52.Sofia

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La mattina seguente mi svegliai lentamente, disturbata dai raggi di sole che filtravano dalle grandi finestre della stanza. L'aria era fresca, e il cinguettio lontano degli uccelli creava un'atmosfera quasi irreale.
Voltai la testa e lo vidi: Gabriel dormiva ancora profondamente, i suoi lineamenti rilassati, quasi angelici.
Accidenti, era davvero magnifico.
Aveva quella leggera ombra di barba che gli donava un'aria irresistibile, come se non gli bastasse già l'essere perfetto. Le sue labbra, carnose e di un rosa naturale, sembravano invocare un bacio, o magari un morso, tanto erano invitanti. E quel piccolo neo sul suo viso... ogni volta che lo vedevo, mi faceva impazzire. Era un dettaglio così insignificante, eppure per me era diventato una sorta di ossessione.

Mi mossi piano, cercando di non fare rumore. Ogni movimento era calcolato, il respiro trattenuto. Non volevo svegliarlo, non ancora. Lui era così tranquillo, e in quel momento sembrava lontano anni luce dalle preoccupazioni e dai litigi quotidiani.
Sollevai lentamente le lenzuola, scostandomi dal letto con delicatezza. Mentre mi alzavo, mi fermai un attimo a contemplarlo ancora una volta, lasciando che lo sguardo seguisse i contorni del suo viso. Avrei voluto rimanere lì, a fissarlo per ore, ma dovevo tornare in camera mia prima che Marlene si svegliasse e iniziasse a fare domande.
Attraversai il corridoio in punta di piedi, il pavimento freddo sotto i miei piedi nudi. Una volta nella mia stanza, mi lasciai cadere sul letto, ancora un po' intontita dal sonno. E poi, come un fulmine a ciel sereno, il pensiero mi colpi: erano ormai settimane che ricevevo quei messaggi inquietanti da un numero sconosciuto. Ogni volta che li leggevo, cercavo di farmi forza, convincendomi che fosse solo uno scherzo di cattivo gusto, ma qualcosa dentro di me sapeva che non era così Fino a quella mattina, avevo cercato di ignorare la paura che mi attanagliava, ma il nuovo messaggio che lessi mi fece venire i brividi.
"Non ti libererai facilmente di me.
Vedremo se, quando sarai sotto di me, avrai ancora il coraggio di insultarmi."
Il sangue mi si gelò nelle vene. Le mani iniziarono a tremare mentre stringevo il telefono. Era Danny.

Quel bastardo era tornato. Il suo nome rimbombava nella mia testa, risvegliando ricordi che avevo cercato con tutte le mie forze di seppellire.
Non poteva essere vero, mi ripetevo.
Non sarebbe mai arrivato a tanto, giusto? Voleva solo spaventarmi. Era quello il suo obiettivo... terrorizzarmi.
Con le mani ancora tremanti, bloccai il numero e mi sforzai di ignorare l'angoscia crescente. Dovevo mantenere la calma, non potevo permettere che Gabriel o Marlene si accorgessero di qualcosa. Con quel pensiero martellante in testa, scesi in salotto, sperando che la routine quotidiana mi distraesse.
Ad aspettarmi, però, c'era solo la nonna, seduta comodamente sulla poltrona, con lo sguardo dolce e un lieve sorriso sulle labbra. Mi avvicinai a lei, cercando di ricompormi.
"Buongiorno," le dissi, chinandomi per darle un bacio leggero sulla guancia.
Il suo profumo di lavanda e sapone mi avvolse, e per un attimo mi sentii più tranquilla, come se solo la sua presenza potesse allontanare i miei timori.
"Buongiorno, tesoro. Siediti, vorrei parlare un po' con te," mi rispose con dolcezza, facendomi un cenno per farmi accomodare accanto a lei. Le sue mani, rugose ma calde, si posarono sulle mie, stringendole delicatamente.
"Cosa succede?" chiesi, cercando di non far trapelare la mia preoccupazione.
"So cosa c'è tra te e Gabriel" iniziò lei, il suo sguardo carico di comprensione. "E so anche che Marlene non è molto d'accordo. Ma non preoccuparti, non dirò nulla. Non sono nessuno per togliere la felicità a mio nipote."
Il cuore mi batté forte. Non avevo idea che la nonna di Gabriel sapesse tutto, e soprattutto che fosse dalla nostra parte.
"Lo vedo," continuò, accarezzandomi il viso con una tenerezza che mi fece sciogliere. "È triste ogni volta che ti guarda da lontano, per colpa di sua madre. Ma voi due... voi vi amate. E grazie a te, lui è felice."
Le sue parole mi toccarono profondamente, tanto che non riuscii a trattenere le lacrime. "Con tutta l'anima lo amo," sussurrai, la voce spezzata dall'emozione. Parlare del mio amore per Gabriel mi commuoveva sempre, perché sapevo quanto fosse autentico e profondo. In quel momento, però, non ebbi il tempo di dire altro. Sentii delle braccia avvolgermi da dietro, e riconobbi subito il profumo inconfondibile di Gabriel.
"Anche io ti amo immensamente,"sussurrò, baciandomi dolcemente la guancia. Le sue parole mi fecero sentire protetta, come se nulla potesse mai farci del male.
"Siete proprio belli insieme," commentò la nonna, sorridendo. "Non capisco perché Marlene sia così
contraria."Gabriel mi baciò dolcemente sulle labbra, poi si girò verso di lei. "Ti vogliamo bene, nonna," le disse, dandole un bacio affettuoso sulla guancia.
"Va bene, basta con tutto questo zucchero, o mi verrà il diabete!" scherzò la nonna, alzandosi dalla poltrona. "Vi preparo la colazione."
Mentre la guardavo andare via, il pensiero del messaggio di Danny tornò a tormentarmi. Non riuscivo a togliermi di testa quelle parole minacciose, ma non potevo parlarne a
Gabriel. Non volevo coinvolgerlo in qualcosa di così pericoloso, né metterlo in una situazione in cui avrebbe rischiato la vita. Non potevo permettere che accadesse.

"Tutto bene?" chiese Gabriel, sedendosi accanto a me e accarezzandomi la mano. "Hai uno sguardo pensieroso... a cosa stai pensando?"
Il suo tono era dolce, ma percepii una nota di preoccupazione nella sua voce. Non potevo mentirgli, ma neppure dirgli la verità. "Niente di importante," risposi, forzando un sorriso. "Davvero, tranquillo."

Gabriel mi osservò per un lungo istante, cercando di cogliere qualcosa di nascosto dietro al mio sorriso forzato. Le sue dita si intrecciarono con le mie, e il suo tocco mi trasmise un calore rassicurante. Sapevo che non gli sarebbe sfuggito il mio nervosismo, ma in quel momento non avevo la forza di affrontare la verità
con lui.
. Mi limitai a stringergli la mano,
sperando che la mia finzione fosse convincente.
"Sei sicura?" chiese con voce bassa, avvicinando il viso al mio. I suoi occhi erano pieni di premura, quasi protettivi.
Annuii rapidamente, abbassando lo sguardo. "Sì, sono solo stanca. Ho dormito poco."

Gabriel sembrò accettare la mia risposta, anche se con una nota di esitazione. Non insistette, ma il suo sguardo mi seguiva con quella stessa curiosità mista a preoccupazione. Mi sollevai dal divano, cercando di cambiare discorso e distrarmi. "Vado a vestirmi, pensavo di fare una passeggiata sulla spiaggia."
Lui sorrise, sollevato dall'idea. "Ti accompagno."
Salita in camera, indossai un costume bordeaux a due pezzi, semplice ma elegante, che metteva in risalto la mia carnagione leggermente dorata.
Sopra, infilai un paio di pantaloncini di jeans, lasciando che l'aria calda della mattina mi accarezzasse la pelle. Fa davvero caldo oggi, pensai, mentre mi sistemavo i capelli in una coda bassa.

