"But I can't start your cold heart beating.
You're so far gone, but I'm not leaving,
when all I know is you.
I've been looking for a way to bring you back to life.
And if I could find a way, then I would bring you back tonight.
I'd make you look, I'd make you lie, I'd take the coldness from your eyes.
But you told me: «If you love me, let it die»."
-Starset, "Let it die"
[Epilogo secondo – Fine seconda parte]
Jane
Un tuono squarcia il silenzio. La pioggia ticchetta contro la finestra. L'acqua scivola lungo il vetro. Ogni goccia scandisce il lento scorrere del tempo, ma ogni secondo risulta essere sempre uguale all'altro. Fuori, a Londra, la tempesta infuria sulla città. Va avanti da ore. Magari da giorni. Non ne sono sicura. Forse perché si mescola alla mia bufera, si fonde con essa fino a divenire un solo urlo mai interrotto. Il tempo passa, ma io nemmeno lo sento. È già un mese che non lo sento. Ogni ora, ogni giorno... Ogni cosa sempre uguale, vista da questo letto. Niente di diverso, nessuna nuova sensazione. E forse non sentirò nulla del genere mai più.
«Jane?»
Spalanco gli occhi, con un moto di sorpresa che mi agita lo stomaco. Un attimo solo di improvvisa speranza che subito si affievolisce. Anche oggi ho sentito la sua voce. Mi capita spesso, ultimamente. Sento la sua voce ovunque. Nel silenzio e nella pioggia. La sento di giorno e di notte. E tutte le volte è improvvisa, una sorpresa. Mi capita addirittura di sostituire la voce degli altri con la sua. Senza pensare, senza volerlo, la ritrovo sempre con me. Ed ogni dannata volta, mi illudo che possa essere lui, che possa essere tornato per me. Sono attimi brevi di ritrovata gioia e che, come tutte le illusioni, si spengono e muoiono con la stessa improvvisa velocità con cui si presentano. Ed io, lentamente, non faccio altro che sprofondare nel buio insieme a loro.
«John sta prendendo da mangiare. Chiede se italiano va bene»
Mi stringo nelle spalle, avvolgendomi ancora di più nel lenzuolo. «Non ho molta fame, Al...»
Alan sospira, poi si stacca dallo stipite della porta su cui era appoggiato e torna a parlare al telefono. «Ha detto di non voler mangiare, ma tu prendile qualcosa lo stesso. Sì, penso che potrebbe andare bene. Sì... Okay. Grazie, John. Sei un amico»
Poi chiude la chiamata e se ne sta per qualche attimo in silenzio. Uno, due, tre, prima di sospirare. Di nuovo. Sono quasi tre settimane che è qui per aiutarmi col trasloco e sospirare è forse la cosa che si ritrova a fare più spesso. Quasi come se lui fosse addirittura più stanco di me.
«Jane?» mi chiama ancora, tornando in camera. «John ha detto che ti porta un po' di lasagna, okay?»
Non rispondo. Non accenno nemmeno ad un movimento della testa, delle spalle, delle mani... Nulla. Spero che così capisca che voglio stare sola. Che non voglio vedere né parlare con nessuno.
«Jane?» Rimane zitto, ad aspettarmi. «Ascolta...» riprende, dopo qualche secondo, sedendosi ai piedi del letto. «So che per te è un momento strano, ma... Sai che con me puoi sempre parlarne, no?»
Mi rannicchio di più su me stessa, cercando di allontanarmi da lui. Per paura che possa scoprire quanto sia effettivamente debole, oppure che non sono mai stata la ragazza forte che ammirava, o... Non lo so. Magari di deluderlo.
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222B, Baker Street
FanficJane è una ventiquattrenne piena di sogni e aspettative, che si trasferisce a Londra con la sua migliore amica, pronta a iniziare una nuova, "normale" vita. Cosa accadrebbe, però, se il suo vicino di casa, un famoso detective privato, si rivelasse...