{15° Capitolo}

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[Capitolo quindici]

Jane

Vorrei potermi svegliare. Per ora, è tutto quello a cui penso, tutto quello che voglio. Vorrei avere la consapevolezza che tutto questo sia solo un incubo, e che da un momento all'altro possa svegliarmi di colpo e ritrovarmi nel mio letto, al sicuro. Ma se fosse così, me ne sarei già resa conto, e non sarei qui a combattere contro questo puro terrore, mentre cerco di trattenere le lacrime.

«Ora, muovi all'indietro prima la gamba destra, e poi la sinistra. Segui me» mi bisbiglia di nuovo quella voce.

Senza dargli ascolto, inizio a divincolarmi dalla sua stretta.

«Maledizione, Aldernis! Vuoi stare ferma?!» impreca l'uomo.

Tento di pestargli i piedi, ma lui riesce a schivare prontamente ogni mia mossa.

Un momento... Come fa a conoscere il mio cognome?!

«Siamo vicini di casa da una settimana, ho sparato in casa tua due proiettili e mi hai anche invitato a cena! È ovvio che conosco il tuo cognome!» spiega, come se fosse riuscito a leggermi nel pensiero.

Non posso credergli. Non devo. Perché dovrei fidarmi di qualcuno che mi tiene le braccia ferme e la bocca tappata?

L'uomo sospira. «Avrei dovuto prendere più precauzioni per tentare di seminarti... Tipo spegnere il GPS del cellulare...» Fa una breve pausa. «Banale, ma comunque buono come inizio da pedinatrice» Avvicina di più le sue labbra al mio orecchio. «Adesso mi credi?»

Il movimento della mia testa è appena percettibile: annuisco, lentamente. La stretta sulle braccia si indebolisce un poco, e mi consente di muovermi. Piego il braccio e lo porto leggermente avanti per darmi lo slancio e colpire il mio assalitore con il gomito. Un gemito esce dalla sua bocca, mentre si piega in due, lasciandomi andare.

Mi volto, pronta ad infliggergli il colpo di grazia, ma, invece di due occhi minacciosi di un viso coperto da un passamontagna, ne trovo un paio color ghiaccio che mi fissano increduli.

«Credevo di averti convinta!» esclama Sherlock Holmes, con fare indignato, massaggiandosi la parte colpita.

«Non mi fido delle persone che mi attaccano alle spalle» ribatto, cercando di non apparire mortificata. Devo avergli fatto male...

«Stavi facendo troppo rumore...» borbotta, raddrizzandosi. Poi inizia a guardarsi intorno e si avvicina ad una delle macchine parcheggiate, iniziando ad osservarne gli interni con cura. «Con quella tua vocetta stridula da bambina spaventata»

«Ehi! Io non ho la vocetta stridula!» replico, in tono offeso e con voce più alta, avvicinandomi a lui, con le mani sui fianchi per tentare di assumere un tono autoritario.

«Vuoi smetterla di urlare?!» ringhia, posando di nuovo lo sguardo su di me. «Sto indagando, nel caso che non te ne fossi accorta, e non vorrei essere scoperto!»

Sto per ribattere, ma un borbottio alle mie spalle mi blocca, accompagnato dal rumore di alcuni passi.

Holmes mi afferra inaspettatamente per un braccio e mi trascina dietro ad un auto. Mi costringe ad abbassarmi sulle ginocchia e poi si preme l'indice sulle labbra.

Da una piccola porta in fondo alla stanza, esce un uomo sulla quarantina, alto e imponente, con le braccia scoperte che lasciano intravedere alcuni tatuaggi. Si guarda intorno, con fare annoiato. «Bill! Qui non c'è nessuno!» urla poi.

«È impossibile, Claude! Ho sentito delle voci!»

Dalla stessa porta, esce un secondo uomo, occhi chiari e capelli scuri. Raggiunge il primo con passo veloce.

«Te lo sarai sognato...» borbotta il primo tizio, Claude.

«Ti dico che qui c'è qualcuno!» ribatte l'altro.

Claude sbuffa. «Allora controlliamo»

Iniziano a perlustrare l'autorimessa, uno da un lato e il secondo dall'altro.

«Maledizione, così ci scoprono!» impreco.

Holmes ha lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi leggermente socchiusi. «Dobbiamo muoverci lentamente e in modo silenzioso. Passiamo da una macchina all'altra fino alla porta»

«Ci vedranno comunque!»

«Hai un'idea migliore?»

Lo fulmino con lo sguardo, anche se so che ha ragione.

«Lo prendo per un no» dice infine, con tono che non ammette ragioni. «Seguimi»

Iniziamo a strisciare lentamente lungo le auto, correndo da una all'altra, furtivi come topi.

Ho il cuore in gola e la testa che mi pulsa. La paura che provavo prima è niente in confronto a questa che sento adesso.

Ad un tratto, una delle cose peggiori che potessero capitarmi accade e, per un secondo, ho l'impressione che il tempo si fermi. Inciampo nei miei stessi piedi, cadendo in ginocchio a terra: l'impatto con il pavimento è ampliato dalle pareti.

«Cosa ci fate voi due qui?!»

Mi volto: uno dei due uomini si sta avvicinando a noi con passo veloce.

«Scappa!»

Mi ci vuole un attimo o poco più per afferrare il significato di quella semplice parola. Salto in piedi e mi preparo a correre, ma vengo subito fermata da una mano che mi afferra la spalla.

«Dove credevi di andare?!» fa Claude, in tono minaccioso.

Mi ritrovo di nuovo in trappola. «Lasciami!»

'Complimenti, Jane. E secondo te, ti darà retta?'

Do una gomitata alle costole dell'uomo e mi libero dalla sua stretta. Lui si piega in due ed io gli mollo un pugno alla bocca dello stomaco e un calcio alla mascella. Mi volto per continuare a correre, quando mi si para davanti l'altro tipo, Bill.

«Non andrai tanto lontana, bellezza!»

«Oh, questo è tutto da vedere!» Piego il ginocchio fino a portarmelo al petto e distendo la gamba davanti a me, con forza. Lo colpisco al torace e, con un ulteriore calcio saltato, lo prendo sotto al mento. «E tanto per la cronaca, non sono una "bellezza"»

«Aldernis!» La voce di Holmes mi richiama.

Lo raggiungo alla porta: è abbassato sulle ginocchia e sta smanettando con un paio di attrezzi sulla serratura. «Cosa diavolo stai facendo?!»

«Hanno chiuso la porta a chiave quando cercavamo di fuggire! Devo scassinarla!» risponde lui, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro.

«Datti una mossa!» urlo, lanciando un occhiata ai due uomini gementi a terra.

«Ehi! Non sono mica un ladro!» replica, offeso.

«Ah, levati!» Lo scanso in modo brusco e apro la porta con un calcio all'altezza della serratura.

Mi lancio fuori dalla porta e inizio a correre lungo la salita. Mi volto un secondo: Holmes è ancora inginocchiato, con gli attrezzi tenuti a mezz'aria, e mi guarda a bocca aperta.

«Vuoi muoverti?»

Sembra svegliarsi dal suo stato di trance, si alza e mi raggiunge correndo.

«Ho la macchina, a qualche decina di metri da qui» gli dico, riprendendo la corsa.

«Lo so!» risponde, mentre si sfila l'impermeabile.

«Ma come hai...?»

«Non ho tempo per spiegare, Aldernis!»

Prendo dalla tasca la chiave automatica della mia auto, con la quale apro la portiera del conducente. Salgo in contemporanea con Holmes, ai due opposti. Infilo la chiave nella serratura e, quando sto per mettere in moto, la sua mano mi ferma. Mi fa abbassare lungo i due sedili anteriori e sfila la chiave. Poi copre entrambi con il suo impermeabile nero e si preme l'indice contro le labbra.

Aspetto...

222B, Baker StreetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora