CAPITOLO 23

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BIANCA (seconda parte)

...

"Che cosa vuoi sapere?" lo incalzai.

"Perchè non mi hai detto il tuo nome al Burgher?"

Le mie guance si imporporarono al ricordo.

"E va bene. Vuoi la verità?" acconsentì, "Cercavo di levarti di torno"

"Beh... questo è..." strinse gli occhi ridendo "Questo è triste da accettare. Sì, molto doloroso... sono parecchio ferito" si portò una mano aperta al petto scherzandoci su.

Sorrisi debolmente anch'io con lui.

"In realtà non era il momento adatto... e poi non eravamo ancora quasi amici" ero stata scortese in realtà al Burgher. Non solo non gli avevo detto il mio nome.

"E dove sei sparita quando sei uscita? Ti ho seguita, ma non ti ho vista più"

"Veramente tocca a me adesso farti una domanda. Così non mantieni i patti però" gli dissi come risposta.

Non mi andava di svelargli dove vivevo; non era il caso.

Alzò le mani con la penna tra le dita in segno di resa.

"Hai ragione. Tocca a te: spara!"

"Che mi dici degli incontri di combattimento clandestini? Ho letto che hai preso parte ad alcuni di loro"

"Vuoi sapere cosa ne penso?"

Annuii.

"Beh... sono uno schifo. C'è gente senza scrupolo a quegli incontri. Puoi farti male sul serio"

Di nuovo toccava a lui: la sua domanda non tardò

"Sei mai stata fidanzata? O lo sei?"

Avvampai.

Quella domanda a bruciapelo mi aveva agitato subito; impacciata distolsi lo sguardo. Ricordavo mi aveva già chiesto qualcosa di simile.

"Perchè ti interessa tanto saperlo?"

"Perchè no?" perseverò.

"Non credo questo sia un dettaglio utile a conoscerci"

"Per me lo è. Vorrei sapere chi ho davanti"

Alzai la testa verso il soffitto quasi cercassi di trovare una risposta adatta.

Che dovevo dirgli? Volevo farglielo sapere?

Ma soprattutto ero mai stata fidanzata?

Di certo al momento non lo ero, e forse nemmeno in futuro, ma in passato?

Nel vero senso del termine no, se proprio volevo essere sincera... c'era stato Mattia, la mia storia più lunga, ma ero al liceo allora. Ci eravamo frequentati per un po', ma niente di serio comunque. Era finito tutto quando avevamo iniziato l'università e le nostre strade si erano divise.

Era da considerarsi un fidanzamento quello?

Non mi pareva.

E comunque che gli importava? Non dovevo rispondere...

Fu più veloce lui a parlare di me a decidere.

"Se ci metti tanto a rispondere, significa che non lo sei mai stata e non lo sei neanche adesso"

Ci riflettei su. In effetti aveva ragione.

"Può darsi..." non sapevo che aggiungere.

"Io comunque non mi sono mai innamorato fino a quel punto, nel caso lo volessi sapere... al punto di fidanzarmi intendo. Si può avere del buon sesso anche senza esserne costretti in un rapporto. Preferisco rimanere libero... L'amore non fa per me... è solo una stronzata. Com'è che dicono..." si finse pensieroso, "Il mio cuore non sprecherà mai battiti per una ragazza..." citò, "Anch'io la penso così, io non ho bisogno dell'amore" mi resi conto che gli costava fatica ammetterlo nonostante provasse a sorridere.

"Ti dirò... a pensarci, tutti abbiamo bisogno di un affetto anche chi non lo chiede. Probabilmente toccherà anche a te invece"

"Beh, io sto bene anche da solo. Non mi serve il disordine che ti porta nella vita qualcuno che ti prende il cuore e l'anima"

"Forse semplicemente perché non credi nell'amore... l'amore può portare piacevoli sorprese invece, anche se ti sconvolge" commentai.

"Wow! Non sapevo ci fosse anche una vena romantica nella vostra preparazione. Cos'è un corso aggiuntivo o facoltativo?"

"Secondo me non vuoi innamorarti di qualcuno, perché vorrebbe dire perdere il controllo e non te lo puoi permettere..."

"Perdere il controllo io?" assentii, "Io sono un esperto di controllo. Potrei mantenerlo lo stesso"

Lo fissai scettica.

Continuò.

"Ok... Diciamo allora che chi deve mantenere il controllo di solito vede più lontano degli altri... e io vedo più lontano degli altri..." mi spiegò, "So come finiscono certe questioni... non mi lascio fregare... semplicemente le prevengo..." si strinse nelle spalle, "Ora hai capito?"

"O le eviti"

Fece una smorfia.

"Forse... che differenza fa? Non mi innamoro, punto!"

Quindi non aveva nessuno neanche lui, concluse il mio cervello seguendo un'altra rotta. Nessun amore... nessun legame...

Ma che m'importava? - mi chiese subito la parte più razionale di me.

Per impedirle di continuare a pormi domande inopportune su questo argomento porsi a lui un'altra questione.

"E perché vuoi farti del male invece?"

Sospettavo fosse quello il motivo per cui era stato arrestato proprio durante uno di quegli incontri che gli facevano tanto schifo. Era cresciuto col padre solamente, avevo letto. Ancora non sapevo il perché. La signora Lisbo voleva mi facessi un'idea della persona che avevo di fronte senza pregiudizi.

Forse la madre lo aveva abbandonato, o forse i suoi si erano separati e lei si era rifatta una famiglia lasciandolo al padre... dovevo ancora indagare.

Il suo comportamento poteva essere una forma di autolesionismo. Quel disturbo della sfera psicologica che induce chi ne è affetto a procurarsi intenzionalmente danni fisici come forma di punizione.

In genere le persone autolesioniste si facevano del male ricorrendo a tagli o bruciature, assumendo grandi quantità di farmaci, non mangiando o ingerendo notevoli dosi di sostanze alcoliche, ma sempre erano espressione di un forte stress emotivo, di un grave senso di colpa, o di un pensiero angoscioso difficilmente superabile. E la perdita di una madre poteva essere un'angoscia di questo tipo. Il fascicolo che lo riguardava sottolineava che era arrivato all'ospedale in brutte condizioni dopo l'ultimo incontro, poteva averle cercate di proposito...

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