Capitolo Sei

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Riuscireste ad immaginare come sarebbe una città fatta solo di adolescenti? Ciò che immagino io è molto caos, nessuna organizzazione, criminalità in ogni angolo, omertà e poca serietà, perché i ragazzi seri, quelli che hanno davvero la testa sulle spalle, se ne starebbero in disparte, chiusi in casa, nascosti da tutti gli altri.

È un po' quello che sta succedendo adesso nella caffetteria dove lavora Darril che di notte a quanto pare si trasforma in un fast food, pieno di ragazzi rumorosi, irrispettosi, che buttano carte a terra, rubano sedie dagli altri tavoli e ridono come se ne dipendesse la loro vita.

Non li biasimo, anzi vorrei tanto riuscire ad essere come loro, spensierati e pronti a divertirsi in ogni modo possibile, pronti a lasciare a casa ogni loro problema e vivere la propria vita. Per quanto io ci provi non riesco ad essere così spontanea, non ci sono mai riuscita a dire la verità.

Appena entriamo Tasha ci nota subito e si sbraccia per attirare la nostra attenzione. "Vi ho tenuto i posti," ci urla e noi ci fiondiamo da lei, sgomitando per riuscire a passare. Spero questo posto non sia sempre così affollato, penso all'incubo che debba essere lavorare in questo caos.

"Ce l'avete fatta," esclama Darril comparendomi alle spalle. Ha i capelli tirati all'indietro da quella che sembra una fascia. Saluta Peter con una stretta di mano particolare e rivolge un sorriso a me che non faccio in tempo a ricambiare perché la sua attenzione va ad un altro tavolo. "Vi porto da mangiare," ci urla dietro mentre va via.

"È sempre così?" Chiedo a Tasha indicando la folla con il dito. Lei scuote la testa facendo una smorfia. "Solo quando è serata di festa. Ti ci abituerai a questa vita, le persone qui hanno tutti una routine."

"In che senso?"

"Se c'è una festa ci si ritrova tutti nello stesso locale, se c'è un raduno in piazza ci si trova tutti lì allo stesso orario, se qualcuno fa qualcosa e gli viene puntato il dito contro tutti gli puntano il dito contro. La gente qui fa ciò che fanno gli altri, non è facile qualcuno si distingua dalla massa, nessuno ne ha davvero il coraggio," risponde Peter e io rimango ancora più perplessa.

Ecco perché nessuno di nuovo viene mai a vivere ad Atchison dove quasi, se non tutti, si conoscono. Undicimila abitanti non sono tanti quando la maggior parte sono giovani che cambiano città per andare al college o lavorare.

"Ecco," Darril si siede pesantemente sulla sedia libera accanto a Pete e ci mette davanti dei piatti con hamburger enormi. Se per un attimo mi ero dimenticata del mio stomaco brontolante, adesso riprende a farsi sentire e non lo posso ignorare. Afferro il panino e anche gli altri fanno lo stesso. Gli do un morso e mi perdo nel suo sapore estatico.

Nessuno parla finché non finiamo tutti di mangiare. Mi pulisco le mani dalla maionese e alzo lo sguardo su Darril di fronte a me, ancora una volta i suoi occhi mi catturano. Il taglio degli occhi stesso è molto particolare, ma quel colore, quel blu profondo...

"Come ti stai trovando in questi giorni ad Atchison Kat?" È Darril a parlare.

"Bene direi, non è così male. Per le abitudini che ho io è la città perfetta."

"Che tipo di abitudini?" Cerca di indagare lui.

Peter mi posa pesantemente un braccio sulla spalla. "Le stesse che ho io, ecco perché noi due andiamo così d'accordo," mi sorride e mi fa l'occhiolino e io rido divertita.

Tutti i ragazzi intorno a noi iniziano ad uscire dal locale e Tasha ci spinge a fare lo stesso. Ci avviamo verso l'uscita.

"Non dovremmo pagare?" Chiedo io. È la seconda volta che vengo in questo locale ed esco senza aver pagato un centesimo.

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