6. Gabriel

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Guardai l'orario sul display del mio telefono. Erano le 14:00 e di Sofia non c'era ancora traccia. Tamburellai la punta delle dita sul volante, poi notai un gruppo di ragazzi uscire. Era suonata la campanella. Scorsi da lontano Sofia che parlava con Amanda e Theo. Ci mancava solo questo. La vidi venire verso la mia auto.

"Finalmente." Entrò e chiuse lo sportello.

"Scusami, ma la scuola funziona così; non posso uscire quando mi pare," disse guardandomi.

"Cosa ci facevi con quei due?" Domandai, facendo inversione per uscire dal parcheggio.

"Parli di Amanda e Theo? Li ho conosciuti oggi. Sembrano simpatici. Mi hanno detto che sono i tuoi migliori amici." Guardai la strada senza dire nulla. Ci mancava solo che entrassero a far parte della mia vita privata.

"Mi dà fastidio che parli con loro," dissi in modo serio mentre guidavo verso casa.

"Eh, quindi? Cosa mi interessa? Io sono amica di chi voglio, anche se c'entrano con te."

La guardai male, e avviai l'auto, fu un tragitto completamente silenzioso. Arrivati, parcheggiai l'auto nel vialetto di casa. Entrammo, ma i miei genitori erano a lavoro. Bene, ci mancava solo questo: rimanere solo con lei. La vidi salire le scale per andare nella sua camera. Entrai in cucina e cercai qualcosa da bere. Trovai nel frigo un succo di frutta alla pesca, presi il cartone e lo versai in un bicchiere. Mentre bevevo, sentii il mio telefono squillare; era una chiamata di Manuel.

"Hey, amico."

"Ascolta, oggi c'è una festa a casa di Ginevra. Tu ci sei, vero?"

"Non lo so. Non ho molta voglia." Non avevo affatto voglia di uscire, soprattutto dopo ieri sera. Volevo stare tranquillo.

"Dai, amico, porta anche tua sorella, magari si diverte un po'. Magari puoi mettere in atto anche la scommessa." Mi guardai intorno, sperando che nessuno sentisse.

"Non è mia sorella. E non la porterò con me. Non sono feste per lei," aggiunsi sedendomi sullo sgabello.

"Invece ci verrò. Mi ha appena invitato Amanda," disse Sofia, interrompendo la conversazione.

"Amico, ci sentiamo," dissi, staccando la chiamata.

"Non se ne parla, tu non ci vieni," dissi in modo categorico.

"Io ti ho detto invece che ci verrò. Non sei mio padre. Non comandi sulla mia vita. Faccio quello che voglio, forse non ti è chiaro," disse, posando il bicchiere sul bancone.

"Non parlarmi così, Rapunzel. Non ti conviene." Si avvicinò a me.

"Sennò cosa mi fai?" Risi nervosamente, cercando di evitarla.

"Allora? Rispondi. Cosa mi farai? Sono stufa di queste minacce che portano via il vento. Non faresti del male nemmeno a una mosca," disse, continuando a sfidarmi.

"Non provocarmi, principessa. Non mi ci vuole niente a sbatterti al muro." A questa mia frase scoppiò a ridere. La presi leggermente dal collo, sbattendola effettivamente al muro. Mollai la presa, continuando a sfiorarle il collo. Mi avvicinai al suo orecchio per sussurrarle: "Ti avevo avvisato che ti avrei sbattuta contro il muro."

Ci guardammo per pochi secondi. Quei suoi occhi verdi mi ipnotizzavano, come sempre.

"L-lasciami." Feci scivolare le mie mani sui suoi fianchi, bloccando il suo corpo contro la parete bianca e accarezzando ogni centimetro della sua pelle.

"Sei sicura? Vuoi che smetta?" Sussurrai nel suo orecchio, mordicchiando il lobo. Sentii il suo corpo irrigidirsi al contatto con la mia pelle. Strofinai il mio naso sul suo collo, sentendo il suo profumo. Con una mano le accarezzai la schiena. Anche se non volevo ammetterlo, il suo corpo mi faceva impazzire. Più mi rifiutava, più desideravo scoparmela proprio lì in quella cucina. Avevo una voglia indescrivibile di farla sedere su quel bancone, di accarezzarle le gambe, di lasciare dei baci umidi su di esse, di togliere quella maglietta e guardarle il seno perfetto, di prendere tra i denti i suoi capezzoli per succhiarglieli. Volevo affondare in mezzo alle sue gambe e scoprire il suo sapore. Volevo baciarmi con quelle labbra così carnose e inserirvi la mia lingua. Dovevo andarmene da lì o non mi sarei riuscito a fermare.

"Che c'è, ti faccio questo effetto? Scommetto che sei già bagnata." Le baciai il collo e sentii le sue mani spingere il mio petto lontano dal suo corpo.

"Sei uno stronzo. Non riusciresti a farmi bagnare nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla terra." Risi alla sua affermazione.

"Lo vedremo, Bimba, lo vedremo." Dissi, uscendo dalla cucina per tornare in camera mia. Chiusi la porta alle mie spalle. Quella ragazza mi avrebbe fatto impazzire dal desiderio che avevo di lei. L'impossibile e il proibito mi avevano sempre affascinato.

Arrivata l'ora della festa, entrai in bagno e iniziai a fare una doccia. L'acqua calda scorreva sul mio corpo, rilassando i miei muscoli. Nella mia mente non svanivano le immagini delle mie mani sulle sue forme, l'effetto che le procuravo; la sua pelle era ricoperta di brividi, e la voglia matta di stringerle quel culo tra le mani non spariva dalla mia testa. Al solo pensiero di lei mi si indurì. Riusciva a farmi eccitare anche solo con il pensiero. Mi toccai con la sua immagine nella mente, chiusi gli occhi pensando a lei, la mia mano faceva movimenti verticali lungo la mia erezione. Mi morsi il labbro inferiore, soffocando un gemito che stava per uscire dalla mia bocca. Appena venni, aprii gli occhi. Mi ero appena masturbato pensando a lei. Non potevo negare di essere attratto dal suo corpo e non poco. Uscii dalla doccia, avvolgendo un asciugamano intorno alla vita. Tornai in camera e sentii bussare. Era Sofia.

"Che c'è, già ti mancano le mie mani sul tuo corpo?" Dissi, appoggiandomi sullo stipite della porta.

"No, volevo dirti che se mi tocchi un'altra volta, i tuoi gioielli li perderai." Risi per quella sua minaccia insignificante.

"Credi di farmi paura? Non mi ci vuole niente a togliere questo asciugamano per fartelo vedere." Inarcò il sopracciglio.

"Io riuscirò a farti cadere ai miei piedi." Si mise a ridere, ma la presi dai fianchi, portandola vicino al mio petto. La strinsi a me; le sue mani calde si posarono sul mio petto ancora bagnato.

"Non sfidarmi, piccola. Sarei capace anche di scoparti qui e adesso." Vidi le sue mani posarsi sui miei capelli, stringendoli leggermente.

Spalancai gli occhi per il suo gesto. "Vedremo chi cederà. Forse sarai tu a cadere ai miei piedi." Le strinsi quel culo tra le mani, la vidi sussultare.

"Non ti facevo così coraggiosa, Rapunzel." Mi accarezzò il labbro con il suo pollice.

"Non conosci molti lati di me," disse sorridendo.

"Vediamo chi cadrà per primo ai piedi dell'altro," dissi, leccandole le labbra. Mi staccai da lei e chiusi la porta della mia camera. Non pensavo accettasse, ma almeno potevo toccarla quando volevo. Aprii l'armadio e cercai qualcosa da mettermi per la festa. Decisi di indossare una maglia rossa con una giacca di pelle nera sopra. Uscii dalla mia stanza e Sofia fece lo stesso. Quel vestito a fiori senza spalline mi eccitava da morire; non mi ci voleva nulla a lasciarla nuda davanti a me

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