[Capitolo trentaquattro}
Jane
Capodanno è già passato da più di una settimana: l'aria di festa sta lentamente scomparendo e già immagino tutte le lucine, gli alberi o le decorazioni venir riposte nelle terrazze e nelle cantine tra pochissimi giorni, così da mettere fine al periodo natalizio. Non che mi dispiaccia, dato che il Natale è diventato solo un'altra causa di enorme stress, ma tra qualche settimana avrà inizio il mio incubo peggiore, e io non posso fermare il tempo con uno schiocco di dita: la sessione di esami è ormai alle porte.
In un periodo come questo, ho davvero bisogno di prendere più ansiolitici del solito, per non farmi prendere dal panico ogni volta che, mentre studio, idee su come potrei miseramente fallire si fanno strada nella mia testa. E dato che devo mantenermi lucida, così da ricordare ogni singola virgola del mio libro di testo, oltre alla mia pillola di Oxazepam, andare al Regent's Park mi aiuta moltissimo: a meno di dieci minuti da casa, aria fredda per tenermi sveglia e panchine su cui mettermi a studiare, con il fruscio rilassante delle foglie e il vento che soffia leggero. Insomma, il posto perfetto per non farsi venire un attacco d'ansia improvviso.
Sono seduta davanti al laghetto dei giardini reali da tutta la mattina, con le cuffie nelle orecchie che riproducono sonate e notturni per pianoforte e pagine su pagine lette, studiate, memorizzate. Sono quasi diventata un tutt'uno con il libro, e la cosa è strana ma anche piacevole.
Okay, dopo questa considerazione, posso ritenere il mio cervello del tutto andato.
Quando anche il Quinto Notturno di Field termina, mettendo fine alla mia ennesima playlist, prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni per vedere quanto tempo ho passato a studiare, isolata dal resto del mondo, e, dopo aver premuto il pulsante di sblocco, trovo una notifica non letta: un messaggio da Sherlock.
Interessante: non mi rivolge la parola da giorni, e alla fine viene a cercarmi. Deve essere davvero disperato.
Non so se esserne felice oppure no, perché sicuramente io non avrei mai avuto il coraggio di riprendere in mano un discorso con lui, dopo quel pranzo di Natale che è stato un vero disastro...
Baker Street, Londra, Inghilterra•25 Dicembre 2011
«Neanche una?»
«Neanche una»
«Non dirò niente di offensivo»
«No, Sherlock: devi tenere a freno la lingua e basta» ribatté Jane, in tono fermo e autoritario. «Non voglio che tu faccia una cattiva impressione. Voglio che si illudano che abbia dei vicini normali»
«E perché?» chiese il detective, con fare stizzito. «Non mi interessa di fare una buona impressione alla tua famiglia»
«Non lo faccio per te, genio, ma per me, perché se mia madre e mio fratello si rendono conto che ho un vicino ancora più strano di quanto abbia raccontato loro, mi riportano a Nottingham con la forza»
«Come sei noiosa...» borbottò Sherlock, roteando gli occhi.
«Faccio parte di una famiglia noiosa che viene da una cittadina noiosa in una noiosa parte del paese» disse la ragazza, muovendo l'indice da destra a sinistra. «La noia fa parte della mia natura»
«Eppure non vedevi l'ora di andartene via dalla noiosa cittadina»
«Io sono quella diversa, ricordi? Per quanto possa assomigliare alla mia famiglia, non sono come loro»
Sherlock aggrottò la fronte e storse le labbra, in un'espressione falsamente pensierosa. «Mmh... Questa l'ho già sentita, da qualche parte»
«Mi piacciono le citazioni» rispose Jane, stringendosi nelle spalle. «Persino le tue»
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222B, Baker Street
FanfictionJane è una ventiquattrenne piena di sogni e aspettative, che si trasferisce a Londra con la sua migliore amica, pronta a iniziare una nuova, "normale" vita. Cosa accadrebbe, però, se il suo vicino di casa, un famoso detective privato, si rivelasse...