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(Harry's POV)

Mi sveglio, stiracchiandomi, per poi aprire gli occhi lentamente. Mi sento così felice e leggero, non mi sentivo così da davvero troppo tempo. Giulia non è al mio fianco, per cui mi allungo verso il comodino per recuperare il mio telefono e guardare l'orario. Le 11, ecco perché sono a letto da solo. Noto che la batteria del telefono è sotto il cinquanta per cento, per cui recupero il caricatore e lo attacco alla spina, intanto che mi faccio una doccia. Una volta fatto, mi rimetto i pantaloncini della tuta, gli unici che ho portato tra l'altro, e metto una maglia pulita, per poi controllare di nuovo l'orario e la percentuale di batteria. Si sono fatte le 11:30, mi sa che sono stato in doccia più del previsto, perso nei miei pensieri e pensando alla mia prossima mossa. Stacco il telefono dalla carica, è arrivato al settanta, me lo farò bastare. Metto il telefono in tasca, recupero gli occhiali da sole e mi metto le scarpe, dirigendomi poi verso il piano inferiore. Sento dalla cucina arrivare un buon profumino e anche della musica, tenuta a un volume basso. Mi avvicino lentamente, appoggiandomi allo stipite della porta, osservando la mia bellissima donna mentre si destreggia ai fornelli, canticchiando e improvvisando dei passi di danza. Ha i capelli raccolti in modo molto disordinato, indossa un paio di pantaloni della tuta grigi e la mia maglietta bianca di stanotte, a cui ha arrotolato le maniche per farla diventare una canottiera e ha fatto un nodo sul fianco destro – da cui si intravede un po' della sua pelle bianca - per accorciarla dato che, per lei, è davvero molto grande.

"Non mi ricordavo quanto fossi bella con le mie maglie addosso", dico, incapace di tenermelo per me.

Sussulta leggermente, non avendomi sentito arrivare, per poi girarsi verso di me, con gli occhi che le brillano, facendomi capire che anche lei si sente al settimo cielo come me.

"Sei lì da molto?", chiede, sorridendomi, allungando una mano per spegnere la musica dal suo telefono.

Scuoto la testa, sorridendole di rimando, per poi avvicinarmi a lei, lasciandole un bacio sulla tempia. Si gira verso di me, sempre con il sorriso sulle labbra, che però svanisce non appena nota gli occhiali da sole neri appesi al collo della mia maglietta.

"Stai già ripartendo?", chiede, incupendosi.

"No", dico, scuotendo la testa. "Ho l'aereo per Budapest domani alle 12"

Annuisce, per poi tornare a dare tutta la sua attenzione alla pentola, in cui stava probabilmente preparando il sugo, ma non ci presto molta attenzione. Sono troppo concentrato sulla mora davanti a me che sta continuando a girare il cucchiaio di legno con lo sguardo perso nel vuoto, consapevole di cosa stavo per fare. Sospiro, appoggiandomi al piano cottura, senza mai toglierle gli occhi di dosso. Passano diversi minuti prima che lei abbassi al minimo il fornello e venga vicino a me, abbracciandomi e nascondendo la testa nel mio petto. Le cingo il bacino con le braccia, appoggiando la guancia sulla sua testa.

"Non andare... Ti prego...", sussurra, e io riesco a sentire tutta la paura e l'ansia che si celano dietro la sua voce.

Sposto le mie mani sulle sue spalle e, molto delicatamente, la allontano da me quanto basta perché i nostri occhi si possano incontrare.

"Devo farlo, Giulia", le dico, sorridendole per cercare di calmarla un po'. "Otto anni fa non ho combattuto per te, per noi. Non farò lo stesso errore"

Abbassa lo sguardo, scuotendo la testa e stringendo il tessuto della mia maglia tra le sue mani.

"Hey, guardami", sussurro, mettendo una mano sotto il suo mento.

Sento una pugnalata al cuore vedendo tutta quella preoccupazione e tutto quel dolore nei suoi occhi, motivo in più per andare e mettere un punto una volta per tutte a tutta questa faccenda che è andata avanti anche fin troppo.

You were the love of my life Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora