa faccenda da solo.
«Sherlock, mi potresti spiegare cosa stiamo facendo?»
Mi fermo poco prima della soglia dell'edificio in mattoni color ruggine, John si ferma insieme a me. Mi volto per guardarlo negli occhi, tirando fuori l'espressione più naturale che ho: so già dove vuole andare a parare.
«C'è stato un omicidio, Lestrade mi ha chiamato e noi siamo venuti ad ispezionare il corpo»
«Grazie mille, Capitan Ovvio, non ci sarei mai arrivato da solo!» sbuffa lui, con tono ironico. «Intendevo perché io»
«Perché sei il mio assistente, no?»
«Ma se sono mesi che non risolviamo un caso insieme!» ribatte lui, trattenendosi dall'alzare la voce. «Insomma, perché non hai chiesto a Jane di venire?»
«Sai perfettamente perché»
Detesto quando fa finta di non sapere niente, quando cerca di farmi ragionare facendo la parte del vago.
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222B, Baker Street
FanfictionJane è una ventiquattrenne piena di sogni e aspettative, che si trasferisce a Londra con la sua migliore amica, pronta a iniziare una nuova, "normale" vita. Cosa accadrebbe, però, se il suo vicino di casa, un famoso detective privato, si rivelasse...