Presi la borsa da spiaggia e, scendendo in salotto, trovai Gabriel ad aspettarmi. Non appena mi vide, i suoi occhi brillarono di un desiderio malcelato, e si avvicinò subito a me, piegandosi per sussurrarmi all'orecchio: "Sei stupenda."
Quelle parole, pronunciate con quel tono così profondo e deciso, mi fecero venire i brividi lungo la schiena.
Sentil le guance accendersi di rosso, e mi allontanai leggermente, cercando di nascondere l'imbarazzo.
"Smettila," borbottai, scuotendo la testa, "mi fai diventare rossa."
Gabriel sorrise, quel sorriso malizioso che conoscevo fin troppo bene. "A me fai impazzire quando lo diventi," rispose, divertito dalla mia reazione. Il suo sguardo era così intenso, così carico di passione, che sentii il mio cuore accelerare in petto.
Schiarii la voce, cercando di riprendere il controllo. "Dai, andiamo," dissi, cercando di nascondere l'effetto che le sue parole avevano su di me.
Uscimmo di casa mano nella mano, e Gabriel montò l'ombrellone mentre io mi liberavo dei pantaloncini e mi dirigevo verso il mare. L'acqua era calma, il sole splendeva alto nel cielo e la spiaggia era quasi deserta. Ci immergemmo nell'acqua fresca, e subito sentii le sue braccia attorno ai miei fianchi, la sua presa sicura e possessiva. Mi attirò a sé, lasciando che i nostri corpi si sfiorassero sotto l'acqua cristallina. Iniziò a baciarmi il collo, e il calore della sua pelle contro la mia mi fece trattenere il respiro.
"Cosa fai?" sussurrai, la voce rotta dall'emozione, mentre le sue labbra esploravano ogni centimetro del mio collo.
"Non posso farne a meno," rispose lui, il suo respiro caldo contro la mia pelle. "Sei la mia droga. Non riesco a stare più di un'ora senza baciare il tuo corpo."
Chiusi gli occhi, lasciandomi andare al momento. Mi avvinghiai a lui, le mie gambe si intrecciarono attorno ai suoi fianchi, mentre lui mi stringeva forte.
Sentivo il suo desiderio, la sua passione travolgente, e per un attimo mi dimenticai di tutto: di Danny, dei messaggi, del pericolo. C'era solo lui,solo noi.

Improvvisamente, però, la mia attenzione fu catturata da una figura sulla spiaggia. Mi staccai da Gabriel, cercando di capire cosa stesse succedendo. Vidi Marlene, che correva verso di noi con il viso segnato dall'agitazione. Il suo sguardo era frenetico, e sentii un senso di inquietudine crescere dentro di me.
"GABRIEL!" urlava, la voce carica di ansia.
Subito ci affrettammo a raggiungerla.
Gabriel, confuso e preoccupato, le chiese: "Cosa succede, mamma?
Perché urli?"
"La nonna... non si è sentita bene," rispose Marlene, senza fiato.

Gabriel scattò verso casa sua, e io lo seguii insieme a sua madre, con il cuore in gola. Quando entrammo, trovammo la nonna distesa sul divano, il viso pallido e le labbra sottili. Gabriel le teneva la mano, il suo viso rigato dalla preoccupazione.
"Tesoro, sto bene," disse lei con un filo di voce, cercando di rassicurarlo.
"È stato solo un giramento di testa, niente di cui preoccuparsi."
Ma Gabriel non si lasciò convincere.
La strinse forte a sé, e vedere quell'immagine mi fece stringere il cuore. Era evidente quanto tenesse a lei. Era la sua ancora, il suo legame più profondo con la famiglia.
Più tardi, in serata, ci trovammo tutti al pronto soccorso, dove la nonna venne ricoverata per ulteriori accertamenti. Gabriel era preoccupato, ma cercava di rimanere forte per lei e per tutti noi. lo, invece, decisi di tornare a casa. Avevo un terribile mal di testa e il pensiero di Danny continuava a tormentarmi.
Mentre ero in cucina, intenta a prepararmi una tisana, sentit improvvisamente dei rumori ambigui provenire dal retro della casa. Il cuore iniziò a battermi all'impazzata. Oddio, sono i ladri! pensai, mentre il panico si
impadroniva di me.

Endless 1 (COMPLETA) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora