CAPITOLO 8

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BIANCA

Il giorno dopo...

Anche quella mattina ero in orario per fortuna. Dovevo assolutamente organizzare le questioni lasciate in sospeso il giorno prima. Alla fine non ero più stata al Centro, avevo cercato di lavorare da casa. L'incontro con mia madre come al solito mi aveva messo di cattivo umore e non era certo il caso mi occupassi di altro. Avevo rimandato alla giornata dopo, insomma...

Il Centro si trovava al piano terra di un imponente palazzo medievale. Occupava l'intero livello.

Non era facile trovarlo: non c'erano grosse insegne all'esterno che lo indicassero; soltanto una targa dorata appesa accanto all'ingresso, nemmeno troppo grande.

Questa era la cosa che avevo sempre rimproverato alla signora Lisbo, la direttrice, e per la quale mi battevo ancora. Ma lei sosteneva che non ce n'era bisogno; che chi ne aveva necessità sapeva dove trovarci e alla fine avevo desistito.

Non ne ero così convinta comunque; esistevano ragazzi fragili anche al di fuori dei tribunali e per loro sarebbe stato difficile rivolgersi a noi. Ne sarebbero rimasti esclusi anche se saremmo stati per loro una seconda possibilità.

Riflettevo queste cose intanto che fissavo l'imponente stabile che lo custodiva, prima di attraversare la strada trafficata di macchine.

Stretta nel mio giubbotto di pelle nera aspettavo sul marciapiedi che il semaforo diventasse verde per poter raggiungere il lato opposto.

L'aria era umida di pioggia quella mattina; l'asfalto bagnato che avevo sotto i piedi emanava un odore inconfondibile di un acquazzone caduto nella notte e che avrei respirato per tutto il giorno.

Un bimbetto dai ricci castani mi sorrise fermandosi di fianco a me. Gli sorrisi a mia volta e lo salutai con la mano. Mi restituì il saluto solare e si aggiustò il pesante zaino sulle spalle. Andava a scuola a giudicare dal grembiule nero che gli spuntava sotto la giacca rossa.

Guardai la madre seria e concentrata che lo teneva per mano.

Sospettavo che tutte le madri lo fossero ripensando alla mia.

Forse la solarità era una qualità che si perdeva nel tempo. Erano rare le persone che da adulte riuscivano a trarre benefici e grinta da ciò che la vita gli aveva riservato in precedenza creando per sé e per gli altri gioia di vivere.

Sospirai riflettendoci.

In quel momento il semaforo diventò verde e la seguì dall'altra parte della strada voltandomi indietro un'ultima volta.

Anche io ero spensierata e felice a quell'età, considerai raggiungendo l'altro marciapiedi. E anche mia madre era sempre stata seria e concentrata su altro con me, proprio come la sua.

Ma anch'io ero cambiata, non ero più spensierata e felice come allora anche se cercavo di non dimenticarmene.

La vita aveva cambiato rotta all'improvviso. Mutando in me il modo di sentire...

Raggiunsi il grosso portone di legno e suonai il citofono.

... e dare priorità alle cose.

La porta con uno scatto immediatamente si aprì.

La signora Lisbo con un fascicolo di fogli in mano mi passò di fronte arrestandosi non appena mi scorse.

I suoi capelli corti scalati dalle ciocche bionde, ordinati come sempre, si intonavano perfettamente al suo tailleur crema, valutai.

"Bianca! Finalmente. Speravo di riuscire a vederti oggi... Volevo parlarti prima che arrivasse Giorgio. Vieni..." entrò celere nel suo ufficio.

Raggiunse la scrivania bianca, posò i fogli e si sedette sulla sedia nera che c'era dietro facendomi segno di accomodarmi davanti a lei e chiudere la porta.

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