{3° Capitolo}

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[Capitolo tre]

Amy

«Ma cosa ti sei portata dietro? Mezza città?!» esclamo, posando un'altra scatola di cartone a terra e gettandomi sul divano di pelle, stanca morta nonostante siamo solo a metà lavoro.

«In realtà solo quello che avevo in camera» fa Jane, ridendo, entrando nel salotto subito dopo di me

«Quanto ancora dobbiamo sistemare?» chiedo, lanciando un'occhiata sconsolata al resto degli scatoloni sparsi sul pavimento.

«Le medicine, altri libri, qualche paio di scarpe, libri, i film...»

«Altri libri» sbuffo, interrompendola.

«Sai che sono per l'università» ribatte lei, poi si siede a terra, apre una scatola e comincia a sistemare alcuni volumi su uno scaffale accanto alla finestra che da proprio su Baker Street.

«A proposito, perché hai scelto proprio giurisprudenza? Non volevi fare la criminologa, qualche tempo fa?»

«Ho cambiato idea...» risponde, evasiva. «E poi, proteggere le persone con la propria capacità oratoria è così... Gratificante!»

«E stupido, soprattutto. Dammi retta, ci sono cose migliori»

«Ma che dici! E poi mi sono già iscritta all'università da luglio. Ora devo solo fare il test» spiega.

Sospiro: discutere con Jane è a dir poco impossibile.

«Vado a prendere le altre scatole...» mormoro, alzandomi dalla mia comoda posizione e avviandomi verso le scale.

Arrivo davanti a quella sottospecie di catorcio azzurro che, qualche decina di anni fa, doveva essere una Ford Anglia. Secondo quanto mi ha detto Jane, doveva appartenere a suo nonno, ma gliel'ha regalata per il diploma. Non è il massimo, ma la mia amica l'adora. Soprattutto perché è lo stesso modello usato nei libri di Harry Potter.

Prendo la chiave dell'auto dalla tasca e l'avvicino alla serratura del portabagagli, ma qualcosa mi distrae: uno sparo che riecheggia nell'aria e un urlo che si perde nel vuoto... Mi volto di scatto e mi guardo intorno prima di realizzare che quella era la voce disperata di Jane.

Rimango con la mano a mezz'aria, poi mi precipito nell'appartamento della mia amica. Penso al peggio mentre salgo i gradini a due a due. 'Forse è stata colpita... Forse è ferita... Forse è grave...'

Trovo Jane con gli occhi sbarrati, in piedi, di fronte alla finestra. A prima vista, sembra stia bene, dato che non sanguina né altro. Mi accorgo che il vetro ha un foro tondeggiante, di circa un centimetro di diametro.

«Cos'è successo?!» chiedo, urlando, come se non volessi credere a ciò che è evidente.

La mia amica alza un braccio tremolante per indicare una parte del pavimento. Seguo con lo sguardo il punto che vuole farmi vedere, trovando a terra una cartuccia di un proiettile.

Corro da Jane e l'abbraccio stretta a me. Trema come una foglia, in evidente stato di shock. La faccio sedere sul divano per poi correre in cucina a prenderle un bicchiere d'acqua.

«Ti ha colpita, sfiorata, qualcosa?» chiedo mentre mi affaccio alla finestra: forse il tipo che ha sparato é ancora lì in strada.

«No...» balbetta Jane. «Stavo finendo di sistemare i libri quando ho sentito il vetro infrangersi e il proiettile cadere sul pavimento...»

Guardo di nuovo la cartuccia, non sapendo cosa fare. La prima cosa che mi viene in mente è quella di chiamare Josh, mio cugino, l'unica persona di cui mi fido ciecamente. Prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni e inizio a cercare tra i contatti il suo numero.

«Che vuoi fare?» mi chiede Jane.

«Chiamo Josh. Gli chiedo se ci può raggiungere»

«Amy, tranquilla. Non sono famosa. Non possono farmi un attentato» fa lei per sdrammatizzare un po', senza successo.

«Qui non c'è niente da ridere! Ti è entrato un proiettile in casa!» urlo, in preda alla rabbia e alla frustrazione.

Jane abbassa lo sguardo, mentre io inizio camminare su e giù per il salotto con il cellulare appiccicato all'orecchio.

Uno squillo.

Due squilli.

Tre...

'Andiamo, Josh, vuoi deciderti a rispondere?!'

Sento un altro sparo, questa volta più forte, e un nuovo proiettile fora un altro punto della finestra. Mi passa accanto, per poi cadere sul pavimento, come quello precedente.

Lascio la presa sul cellulare, senza sapere se mio cugino abbia risposto o meno e urlo all'unisono con Jane. Ho il respiro affannato e le mani che tremano. Mi accerto che nessuna di noi due sia stata colpita, e mi chino a raccogliere il telefono. Sono fortunata se riesco a tenerlo in mano...

«Josh? Josh, ci sei?» chiedo.

«Ehi, cos'è successo? Ti ho sentita urlare» fa lui dall'altra parte della linea, evidentemente preoccupato.

Jane si alza di scatto e si precipita alla finestra. La apre per poi affacciarsi.

«Niente... Sono nella nuova casa di Jane... Le è entrato un proiettile in casa...» balbetto, mentre mi avvicino alla mia amica per scoprire cosa stia guardando.

«E tu questo lo chiami niente?!» grida Josh.

Jane mi indica un edificio di fronte a noi, che ha una finestra con due fori, proprio come la nostra, mentre mio cugino continua a parlare a raffica senza che io riesca ad afferrare le sue parole.

«Il nostro tiratore deve essere lì» mima con le labbra la mia amica.

«Josh, ti devo lasciare. Ci sentiamo più tardi»

Lui dice qualcosa per non farmi attaccare, ma ormai ho già chiuso la chiamata. Guardo Jane con gli occhi sbarrati: entrambe siamo spaventate a morte. Sento, poi, la rabbia innalzarsi velocemente dentro di me.

«Vado a dirgliene quattro» urlo, furiosa, mentre mi precipito verso la porta.

«Amy! Non andare, potrebbe essere pericoloso!» dice Jane, ancora accanto alla finestra.

«Vedranno quanto diventerò pericolosa io, se li becco in flagrante!» ribatto, a denti stretti.

Jane sospira e mi raggiunge. Chiudiamo la porta a chiave e arriviamo in strada di corsa. Localizziamo l'appartamento con la finestra forata e ci dirigiamo lì. Jane sembra preoccupata, mentre io sono più arrabbiata che mai.

'Ma cosa cavolo salta in mente alla gente che si mette a sparare nelle case degli altri?!' ripeto fra me e me con l'ira che mi bolle dentro.

Arriviamo alla porta di quella casa, che si trova proprio accanto a Speedy's. Osservo con attenzione le lettere sulla porta prima di bussare: sono identiche a quelle che ha la mia amica. Differiscono solo per un numero. Guardo i nomi sul campanello: sono tre. Quello al piano inferiore è della signora Hudson. Quelli al piano superiore sono due: John Watson e Sherlock Holmes.

Sono un po' titubante a suonare... Dopotutto sono dei pazzi che sparano nelle case dei propri vicini! Poi mi decido: prendo un profondo respiro e premo il pulsante.

222B, Baker StreetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora