22. Sofia

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Tornai in camera mia e mi accostai con la schiena alla porta, il cuore che pulsava forte nel petto. Alzai il capo, ma le lacrime, ormai inevitabili, iniziarono a scorrere lungo le guance. Le parole che mi aveva detto erano state come un colpo al cuore, e non riuscivo a credere che potesse dirmi una cosa del genere, specialmente dopo quella notte che avrei voluto fosse diversa.

Con un respiro profondo, mi avvicinai al letto e mi gettai sotto le coperte, cercando di rifugiarmi nel tepore delle lenzuola. Ma il calore fisico non bastava a scaldare il gelo che provavo dentro di me. Il buio della stanza sembrava accentuare il tormento nella mia mente, mentre giravo e rigiravo nel letto, incapace di trovare pace. Il sonno mi sfuggiva, mentre le sue parole continuavano a rimbombare nella mia testa, rendendo ogni tentativo di dormire sempre più difficile.

La mattina seguente.

Aprii lentamente gli occhi, la luce del sole che filtrava dalle persiane, che avevo dimenticato di chiudere bene la sera prima, mi svegliava bruscamente. Mi alzai, irritata per la luce che mi infastidiva e andai in bagno per rinfrescarmi. Quando guardai il mio riflesso nello specchio, rimasi scioccata: gli occhi erano gonfi e rossi per le lacrime, i capelli scompigliati, le occhiaie violacee sotto gli occhi e le labbra arrossate e gonfie. Ero visibilmente trasandata. Aprii il rubinetto e, non appena l'acqua fredda toccò il mio viso caldo, provai un brivido che mi scosse. Mi asciugai il viso con l'asciugamano, sperando che il gesto mi svegliasse completamente.

Dopo essermi sistemata il pigiama, scesi in cucina. Notai subito che la stanza era decorata con festoni e palloncini. Mi fermai perplessa, poi notai un cartello che diceva "Buon Compleanno Gabriel" con il numero 22. Realizzai che era il suo compleanno.

"Buongiorno, Sofia," disse Marlene, mentre preparava la colazione preferita di suo figlio. Mi porse un vassoio e mi chiese con un sorriso: "Puoi portarglielo tu?" Presi il vassoio e salii lentamente le scale. Entrai nella sua camera e posai la colazione sul comò. Stavo per andarmene quando sentii la sua voce assonnata chiamarmi.

"Sofia? Vieni qui."
Mi avvicinai al letto e mi sedetti sul bordo.
"Buon compleanno," dissi, avvicinandomi per dargli un bacio sulla guancia, ma lui si girò e finii per baciarlo sulle labbra. Mi staccai, sorridendo per l'assurdità della situazione.
"Sei uno stronzo," dissi ridendo, incredula.
"Mai negato di esserlo," rispose con un sorriso malizioso, afferrandomi per i fianchi e facendomi sdraiare sul letto. Si mise sopra di me e iniziò a baciarmi il collo, il suo tocco caldo e insistente contrastava con il freddo del mattino.

"Gabriel, ti prego. Non deve più succedere," dissi con tono serio, cercando di farmi ascoltare. Non avevo dimenticato quello che mi aveva detto.
"Facciamolo per l'ultima volta, ti prego," rispose lui, mentre il suo tocco mi faceva perdere il respiro.
"Non so se sia il caso, c'è tua madre di sotto," dissi, ansimando tra un bacio e l'altro.
"Quando capirai che non me ne frega niente di chi c'è in casa?" replicò, passando la sua lingua calda lungo il mio collo, accentuando la sua determinazione e il mio conflitto interiore.

"Oh, Gabriel," sussurrai, afferrando delicatamente i suoi capelli tra le dita.
Si posizionò sopra di me, continuando a scendere con i suoi baci lungo il mio corpo, facendomi rabbrividire. Sentii il suo tocco sempre più insistente, e per un istante mi trovai a pensare che forse, un'ultima volta, avrei potuto lasciarmi andare. La verità era che mi mancava la sua vicinanza, quel legame fisico che avevamo condiviso.
Nonostante tutto, il desiderio di sentirlo dentro di me era ancora forte.
"Mhhh," mugolai suoni confusi, mentre mi sfiorava con il suo tocco.
Sollevò lentamente il mio top, scoprendomi la pelle, e iniziò a toccarmi con passione, catturato dal desiderio. Sentii un brivido attraversarmi quando le sue labbra scivolarono lungo il mio corpo, facendomi trattenere il respiro. Ogni gesto era carico di tensione, e nonostante cercassi di mantenere il controllo, il mio corpo rispondeva istintivamente a ogni suo movimento.
Le sue mani continuarono a scorrere sul mio ventre, mentre lentamente mi aiutava a sfilare i pantaloncini. Mi sollevai leggermente per agevolarlo, avvolta in un mix di emozioni e sensazioni che mi facevano dimenticare tutto il resto. Ero completamente nuda davanti a lui, ancora una volta, e il mio viso non smetteva di diventare rosso. Posò le sue labbra sul mio inguine, poi lasciò scivolare delicatamente la sua lingua sul mio punto più sensibile. Iniziò a fare dei movimenti circolari con la punta della lingua, intorno al mio clitoride  facendomi sussultare dal piacere.
"Oddio Gabriel," gemetti il suo nome, sentendo le sue labbra che si muovevano sulla mia intimità e facendomi tremare le gambe.
"Sei così bagnata," disse prendendo fiato.
"Sei tu che mi fai bagnare così," risposi ansimando.

Iniziò a succhiare con intensità, e io inarcai la schiena, posai la mano tra i suoi capelli spingendo il suo capo contro di me, continuando a gemere senza ritegno. Il suo modo di toccarmi mi faceva sentire come se stessi vedendo le stelle. Tornai sul materasso stringendo tra le mani le lenzuola.
Spalancai gli occhi appena sentii la sua lingua all'interno di me.
Continuava a muoverla su e giù. Presi la coperta e la misi in bocca, mugolando su di essa per non farmi sentire.
Vidi la sua lingua scivolare dall'inguine fino al mio seno e ricominciò a succhiare il mio capezzolo facendomi gemere
ancora di più.
"Gabriel ti prego," lo supplicai, mentre sentivo che il desiderio stava per travolgermi completamente. Sorrise e inserì la sua lingua nella mia bocca.
Avvolsi le braccia intorno alla sua schiena, e lui finalmente si entrò dentro di me.
Continuai a baciarlo, mentre aumentava il ritmo, facendomi sentire ogni movimento con intensità.
"Oh mio Dio, così," dissi, portando il capo indietro, mentre graffiavo la sua schiena.
Mi diede delle spinte, per poi rimanere fermo per pochi secondi e continuare subito dopo.
"Oh sì, così, non fermarti!" dissi senza pudore.
"Oh piccola, sto per venire," disse gemendo contro il mio collo.
"Vienimi dentro," ansimai
velocemente.
"S-sei sicura?" disse quasi preoccupato.
"P-prendo la pillola" dissi. Con quella frase, spinse ancora di più, e sentii finalmente il suo liquido. Esausto, si
mise accanto a me.
"Era il mio regalo?" domandò ridendo.
"Potrebbe essere. Ti è piaciuto?" dissi, alzando il capo di poco dal suo petto per baciarlo e togliergli dei ciuffi di capelli dalla fronte sudata.
"Tantissimo." Mi lasciò un bacio sulla fronte.
"Adesso però devo scendere giù o tua madre potrebbe venirmi a cercare."

"Va bene." Lo baciai per l'ultima volta e, dopo essermi rivestita, tornai in camera mia. Per la prima volta lo avevo visto sorridere. Tutti i complessi che avevo svanirono appena lo vidi come godeva per me.
Quel ragazzo mi faceva impazzire, mi faceva provare sentimenti contrastanti, mi rendeva debole.
Avevo detto che non doveva più succedere, ma a quanto pare, quando mi baciava il collo, il mio cervello si spegneva e mi lasciavo andare. Forse era di questo che avevo bisogno: spegnere la mente, senza pensare alle cose negative, alle cose che mi facevano male. Dovevo solo lasciarmi andare e lasciare spazio al piacere.
Solo di quello avevo bisogno.

Quando lasciai la stanza e scesi le scale, il mio cuore sembrava un po' più leggero, ma non riuscivo a scacciare la confusione che mi attanagliava. Quello che avevo condiviso con Gabriel era stato intenso, ma rimanevo incerta sul significato reale di quel momento. Mi chiedevo se fosse solo una fuga dalle mie insicurezze o se ci fosse qualcosa di più profondo tra noi.

Mentre camminavo lungo il corridoio e scendevo verso la cucina, cercavo di mettere da parte il tumulto interiore. Il profumo della colazione e l'energia vivace di Marlene sembravano così distanti. Sorrisi debolmente mentre ricevevo gli auguri di compleanno per Gabriel, ma dentro di me ero in subbuglio.

Pensavo a cosa potesse significare veramente quel momento con Gabriel. Era solo un'eccezione, un momento di debolezza, o c'era qualcosa di più che mi legava a lui? Mi chiedevo se stavo semplicemente cercando di adattarmi a una situazione che non mi faceva stare bene, o se c'era una parte di me che desiderava davvero quel tipo di connessione.

Per ora, l'unica cosa che potevo fare era affrontare la giornata con il sorriso e sperare che il tempo mi portasse delle risposte. Avrei dovuto distrarmi e cercare di capire se e come quel momento avrebbe influito su di me e sulla mia vita.

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