[Capitolo diciannove]
Jane
«Sei sicura?»
«Sì, Alan»
«Quanto sicura?»
«Quanto sono sicura di essere tua sorella»
«E quanto sei sicura di essere mia sorella?»
«Pensi di essere stato adottato, Al?»
«No, penso che tu sia stata adottata»
Rido. Adoro quando mio fratello mi fa ridere, perché è come se mi facesse credere che a qualcuno interessi ancora vedermelo fare.
«Mi manchi...» mormoro.
«Anche tu, piccola Einstein»
«Non smetterai mai di chiamarmi così, vero?»
«Tu diventi meno intelligente e ne riparliamo» risponde. «Ora potresti smetterla di cambiare discorso e dirmi come stai davvero?»
Mi fermo a pensare a cosa rispondergli senza destare la sua preoccupazione o la sua iper-protettività degna di una chioccia. «Sono sicura di stare bene» mento, alla fine.
Rimane in silenzio anche lui. «Per questa volta passi...» bofonchia, con tono abbastanza irritato. «Ci sentiamo domani?»
«Okay» dico, annuendo. «Ti chiamo io»
«D'accordo» acconsente. «Buonanotte, piccola Einstein»
Sorrido, di nuovo. «Buonanotte, pezzo di coccio»
Chiudo la chiamata e allargo il braccio, distendendolo sul letto, dove lo sono anche io con tutti i vestiti ancora addosso. «Ho fatto!»
Amy si affaccia in camera, con uno dei suoi pigiami super-lunghi e super-caldi, mentre si spazzola i denti: allunga la mano per afferrare il suo cellulare, che mi ha prestato perché io ho smarrito il mio, e ritorna in bagno.
Rimango per un po' a fissare il soffitto bianco, senza, in realtà, pensare a niente. Poi chiudo gli occhi.
"Sto bene" ho detto a mio fratello, ma so perfettamente che non mi crede. Vuole solo sapere se la scelta che ho fatto è stata quella giusta. Però, se devo essere sincera, neanche io so bene come sto. Ho solo una specie di mare in tempesta, dentro, che speravo fossi riuscita a calmare. Eppure, non mi ero accorta delle nubi grigie e minacciose che vi aleggiavano sopra, pronte ad esplodere e farmi rivivere tutto, ogni cosa, che io ho voglia solo di dimenticare.
«Ora mi spieghi dove sei andata?» mi chiede la mia amica, riemergendo nella nostra stanza dopo qualche minuto.
«Dovevo incontrare una persona» dico, evasiva, continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Chi?» continua lei, sedendosi sul letto.
«L'ho conosciuta all'università»
«Tu non vai ancora all'università»
«Mentre facevo l'iscrizione»
«Non l'avevi fatta online?»
«Vuoi smetterla di impicciarti?!» sbotto, mettendomi a sedere, forse più perché non so come risponderle che altro.
«Jane, devi essere sincera con me!»
«Io non ti faccio il quarto grado quando non so dove vai!»
«Però ci provi»
«È normale» sbuffo.
«Beh, allora lascia provare anche me»
Rimaniamo a fissarci negli occhi, per sfidarci, e ognuna tenta di battere l'altra. Però, alla fine, non resisto, e scoppio a ridere, seguita subito dalla mia amica. Restiamo a piegarci in due sul letto per le risate, che credo adesso si stiano amplificando fino a risuonare in tutta Baker Street.
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222B, Baker Street
FanfictionJane è una ventiquattrenne piena di sogni e aspettative, che si trasferisce a Londra con la sua migliore amica, pronta a iniziare una nuova, "normale" vita. Cosa accadrebbe, però, se il suo vicino di casa, un famoso detective privato, si rivelasse...