46. Micah

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 Mentre eravamo negli spogliatoi per prepararci per l'allenamento, ha cominciato a nevicare. Come se già non volessi trovarmi qui, doveva pure fare un freddo esagerato e i coach ci hanno fatto sputare un polmone con cinque serie di scatti finali. Come se non avessimo corso minimo dieci chilometri in due ore.

Domani partiamo per una partita in trasferta. L'allenamento è stato pesante e devo ammettere che oggi ho dato il settanta per cento delle mie capacità. Sono distratto dai miei pensieri. Sto metabolizzando un po' alla volta ciò che ho scoperto su Ava/June.

Il giorno che l'ho trovata in quella stanza a suonare il piano e ho sentito la sua bellissima voce, mi aveva fatto venire i brividi. Forse, se avessi prestato più attenzione, avrei capito. Ascolto tutte le canzoni di June Allyson e ancora non riesco a capire come ho fatto a non riconoscerla.

È proprio vero che le persone famose sanno come mimetizzarsi fra la gente comune. Soprattutto una come June che si è dovuta creare una nuova identità. Credo che quello che è avvenuto nella sala del piano, sia stato l'unico scivolone che si è concessa. Dopo quell'episodio è sempre stata molto attenta a ciò che diceva.

Sta notte finalmente si è aperta con me. Abbiamo parlato tanto e ora che conosco più cose di lei, mi sento come un drogato. Più mi racconta e più ne voglio sapere. Sono totalmente rapito e preso da lei. E non perché è una cantante famosa.

Proprio perché è lei. June è straordinaria. Si porta dentro delle cicatrici che rispetto e sulle spalle ha un bagaglio che molti spaventerebbe. Competere con un fidanzato morto è da pazzi.

Eppure io non mi arrendo perché ciò che vedo nei suoi occhi quando mi guarda, mi spinge a continuare. Ad insistere. 

Io sto iniziando a provare qualcosa per lei e non mi vergogno ad ammetterlo. E credo che per lei sia la stessa cosa, anche se la spavento.

Infilo il borsone nel bagagliaio e salgo in macchina. Non vedo l'ora di vedere June. Spero sia rimasta come mi ha promesso.


Ci metto una eternità ad arrivare a casa. Le strade sono piene di neve visto che non le hanno ancora pulite o buttato il sale. Non credo qualcuno si aspettasse la neve già in questo periodo dell'anno. Per quanto io la ami, in questo momento vorrei solo sfrecciare per le strade per arrivare prima.

Un'infinità dopo, parcheggio nel mio vialetto e non mi preoccupo nemmeno di prendere il mio borsone dal bagagliaio. Per oggi può rimanere lì. Farò la lavatrice domani.

Quando entro in casa, seguo l'odorino buonissimo di cibo che proviene dalla cucina. Mi appoggio allo stipite della porta e osservo June muoversi nella mia cucina. Se prima ero eccitato, ora sono in fibrillazione. Indossa ancora la mia felpa che le ho dato ieri sera e sta canticchiando sottovoce.

Mi sembra davvero felice.

<<Ehi>>, dico annunciando la mia presenza.

Si gira a guardarmi e si porta una mano sul petto. <<Dio, mi hai spaventata! Da quanto sei lì?>>, chiede appoggiando il mestolo su un piatto.

Mi avvicino e per strada, abbandono il mio giaccone su una sedia. <<Qualche secondo. Ammiravo lo spettacolo>>.

Mi colpisce con uno schiaffetto il pettorale. <<Pervertito>>, scherza sorridendo.

La afferro per la vita e la tiro contro il mio petto. <<Cosa cantavi?>>.

Si aggrappa al mio collo con le braccia e si mette sulle punte dei piedi per arrivare alla mia altezza. Quasi. <<Ho scritto qualcosa di nuovo>>.

<<Me la farai sentire in anteprima?>>, chiedo intrigato. Ma come è successo che una come lei, sia entrata nella mia vita?

Annuisce. <<Certo, quando l'avrò finita>>.

<<Davvero?>>. Sono sorpreso. Credevo dicesse di no.

Si stringe nelle spalle. <<Davvero. Hai fame?>>.

<<Sto morendo. Cosa hai preparato?>>.

Arrossisce appena, come se fosse in imbarazzo. <<In casa non avevi molto e non so nemmeno se ti va bene che abbia usato le tue cose per cucinare>>.

<<June?>>, la chiamo, bloccando il suo attacco di ansia verbale.

<<Cosa?>>.

Sorrido. <<Ti ho chiesto io di restare. A dire il vero non eri nemmeno tenuta a preparare qualcosa. Perciò grazie>>.

<<Sono solo degli spaghetti>>, minimizza.

Appoggio la fronte contro la sua. <<E' bello averti qui>>.

Mi guarda negli occhi, i nostri sguardi che si incastrano. È come se ci stessimo guardando dentro l'un l'altro. <<Sono felice di essere qui. Con te>>.

Lascio che queste parole mi scivolino addosso. Ho lottato tanto in questi giorni contro i miei sentimenti e la sua situazione. Tutto questo però ci ha portato qui, a questo momento e ci dovrà pur essere una ragione.

Non credo nel destino ma ci sto ripensando.

Il mio subcoscio si mette ad urlare. Baciala. Baciala.

Le circondo il viso con le mani e sto per avvicinare il viso al suo, quando suona un timer da qualche parte. <<No>>, gemo.

Scoppia a ridere e sguscia via dalle mie braccia. Mentre io impreco, June scola gli spaghetti e li condisce con del sugo al pomodoro già pronto in un'altra pentola. Nonostante io sia incazzato per l'interruzione, sto davvero morendo di fame.

Ci sediamo a tavola e ci gustiamo il pranzo. Qui, questo momento, sa di quotidiano. Sa di casa.

<<Come scrivi le tue canzoni?>>, domando mentre spazzolo gli spaghetti.

<<Mi vengono di getto, di solito. Le altre ragazze tenevano un diario, io scrivevo canzoni. Sono le mie emozioni, ciò che vivo e sento. Vengono fuori da sole>>.

<<Sono testi molto profondi>>.

Annuisce. <<Sì, ma non sono proprio tutti miei. Alcuni testi li ha scritti Rowan. Era molto più bravo di me. Ha studiato musica alla Juliard>>.

<<E il piano? Come hai imparato?>>.

<<Me lo ha insegnato mia madre quando avevo circa tre/quattro anni>>.

<<Quindi mentre io lanciavo palloni da football al campetto del mio quartiere, tu stavi studiando per diventare una cantante famosa>>.

Sorride. <<Sì, qualcosa del genere>>. Si appoggia all'indietro sulla sedia e allontana il piatto vuoto davanti a sé. <<Hai una mia canzone preferita?>>, chiede.

<<Sì. Ce l'ho. Solo che non so se l'hai scritta tu>>.

<<Dimmi il titolo>>.

<<All too well>>, rispondo senza bisogno di pensarci. È la canzone che mi dà più carica in assoluto.

Mi osserva. <<Non me lo aspettavo>>, commenta. <<Ed è mia. L'ho scritta una notte, mentre ero in tour e non riuscivo a dormire per l'adrenalina post concerto>>.

<<Mi piace ascoltarla prima di una partita>>, confesso. <<E' la mia canzone scaramantica. Non la cambio da tre anni>>.

<<Allora, per questa occasione speciale, domani prima della partita te la canterò dal vivo>>.

Sgrano gli occhi. <<Davvero?>>.

<<Davvero>>, conferma. <<Solo per te>>.

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MEGA SPOILER: PREPARATEVI AI PROSSIMI CAPITOLI! VOLERANNO SCINTILLE!

QUALCUNO COME MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora