CAPITOLO 4
REXANL'amore è passione, ossessione. Qualcuno senza cui non vivi.
(Anthony Hopkins)Le comande arrivano già al pavimento. Anche oggi, il ristorante è pieno. Angelo, il mio capo, mi passa accanto e mi dà una pacca sulla spalla. Un altro avrebbe sussultato, non io. A malapena mi ha sfiorato. Lo guardo torvo. Non amo essere toccato e non amo che qualcuno si accosti al mio piano, soprattutto quando sono sommerso di lavoro.
<<Xian, è tutto merito tuo. Siamo rinati da quando ci sei tu>>.
L'orologio digitale sulla cappa segna le dodici. Il ristorante è pieno. Non mi sembra il momento opportuno per decantare le mie lodi.
<<Non è vero. Andavate già alla grande>>taglio corto, sperando mi lasci impiattare una ventina di entrecôte su crema di peperoni gialli e rosmarino.
Glielo avevo detto che secondo me, l'idea del menù del giorno, non era una buona idea ma in ogni ristorante che si rispetti, c'è una gerarchia. Angelo è il direttore di sala, il vero capo del ristorante. È lui ad occuparsi della scelta del personale e della situazione economia della sua impresa. Il suo lavoro non ha niente a che vedere con la scelta dei piatti e delle materie prime. Ad occuparsene è l'Executive Chef, Stefano.
Io, invece, da un anno a questa parte, lavoro come Chef de Partie, o meglio, come Chef de Rotisseur. L'esperienza in carcere mi è servita davvero. Qui, al Bistrot Gloire, come Gloria, il nome della moglie di Angelo, sono chef dei secondi piatti a base di carne e come dicevo, ho un rapporto complicato con i menù del giorno.
I commensali arrivano, si siedono, ordinano tutti lo stesso identico piatto e l'indomani ritornano ma quel piatto non è più sulla carta. Per fortuna non tocca a me spiegare. È Angelo che accoglie i clienti e fa il giro dei tavoli.
In tutta sincerità, mi rompo il cazzo di fare la stessa roba, a ripetizione. Il ristorante non ha niente a che vedere con il lavoro di fabbrica. È più stimolante, per me, realizzare piatti diversi ogni giorno. Mi dà la giusta carica di autostima. Il locale però è suo, le decisioni sono sue ed è giusto così. Esprimo la mia opinione senza fare polemiche. Dal primo giorno che ho messo piede qui dentro, mi ha sempre trattato con infinito rispetto. Per lui sono Xian e non Rexan il mafioso e lo stupratore. Mi sta bene persino che usi quel nomignolo su di me. All'inizio lo odiavo, poi mi sono abituato. Qui mi chiamano tutti Xian.
Angelo, non potrei definirlo come un padre perché è solo un paio d'anni piu' grande di me ma è quanto di piu' vicino a un genitore, io possa avere. Quanto di piu' vicino a un genitore, io abbia mai avuto.
<<Ah sì? Stavamo per chiudere e io stavo per divorziare. Quindi, mi hai salvato il portafoglio e il matrimonio>>.
Oh, cazzo. Sono l'ultimo che può dispensare consigli d'amore. Posso solo essere dispiaciuto per la crisi che lui e la moglie hanno attraversato. Ma in fin dei conti, non me ne frega più di tanto, soprattutto adesso che le comande arrivano a toccarmi gli scarponi bianchi.
<<Meglio così>>.
Angelo ci prova ogni tanto ad intavolare un discorso con me. Forse, mi lancia anche degli input sperando che io abbocchi e gli racconti qualcosa di Rexan, ma non ce la faccio. La colpa non è sua, è solo mia e del mio carattere di merda. Sono troppo introverso. Non dipende dalla fiducia. Di lui mi fido, altrimenti non sarei qui.
Chiunque, mi avrebbe guardato torvo o incazzato quando sono arrivato qui, pensando al galeotto che avrebbe solo portato problemi. Non Angelo, lui non ha mai fatto battute sul mio passato da carcerato. Eppure, ho l'impressione che sappia. La comunità deve averlo informato prima di assumermi, dei reati che avevo commesso.