3.

51 3 0
                                    

(Giulia's POV)

Penso di avere appena fatto una delle docce più lunghe di tutta la mia vita. L'acqua calda ha aiutato a rilassare i miei muscoli e ad allontanare i pensieri. Non avevo realizzato di essere così tesa, ma cos'altro potevo aspettarmi? Scuoto la testa, cercando di non pensare. Non posso concedermi di andare in certi angoli della mia mente, non so se sono in grado di affrontarli. Mi siedo sul water e mi metto a testa in giù, iniziando ad asciugarmi i capelli. È una cosa che ho sempre odiato fare, non ho mai avuto la pazienza di impiegarci più di mezz'ora per asciugarli completamente. Mamma mi ha sempre rimproverata per questo, dicendomi che me ne sarei pentita con gli anni, ma, per ora, sto continuando ad andare avanti per la mia strada. Quando mi stufo, spengo il phon, appoggiandolo sul mobiletto del bagno. Recupero la mia spazzola e, con molta pazienza, cerco di districare gli infiniti nodi che mi si creano di continuo. Quando sono a posto e ho sistemato il bagno, torno in camera, prendendo gli occhiali dal comodino. Per tenere la mente impegnata, inizio a sistemare nell'armadio un po' di vestiti puliti. Improvvisamente, sento la voce della dottoressa Blye rimbombarmi nella testa.

Quando ti sentirai pronta, aprirai quella scatola che tieni nascosta nell'armadio e lascerai andare una volta per tutte tutto quel peso che senti nel cuore.

Faccio cadere l'occhio in basso, dove la scatola blu fa capolino da sotto i pantaloni appesi. Non ho mai avuto il coraggio di aprirla, ogni volta che ci provavo, sentivo una forza esterna che mi trascinava via, come se non fosse ancora arrivato il momento giusto di fare i conti con quello che c'era lì dentro e che mi aspettava. Chiudo di colpo l'armadio, sospirando. Un giorno ce la farò, lo devo a me stessa e a mio figlio. Soprattutto a mio figlio.

Dopo aver preso un respiro profondo, recupero il telefono ed esco dalla mia stanza, scendendo le scale.

"Niall?", provo a chiamare il mio coinquilino, con scarsi risultati.

Mai una volta che quell'irlandese mi risponda al primo colpo. Alzo gli occhi al cielo, scuotendo la testa e sorridendo, quando sento il suono della chitarra provenire dal piccolo studio che si era creato in casa. Non riconosco la melodia, per cui, con passo felpato, mi avvicino alla stanza e apro la porta con attenzione, cercando di non fare rumore. Trovo il moro seduto per terra a gambe incrociate, strimpellando la chitarra, interrompendosi di tanto in tanto per prendere appunti su uno dei suoi infiniti quaderni. Non sono mai riuscita a spiarne nessuno, Niall li custodisce come se fossero oro e guai a chi prova a toccarli. Dato che mi da le spalle, non si è ancora accorto della mia presenza, per cui ne approfitto per ascoltare un po' il pezzo su cui sta lavorando.

"Finalmente ti sei deciso a rimetterti a lavorare!", dico ad un certo punto, facendolo leggermente sussultare sul posto.

"Sei lì da molto? Non ti ho sentita", mi dice, sorridendo, appoggiando la chitarra e alzandosi dal pavimento.

"Giusto qualche minuto... Mi piace, qualsiasi cosa sia su cui stai lavorando. Me la farai sentire come si deve o, come al solito, devo aspettare le uscite ufficiali?"

"Devi aspettare, ovviamente!" mi risponde, facendomi segno di sedermi con lui sul divanetto grigio che aveva messo nella stanza, per quando Katherine o Richard volevano stare con lui. Loro sì che avevano il privilegio di sentire le sue canzoni in anteprima, solo alla sottoscritta veniva nascosto tutto.

Mi siedo, portandomi le gambe al petto e stringendo le ginocchia, osservando il mio amico, cercando di capire se dietro quel sorriso che mi sta facendo, c'è altro.

"Come stai?", gli chiedo, dopo essere stati per un po' in silenzio.

Stare in silenzio per noi non è mai stato pesante, anzi. La maggior parte delle volte, non seve nemmeno ricorrere alle parole, basta uno sguardo per sapere quello che ci sta passando nella testa. Credo davvero che questa sia una cosa meravigliosa, capire i silenzi dell'altro, dandogli i suoi tempi e il suo spazio, rimanendo a propria volta in silenzio. È un modo per far capire che si è presenti e che va bene anche stare zitti quando non si hanno le parole giuste per esprimersi. Significa voler bene all'altra persona e dimostrargli che sei sempre al suo fianco.

You were the love of my life Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora