Certe cose poi succedono

110 11 3
                                    


La serata era molto piacevole. Buona musica e soprattutto buon cibo e buon vino. Eravamo tutti allegri e spensierati.

All'improvviso, non so perché, fu come se mi mancasse l'aria. "Io esco un attimo," dissi spostando la sedia. Presi la borsa per poi corsi fuori all'aperto.

Avevo bisogno di aria fresca e soprattutto di stare lontano da LUI.

Sapevo esattamente dove dovevo andare. La mia solita panchina, compagna di tante riflessioni mi stava aspettando.

E fu li che Ignazio mi raggiunse. "Ti spezzerà il cuore lo sai, vero?" mi sussurrò accovacciandosi davanti a me e posando le sue grandi mani sulle mie ginocchia.

Mi guardava dritto dritto negli occhi. Per me non era mai stato facile sostenere il suo sguardo e anche quella volta fu cosi. "Mi racconti cosa sta succedendo?"

-E da dove parto-pensavo tra me e l'unica soluzione era partire dall'inizio, raccontargli tutta la verità.

Decisi che avrei raccontato ad Ignazio tutto quello che era successo, dal mio primo giorno a Bologna fino a quella sera.

E lui stette lì, in silenzio ad ascoltarmi, ad asciugare le mie lacrime, a condividere i miei sorrisi come se fossimo due amici che non si vedono da tempo.

La notte era scesa da tempo ormai, ma noi eravamo ancora lì seduti fianco a fianco. A parlare, a rovesciarci addosso dolori, pensieri, sogni e speranze.

"Devi trovare la forza di troncare questa relazione. Ti ha portato, ti sta portando e ti porterà solo tanto dolore," disse Ignazio con la voce un po' roca.

"Non ce la faccio. Sai quante volte ci ho provato? Ma lui torna sempre da me ed io non riesco a dirgli di no."

"Devi riuscirci, Marta. Adesso ci sono io con te e vedrai che la prossima volta saprai essere forte," mi strinse la mano.

"Ma come hai fatto a capirlo," gli chiesi, stupita che mi avesse capito come nessuno era mai riuscito a fare.

"Ogni uomo vorrebbe essere guardato come tu guardi lui," mi disse, ed in quel momento mi regalò uno dei suoi sorrisi piccoli e dolci.

Non era facile chiudere una storia del genere. Enrico mi aveva rapito completamente testa e cuore. Ci avevo provato tante volte. Sapevo che lo dovevo a me stessa e alla vita che mi stavo costruendo.

Avevamo passato insieme più di 3 anni, avevo tentato di chiudere quella storia diverse volte ma alla fine avevo sempre ceduto...ed era andata avanti... ma poi un giorno, poco dopo lo sfogo con Ignazio, qualcuno decise per noi.

"Ti devo parlare" mi disse lui in una delle sue rapide telefonate.

Feci un gran sospiro e annuii anche se lui non poteva vedermi e chiusi quella chiamata sapendo che ormai era arrivato il momento intuendone anche il motivo. Era come se ce l'avessi davanti e leggessi il timore nei suoi occhi. Nella sua voce percepivo la sua sola e più grande paura.

Ero in camera mia, in accademia, quella camera che per tante volte era stata testimone del nostro amore e che purtroppo avrebbe raccolto anche le lacrime della fine.

Dopo pochi minuti sentii bussare. Mi avviai alla porta lentamente.

Appena me lo trovai avanti, mi strinse fra le sue braccia e la porta appoggiandovisi contro.

Mi era bastato guardarlo in faccia per capire che i miei timori erano fondati. Ero sempre riuscita a leggere tutto sul suo viso e quella volta non fece eccezione.

"È incinta," disse con il groppo in gola.

Il momento che avevo sempre temuto era arrivato.

Dovevo dirgli addio...ma come?

E invece le parole arrivarono da sole, stupendomi.

"Sarai un padre bravissimo Enrico, ne sono certa," riuscii a sorridergli allontanandomi da lui.

Avevo bisogno di mettere un po' di spazio tra noi. Era come se stessi già cercando di farlo uscire dalla mia vita.

"Non sono pronto," scosse il capo sospirando. "Non sono pronto ad avere un figlio con lei!" alzò la voce quasi con rabbia. Mi guardò negli occhi e scorsi un velo di lacrime. "E non sono pronto a perdere te. Perché lo so che ti perderò," sorrise amaramente avvicinandosi a me, ma io indietreggiai.

Sapevo che se gli avessi permesso di toccarmi avrei ceduto e sarei rimasta con lui.

"Non posso mettermi tra un padre e la sua famiglia. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo."

 "Abbracciami forte." Mi pregò. "Ho bisogno di te Marta... adesso più che mai." Si fermò ad un passo da me con il dolore negli occhi. "Non farmi andare via," mi implorò, ma sapevamo entrambi benissimo che quella era la fine e che non avremmo più condiviso ore d'amore in quella stanza.

Scossi la testa e gli voltai le spalle, guardando fuori dalla finestra. Dopo pochi secondi sentii la porta chiudersi. Chiusi gli occhi e una lacrime mi solcò la guancia. 

Se ne era andato, e insieme a lui il mio cuore. Presi il telefono e chiamai l'unica persona che sapevo mi avrebbe aiutata.

"Ciao fanciulla," mi salutò con voce allegra, ma non fui in grado di dire niente. Silenzio, solo silenzio e lacrime. "Marta? Che succede?" chiese chiaramente preoccupato.

"Aspetta un figlio Ignà." sospirai pesantemente cercando di fermare inutilmente il pianto. "Aspetta un figlio da lei ed io l'ho lasciato andare."

"Sono già in macchina... sto arrivando."

Passò con me tre giorni, senza mai mettere un piede fuori dalla porta della mia camera. Mi stava vicino come mai nessun altro aveva fatto. Sara e Marco ogni tanto passavano, ma lui rimase sempre lì. Con me.

"Facciamo due passi?" mi propose.

"Non mi va Igna'... non sono pronta per il mondo."

"Ma il mondo è pronto per te," mi sorrise dolcemente. "Devi ricominciare."


E aveva ragione...accidenti se aveva ragione... Nonostante la paura, nonostante tutto, dovevo riprendere in mano la mia vita. Non potevo continuare a farmi schiacciare dal dolore. Dovevo ricominciare e lo dovevo prima di tutto a me stessa.

Decisi in quel momento che l'avrei fatto. Ma con i miei tempi. Piano piano. Rispettandomi e imparando di nuovo a volermi bene e soprattutto a vivere da sola

"Vai a casa Ignà... ci vediamo domani in studio," sussurrai.

"Ce la fai?" mi prese la mano.

"Ce la devo fare," mi alzai aggrappandomi a lui. Avevo paura a lasciarlo andare, ma dovevo farlo. Aveva fatto già troppo e non volevo approfittare dell'unica persona che c'era sempre stata.

Ci stringemmo in un abbraccio che diceva più di mille parole. Un abbraccio che aveva il sapore di una promessa. Una promessa che mi diceva "ci sono, sono con te" ed io lo sapevo, sapevo che lui da quel momento non mi avrebbe più lasciato.

Il lunedì mattina successivo trovai Piero e Gianluca che mi aspettavano alla mia scrivania con un grande mazzo di fiori.

Anche loro c'erano sono sempre stati, anche quando non erano lì con me fisicamente. Con tanti piccoli e impercettibili gesti e attenzioni. Ed anche adesso si confermavano i soliti ragazzi di sempre, mi facevano capire che potevo contare su di loro, su tutti loro.

Le giornate in ufficio erano sempre più lunghe e di tornare in accademia oggi non ne avevo alcuna voglia, così presi borsa e cappotto e mi concessi una bella camminata in piazza Maggiore.

La vita stava ricominciando o almeno speravo di essermi lasciato il peggio alle spalle.

Ed eccoci arrivati ad oggi.

"Dimmi Francesco" rispondo al telefono.

"Marta, Nicola ti cerca. Dove sei?"

"Sono in centro. Prendo la macchina e arrivo," risposi avviandomi di buon passo verso il parcheggio.

Francesco, mio fratello, era quello che mi rimaneva della mia strana famiglia e Nicola era la nostra ragione di vita

Grande cambiamento nella vita di Marta. Cosa succederà adesso?
Vi aspetto nei commenti.

Mille giorni di te e di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora