Capitolo Ventitré

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Si può avere un mal di testa allucinante dopo aver passato ore a studiare? Sì, e parlo per esperienza personale. Quando Trevor torna a prendermi a casa di Hamilton faccio quasi i salti di gioia.

Per carità, Ham è stato fantastico, ho capito il novanta per cento delle cose che mi ha spiegato, ma non abbiamo fatto neanche una pausa. Mi sento esausta mentalmente e fisicamente e vorrei solo andare a dormire. Ma, a quanto pare, non posso perché appena Tray entra in camera fa svanire il mio piccolo sogno in aria.

"Andiamo," dice Tray, ma non a me, al ragazzo accanto a me.

"Dove dovete andare?" Chiedo.

"Tu vieni con noi," esclama il biondo, entusiasta e io prendo a scuotere la testa. "Ehm, direi proprio di no. Io vado a casa."

"Non ti riporto a casa." Tray si avvicina a me, gira la mia sedia così da poter essere faccia a faccia e si china. "Vieni con noi stasera." Poggia le mani sui braccioli della mia sedia e io porto le mie in grembo. Il suo volto è vicinissimo al mio e arrossisco leggermente. Hamilton sa tutto ma il disagio non si cancella nonostante questa consapevolezza.

"Dove?"

"Ad una festa," Hamilton si avvicina al suo enorme armadio, dove prende una camicia. Si toglie la maglietta che ha indosso e, anche se Tray è proprio davanti a me, i miei occhi in questo momento sono tutti per l'altro ragazzo. Percorro il suo fisico asciutto dalla testa ai piedi. Il suo corpo è ben definito e senza nessuna macchia d'inchiostro. Il mio sguardo scende giù, fino a dove la pelle nuda lascia il posto ai pantaloni.

Trevor ridacchia e io distolgo lo sguardo di colpo mentre Ham prende a mettersi la camicia bianca che aveva lanciato sul letto. Porto lo sguardo su Tray, una strana luce brilla nei suoi occhi e un sorriso smagliante lo fa sembrare per una volta tranquillo, rilassato, senza tutto il peso del mondo sulle sue spalle.

"Sono esausta, sicuro che non puoi portarmi a casa?" Andarci a piedi non è un'opzione, siamo dall'altro lato della città. Lui scuote la testa. "E come avete fatto con il locale?" So già la risposta, ne abbiamo parlato prima, ma magari in un modo o nell'altro riuscirò a farmi risparmiare questa tortura visto che domani c'è anche scuola.

"Il locale è a posto e pronto per essere riempito di gente. Dai, alzati," mi porge la mano mentre si raddrizza e io ho l'unica scelta che afferrarla, ma sbuffo molto rumorosamente per far capire la mia posizione.

Usciamo di casa che è buio, però è presto per una festa. La macchina segna le otto e mezza. Non abbiamo cenato. Hamilton mi fa sedere nel posto davanti, accanto a Tray alla guida, lui siede dietro di noi.

"I tuoi genitori sono mai a casa?" chiedo ad Hamilton voltandomi per guardarlo in faccia. Il viaggio in macchina non è lungo, ma visto che non ci volevo neanche andare a questa festa, cerco di distrarmi e magari svegliarmi un po' perché sento le palpebre che stanno per chiudersi da sole.

"Mia madre lavora fuori città, torna nel fine settimana e quando riesce a liberarsi per qualche ora. Mio padre lavora tutto il pomeriggio, tornerà per le undici a casa." Non mi guarda mentre parla dei suoi genitori, fissa fuori dal finestrino. Chiaramente non è il suo argomento preferito.

Torno a sedermi composta sul sedile. Mi fisso le mani e una terza entra nella mia visuale. Tray. Alzo lo sguardo su di lui, il suo è fisso sulla strada ma le sue dita trovano le mie, si intrecciano alle mie e rimaniamo così per il resto del tragitto.

Avrei potuto trovare decine di ragazzi con cui non sarebbe stato un problema stare. Ragazzi che mi avrebbero resa felice, che si sarebbero presi cura di me. Invece no, Trevor è dovuto essere l'unico a farmi provare qualcosa, l'unico che dovrebbe essere proibito da avere e invece eccolo qui, accanto a me, tutto per me, con la sua mano nella mia.

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