Boa torna e mi ritrova così, bagnato fradicio, ma lei non è messa meglio. La pioggia non si arresta e i cavalli non li ha trovati. Si inginocchia di fronte a me e cerca di non strizzare troppo l'occhio sotto l'acqua che scroscia. Credo ci siano poche cose odiose e al contempo soddisfacenti come una pioggia dirompente sulla testa e sui vestiti zuppi, che si appiccicano al corpo.
«Stai bene? Ti aiuto ad alzarti, cerchiamo un riparo».
«E dove? Sono tutti alberi, è pericoloso fermarci sotto» le rispondo. «Grazie».
«Grazie per cosa?» mi domanda stupita, perché il mio tono è stato veramente pieno di gratitudine.
Grazie per la tua gentilezza, per il modo in cui mi sorridi e pensi che io non sia un mostro. Ho ancora persone che mi vogliono bene, che mi guardano come se fossi prezioso nonostante tutto, e non solo perché sono l'unico che ha il potere del titano d'attacco e la Coordinata. Grazie perché ho degli amici che mi aiuteranno a non... perdere.
«Il mio braccio è quasi del tutto rigenerato» replico con un sorriso gentile, mostrandole la mia mano a cui ormai mancano solo le falangine del medio e dell'indice. Lei fa un'espressione per un attimo corrucciata, sorprendendomi.
«Che ti prende?» le domando.
«Niente... è che non è bello vederti così, con pezzi del corpo mancanti».
«Ah... Be' capita. Meglio io che gli altri».
«Sei davvero uno che ama tormentarsi, eh...»
Restiamo in silenzio a guardarci, come se non lo avessimo mai fatto e questo fosse in assoluto la prima volta che ci studiamo. Boa cede, mi dice finalmente perché è così preoccupata ultimamente.
«La verità, Eren, è che anche se è passato del tempo da quando fummo mandati dal comandante Zoe nei territori interni, a Stohess, da quando abbiamo avuto la certezza che quei titani erano persone come noi, non faccio che ripensare a quell'uomo».
George Hueser. L'uomo che si è ucciso dopo che ho ucciso il titano che un tempo era sua moglie.
«Boa, il mondo è questo. Ti piace lo stesso così com'è? Vuoi salvarlo? Vuoi che faccia qualcosa? Lo farei».
Non sono mai stato così serio. Questa pioggia è un'epifania e sta scavando il destino come l'acqua scava nella roccia.
Lei sembra pensarci su, poi fa più volte cenno col capo.
«Sì, Eren, in fondo questo mondo mi piace. Perché ci sono le persone a cui voglio bene, e ci sei anche tu».
Le sorrido confortato. Penso esattamente la stessa cosa.
«Dammi la tua mano».
Mi guarda confusa ma obbedisce.
Poggio il palmo della mia mano contro quello di Boa, più piccolo del mio. La differenza tra le nostre mani è veramente evidente, sia per grandezza che colore dell'incarnato. Mi concentro, faccio uno sforzo per convogliare le mie energie nella rigenerazione. Sotto lo sguardo di Boa, le mie dita emanano più vapore e si rigenerano, riformando le unghie e i polpastrelli, fino a che il vapore si dissipa.
Le sorrido ancora, confortato.
«Hai visto? Ora va tutto bene».
Va tutto bene. Non perderò. Questa pioggia... ogni goccia che mi cade negli occhi è un frammento di ricordo. Attraverso ognuna di essa vedo, per un istante, il riflesso di un altro mondo distorto, poi svanisce. Non perderò, non perderò contro questa pioggia.