Capitolo 15

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Era di nuovo fertile.

Il tavolo riapparve in mezzo al pavimento e lei si sentì rassegnata alla vista. Cominciava a sembrarle inevitabile.

Si rese conto che si stava abituando alla sua gabbia.

Malfoy stava per stuprarla su un tavolo e il pensiero era diventato un dato di fatto per lei. Persino la parola stupro aveva cominciato a sembrarle debolmente imprecisa.

Tutto era...

Meno.

Fisicamente e mentalmente il terrore cominciava a svanire mentre la mente la costringeva ad adattarsi. Non aveva la nausea. Il cuore non batteva furiosamente. La sensazione di strappo nello stomaco non era così opprimente da farle pensare che potesse soffocare.

La sua mente si modificava alla realizzazione. Cercando di farla adattare. Di farla sopravvivere.

Se la sua situazione avesse smesso di irritarla, sarebbe stata meno propensa a rischiare un tentativo di fuga. Meno propensa a provocare Malfoy.

Poteva capirlo, scientificamente. Dalla prospettiva di una Guaritrice, poteva spiegarne la fisiologia e la psicologia. Era insostenibile rimanere in uno stato di paura costante, orrore costante, terrore costante. Il suo corpo non poteva mantenerla in uno stato permanente di lotta o fuga. Sarebbe stata costretta ad adattarsi o sarebbe impazzita. La pozione con cui Malfoy l'aveva drogata aveva probabilmente contribuito ad attenuarla.

Comprendere la scienza non migliorò la realizzazione. Era la resa peggiore. Sapeva dove la sua mente era diretta.

Si stava 'acclimatando al Manor'.

Il pensiero la scosse nel profondo.

Fissò il tavolo, non sapendo cosa fare. Non che potesse combatterlo. Non poteva resistere più di quanto stesse già facendo.

Non stava facendo nulla che facesse male. Se avesse prestato attenzione, smettendo di distogliere la mente, probabilmente avrebbe peggiorato la situazione invece di migliorarla.

Doveva fuggire. Non poteva fare altro. Doveva fuggire. Doveva trovare un modo. Non esistevano gabbie perfette. Nessuno era perfetto. Doveva esserci qualcosa in Malfoy da sfruttare. Doveva solo scoprire cosa fosse.

Doveva farlo. Doveva.

Continuò a ripetere a sé stessa quella risoluzione mentre attraversava la stanza e si chinava sul tavolo. Piedi larghi.

Non pensarci, si disse. Sarebbero potute succedere cose peggiori se si fosse permessa di pensarci.

"Scapperò." promise a sé stessa. "Andrò da qualche parte dove le persone saranno gentili e calde e io sarò libera."

Strinse gli occhi e ripeté la promessa a sé stessa ancora e ancora finché non sentì la porta scattare.

Rimase a guardare le giornate di gennaio scivolare via.

Lui venne per cinque giorni. Il sesto giorno arrivò e, senza parlare, controllò i suoi ricordi. Sembrava preoccupato.

Poi, venne lasciata a se stessa.

Piegò origami. Esplorò il Manor. Esplorò la tenuta. Lesse il giornale.

I resoconti sugli sforzi bellici venivano relegati nelle colonne minori. Il fascino pubblico per le surrogate stava lentamente iniziando a inghiottire le pagine della società. Apparivano sempre più frequentemente in pubblico; trotterellavano, venivano portate all'opera, trattate come se fossero animali domestici esotici. Le foto delle loro divise venivano pubblicate insieme ai pettegolezzi; era il gonfiore o semplicemente la vestibilità dei loro abiti? Fonti senza nome dicevano cose suggestive come "c'è la possibilità che i Flint aggiungano un nome all'arazzo di famiglia entro la fine dell'anno'.

Manacled | TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora