{54° Capitolo}

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[Spazio Autrice]

Dunque...

Alla fine ci siamo arrivati, eh? Siamo arrivati a questo momento a dir poco cruciale della storia. Un momento che aspettavo di scrivere da tantissimo tempo.

Prima che mi lanciate pomodori, carote, Maledizioni Senza Perdono, parolacce e quant'altro, ci tengo a dirvi che mi dispiace. Mi dispiace per quanto ho scritto e quanto state per leggere. Per me è stato davvero molto difficile mettere in piedi questo capitolo. Se sarà per voi un colpo al cuore, sappiate che lo è stato anche per me. Quindi vi capisco.

Non vorrei rubarvi altro tempo (anche se farlo potrebbe essere utile, eheheh), quindi vi lascio. Spero davvero che il capitolo vi piaccia, nonostante sia molto, molto cupo.

Un bacio a tutti voi.

~Maddy❤

[Capitolo cinquantaquattro]

Jane

«Allora, ehm... Chi comincia?»

Alzo lo sguardo, prima fisso sull'erba, e lo appoggio su John, in piedi accanto a me, anche lui con gli occhi grigi persi chissà dove, in quale punto oscuro di questo luogo. Osservo attentamente il suo volto terreo, lo sguardo stanco, e mi rendo conto solo ora che si è trasformato in qualcuno di completamente diverso, nell'ultima settimana. So che continua con la sua ruotine, che almeno prova a rimanere quello che era. Il John Watson di sempre. Ma lo vedo fallire, col cuore a pezzi, il sorriso triste, il coraggio che è l'unica cosa che lo manda avanti.

Mi guardo attorno, come per accertarmi che abbia parlato proprio con me. Poi mi ricordo che ci siamo solo noi due, a questo funerale. Siamo solo noi due, in questo giorno privo di qualsiasi raggio di sole ad attraversare le nubi. Il grigio è, ormai, l'unico colore che riesco a vedere e percepire. Come se tutte le altre sfumature che animavano questo mondo, dal blu del cielo al verde dell'erba, fossero stato risucchiate da un vortice infrenabile e terribilmente potente. È tutto mostruosamente grigio. Il grigio è diventato l'unico colore che abbia il coraggio di avvolgermi, in tutta la sua freddezza, in tutta la mia tristezza.

Forse, è un po' anche per questo che sono venuta, oggi. Non per dare a Sherlock quello che chiamano "l'estremo saluto", ma perché in qualche modo sapevo che non ci sarebbe stato nessun altro, in questo grigio giorno, ad accompagnarlo qui.

I suoi genitori hanno detto che non se la sentivano, così come Molly. Mycroft ha rifiutato dicendo che considera questo funerale "un sentimentalismo inutile che Sherlock non potrà mai apprezzare", mentre Lestrade ha scelto di non venire perché, dopotutto, sarebbe stato presente al funerale di un assassino bugiardo. Sherlock lo ha confessato, d'altronde. Lo ha detto a John, prima di buttarsi e morire. Ma ora come ora, non so nemmeno fino a che punto credere alle sue parole, dopo tutte le altre volte in cui non ha fatto altro che mentirmi. Eppure adesso siamo qui, davanti a questa tomba, perché lui si è ucciso. E niente e nessuno potrà mai cambiarlo.

«Non lo so...» mormoro, tornando a fissarmi le scarpe.

«Vado prima io?»

Prendo un profondo respiro prima di rispondere. Vorrei dirgli un "no" secco. Vorrei andare prima io, così da avere la possibilità di far finire tutto questo in fretta, di dargli quel maledetto "estremo saluto" e poi andarmene via, lasciarlo qui. Ma non posso... Sarebbe un'azione egoista nei confronti di John, che ha più bisogno di me di cominciare, finire e andare via. Lo so, lo sento.

Mi stringo nelle spalle. «Okay»

«Va bene» acconsente, deciso, facendo un passo avanti verso la tomba. Si ferma, vacillando un po', mentre tutta la sua sicurezza di appena un secondo fa lo abbandona, attimo dopo attimo. «Ehm...» comincia, con fare incerto, quasi non sapesse cosa dire. «Okay, tu... Una volta mi hai detto... Che non eri un eroe. A volte non sembravi umano, ma ti voglio dire una cosa: tu eri l'uomo migliore... L'essere umano più umano che abbia mai incontrato, e nessuno mi convincerà che tu mi abbia mentito»

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