CAPITOLO 82

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BIANCA (prima parte)

Mi svegliai in un letto di ospedale, semi-sdraiata. Mi ci volle qualche secondo a razionalizzare dove mi trovassi e a ricordare cos'era successo.

Richiamavo alla memoria solo l'immagine di un'ambulanza, io lunga su una barella con una coperta addosso e una maschera per l'ossigeno sul viso. Le fitte di dolore alla gamba e al costato che mi toglievano il fiato, poi non rammentavo più nulla.

Ero talmente sfinita quella notte dannata...

Era stato Omar il mio angelo...

Lui sicuro era salito su un'altra ambulanza. Mi aveva consegnato ai soccorsi e mi ero staccata da lui.

Era stato Omar a salvarmi, mi ridissi: un angelo spuntato dal cielo. I suoi occhi spaventati li ricordavo bene.

Mi guardai intorno spaesata appena ridestata: mia madre di spalle guardava fuori della finestra che c'era nella camera. La luce iniziava a calare al di là del vetro. Un lungo neon sul soffitto già acceso annullava quella debole luce che filtrava: pareva sera.

Non riuscivo a muovermi bene: avevo una fasciatura sul torace, una flebo ad un braccio, ma soprattutto un peso ad una gamba.

"Che ora è?" le chiesi debolmente.

Si voltò subito.

"Bianca! Finalmente. Come ti senti?" si avvicinò al letto e si sedette accanto a me stringendomi una mano.

Provai a tirarmi più su e un dolore acuto mi si accese al costato. Una smorfia di sofferenza si disegnò sul mio viso. Solo allora mi accorsi di avere una benda anche sulla fronte e una gamba ingessata. Tentai di tastarla, ma lei mi fermò.

"Devi rimanere ferma, tesoro. Hai due costole rotte e un brutto taglio sulla fronte, oltre a lividi un po' dappertutto e una gamba rotta. Cerca di essere paziente"

Effettivamente come mi muovevo si innescavano spasmi a catena.

"Passerà, vedrai... Se penso che avresti potuto morire..." cercò di consolarmi accarezzandomi i capelli.

Era vero! Stava tornando quasi tutto alla memoria: l'acqua... il respiro che mi mancava... e poi Omar! Il mio angelo!

Era un pensiero fisso...

"Mi ha salvato Omar, mamma!" avevo gli occhi lucidi nel dirglielo, "Se non si fosse tuffato, io..."

"Sì, lo so..." mi strinse una mano, "Mi dispiace così tanto per tutto quello che gli ho fatto passare pensando di proteggere te da lui, io..." chinò il capo colpevole.

"Lui mi ama, mamma! E io lo amo davvero... È tutta la mia vita!" non lasciai la sua mano, "Lascia che lo veda. Ho bisogno di parlare con lui e lui ha bisogno di..."

Avrebbe capito stavolta. Ne ero certa...

"Ora lo so" ripetè fermandomi dal proseguire, "Mi sono resa conto di tante cose... Sono stata così cieca, così egoista... Potrai mai perdonarmi? Se solo potessi recuperare in qualche modo..."

Immediatamente mi animai.

"Puoi farlo, mamma! Ritira l'ordine restrittivo! Lascia che..."

"Non ha più motivo di esistere, Bianca. Non esiste più alcun ordine restrittivo. Non servirebbe più..."

Finalmente l'aveva ritirato.

Crollai il capo sul cuscino sollevata nello spirito.

Forse tutto quel male aveva, alla fine, avuto un risvolto positivo. Ma avrebbe accettato il nostro amore? Che potessi continuare a frequentarlo?

Ci avrei pensato dopo... ora mi bastava poterlo vedere e potergli parlare...

"Mamma, non posso vivere senza di lui. Mi devi promettere che lascerai che..." mi issai meglio a sedere nel dirglielo.

"Bianca, non so come dirtelo" mi bloccò lei accarezzandomi in viso.

Si fece triste.

Scossi la testa.

"Cosa?" non capivo. Aveva un'espressione talmente afflitta.

"Lui è..." abbassò il capo e gli occhi con una pena infinita.

Singhiozzava.

Perchè?...

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