CAPITOLO 19

103 15 2
                                        

BIANCA (prima parte)


"Ancora TU!" sfuggì di nuovo ad entrambi.

Non avevo dubbi.

Alto, fisico atletico, allenato probabilmente da costanti ore di palestra. Spalle larghe...

Di colpo lo avevo riconosciuto di nuovo.

Era lui!

Il mio tormento dalla mattina del tribunale.

L'incubo del posteggio.

E lo sbruffone del Burgher Queen!

Quante erano le probabilità di incontrarlo lì?

Nessuna.

Eppure lui era lì e c'ero anch'io. Di nuovo io e lui.

Mi sentii avvampare immediatamente. Non era possibile!

Che cosa avevo fatto di male?

"Non ci credo! Di solito gli incubi non durano tanto" sostenne ironico.

Feci finta di niente.

"Che ci fai qui?"

Un che di nervosismo riempì la mia voce e il mio agire.

"Tu che ci fai qui, ragazzina?"

"Non chiamarmi in quel modo!" lo puntai con l'indice minacciosa, "Te l'ho già detto una volta... non mi piace"

"Anche a me non piace essere qui, ma mi hanno obbligato. Come vedi non è che abbia molto valore la disapprovazione di questi tempi"

Che stupida! Era Fosco! Omar Fosco: O. Fosco... Chi altro? Tutto aveva un senso...

Faticavo a crederlo comunque. Com'era possibile?

D'un tratto riaffiorarono alla mente le immagini della sua faccia ferita quella mattina in tribunale e si mescolò a quello che avevo letto su Fosco sul fascicolo... incontri illegali, scommesse clandestine, risse in luoghi pubblici... erano queste le sue accuse.

Ecco qual'era il motivo per cui era lì.

Anche Omar si era bloccato per un istante, proprio come la mia mano era rimasta sospesa a metà di un gesto non appena avevo alzato gli occhi verso di lui e avevo cercato di sistemare a mente quelle informazioni.

Di sicuro era stato assalito dal mio stesso pensiero: è uno scherzo!

Eppure nella pausa di imbarazzo che seguì ebbi l'impressione che nonostante la sbalordimento iniziale non ne fosse del tutto contrariato, solo sorpreso.

Gli occhi di Omar si erano poggiati su di me dubbiosi.

Schiarii la voce.

"Vieni avanti, visto che ormai ci sei..." lo incitai con un sorriso impostato, "Non stare sulla porta"

Tornai alla mia postazione.

Varcò la soglia seguendomi, chiuse l'uscio alle sue spalle, si avvicinò e si fermò proprio davanti a me.

"Siediti" gli indicai la sedia di pelle coi braccioli davanti alla scrivania di legno scuro, perché lo facesse così come me.

Si accomodò mollemente posando il giubbotto che teneva in mano sulle gambe.

Da vicino ora doveva apparirmi differente da come lo avevo visto in precedenza. Dovevo convincermene. Era un ragazzo qualunque che aveva bisogno di ritrovare la giusta via, come i giovani che frequentavano il Centro.

Ancora tu...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora