21. Micah

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 Un'ora dopo il mio arrivo al Red, finalmente la situazione si placa e la gente è talmente brilla, che non presta più attenzione a me. Vado a cercare Ava e la trovo al bancone, intenta in una conversazione con un tipo.

Divento immediatamente geloso. Io, Micah Hudson, geloso da impazzire di una ragazza. È una data da segnarsi sul calendario questa. Di solito non frequento abbastanza una persona per arrivare ad essere possessivo.

Ava è la mia eccezione a quanto pare. È una prima volta.

Mi avvicino fumando dal naso e appena incontro gli occhi azzurri color mare di Ava, il mio istinto di portarla via in spalla, si placa solo perché mi sorride e impercettibilmente si inclina verso di me.

<<Ehi, sono venuto a rapirti>>, dico ignorando il tipo con qui stava parlando.

Lei scatta in piedi, felice della mia proposta. <<Credevo non saresti più venuto a cercarmi>>.

Mi trattengo dal ridere. Non sopporta la presenza di quello. Ne sono particolarmente felice. Le allungo il braccio e lei attorciglia il suo. <<Andiamo. Il biliardo ci aspetta>>.

Ci facciamo strada verso i tavoli da biliardo e quando le persone che stavano giocando, mi vedono arrivare, lasciano il posto libero. Mentre sistemo la palline al centro, la osservo da sotto le ciglia. È appoggiata contro il tavolo con il fianco e abbraccia la stecca. <<Rendiamo la sfida più divertente, ti va?>>.

<<Come l'ultima volta?>>, domanda intrigata.

Mi avvicino a lei e i nostri corpi si sfiorano. Lei trattiene il fiato ma non si sposta. Interessante. <<Facciamo così: per ogni palla che metto in buca, tu rispondi ad una domanda e viceversa. Ti va?>>, domando.

<<Ok, va bene. Tanto so già che riuscirai a farmene ben poche>>, mi provoca.

Le faccio il solletico contro il fianco e lei si contorce contro di me, ridendo, senza fiato. <<Vedremo, Los Angeles>>.

Iniziamo la partita ed è lei la prima a cominciare con le domande. <<Il tuo piatto preferito?>>

<<Facile: le lasagne di mia mamma>>.

Mette altre due palle di fila in buca. <<Dove ti vedi fra dieci anni?>>.

<<In una bella casa, con una moglie, dei figli e una brillante carriera fra le mani. Magari di aver vinto almeno un Super Bowl>>.

Sorride per la mia risposta. <<Ambizioso. Mi piace>>. Si blocca e mi guarda. <<Dimmi una cosa che non hai mai detto a nessuno>>.

Che sto perdendo la testa per te. Mi picchietto l'indice contro il mento, fingendo di pensarci. <<A quindici anni ho rubato venti dollari dal portafoglio di mia mamma per uscire di nascosto a bere con i miei amici al parchetto>>.

Scoppia a ridere. <<Oddio, ma eri una vera peste>>.

Ammicco. <<Lo sono ancora. Non ne hai idea>>.

Ignora la mia battuttina a doppio senso e riprende a giocare, sbagliando il tiro di pochissimo. Finalmente è il mio turno. Due palle di fila entrano in buca. Perfetto. Si appoggia al tavolo con la schiena e io mi avvicino, quasi infilandomi fra le sue gambe. C'è molta confusione al Red e per parlare dobbiamo stare vicini. Un vero peccato.

<<Com'era la tua vita prima di trasferirti?>>

Si irrigidisce appena, ma non si tira indietro. <<Felice, spensierata. Avevo tutto ciò che volevo e che avevo sempre desiderato>>, risponde. Mi spiazza un po'. Non pensavo avrebbe dato una vera risposta.

<<Il tuo sogno nel cassetto?>>

Si mordicchia il labbro inferiore. <<L'ho già realizzato>>.

Intrigato, mi avvicino di più a lei. I nostri corpi si sfiorano. <<Ah sì, e qual è?>>, domando. Sono interessato a sapere tutto di lei. Più la conosco e più ne voglio.

Mi spinge via anche se non mi smuovo di un millimetro. <<Ah-ah>>, mi rimprovera muovendo l'indice davanti alla mia faccia. <<Hai finito le tue domande>>.

Metto il broncio e spingo in fuori il labbro inferiore. <<Eddai, ti prego>>.

Scuote la testa divertita. <<Prima metti quella pallina in buca e poi puoi farmi la tua domanda, ma non è detto che ti risponderò>>.

È davvero brava a provocare. Mi piego sul tavolo verde, ma sono totalmente distratto dalla sua presenza alle mie spalle. La desidero così tanto in questo momento che mi si offusca la vista e sbaglio completamente il tiro. La pallina bianca va nella direzione sbagliata.

Ava esulta e in poche abili mosse, mi straccia. Non sono mai stato tanto felice di perdere in vita mia. Per natura sono molto competitivo. Tu dammi una sfida e io mi impegno con tutto me stesso. <<Ti va una birra?>>, le chiedo.

<<Lo sai che non bevo>>.

<<Giusto. Acqua? Coca?>>.

Annuisce. <<Coca va bene>>.

Il locale ha iniziato a svuotarsi e alcuni tavoli sono liberi. Ci sediamo in uno al buio, in un angolo. Ho voglia di conversare con lei e nella confusione non è possibile.

<<Allora>>, dice sedendosi. <<Ho notato che attiri parecchio l'attenzione>>, dice indicando con un cenno della testa alle mie spalle.

Mi giro e quando capisco di cosa parla, faccio una smorfia. Un gruppo di ragazze mi stanno fissando. Ridacchiano e sono sicuramente in cerca di qualcosa da me. Alzo le spalle e torno a guardare Ava. <<Sono bello e famoso nel campus. Per me è normale>>. Bevo un sorso di birra fresca. Oggi posso concedermela. Domani mattina non ci sono gli allenamenti. <<A te invece non piace ricevere attenzioni. Perché?>>.

Giocherella con le gocce della condensa nel suo bicchiere. <<Ero una cheerleader al liceo. Almeno i primi tre anni, poi mi sono stancata e mi sono dedicata allo studio del pianoforte>>, rivela con un sorriso.

Più strati scopro di Ava e più vorrei andare a fondo. È bella, intelligente, profonda e nasconde un mondo dentro di sé.

<<Hai una voce incredibile>>.

Alza lo sguardo e incrocia i miei occhi per un lungo istante. <<Mi devi ancora tre risposte alle mie domande>>. Cambia argomento. Bene. Ho preso appunti. Non le piace parlare di quel giorno.

Appoggio la schiena alla sedia e allargo le gambe, mettendomi comodo. <<Sono tutto tuo>>.  

QUALCUNO COME MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora