Sono a pezzi. Mi fa male alla parte bassa della schiena, i muscoli stanno urlando per lo sforzo a cui li sto sottoponendo in una sessione in palestra e ho i brividi freddi sulla fronte.
Non sto affatto bene.
Barcollo verso la panca dove mi aspetta il bilanciere. Due serie da venti e poi per questa mattina il mio lavoro è finito.
<<Ehi, Micah, tutto bene?>>, mi chiede il nostro preparatore, William.
<<Sì, mi sento solo strano>>, rispondo, distendendomi sulla panca. Mi sento completamente senza forze.
Si avvicina. <<Strano in che senso?>>.
<<Mal di schiena, brividi, mal di testa>>, spiego rapidamente.
Incrocia le braccia al petto. <<Hai la febbre, Hudson. Fila a casa e mettiti a letto che sabato siamo in trasferta. Avviso io i coach>>.
Eseguo gli ordini e raccolgo il mio borsone dallo spogliatoio prima di filarmela a casa. Non so nemmeno se ho un termometro da qualche parte, ma William ha ragione. Correre sotto la pioggia ieri è stata una pessima idea.
Una volta a casa, chiudo i balconi e mi infilo a letto così come sono, con ancora i vestiti per la palestra. Non ho la febbre da una eternità ma ricordo bene che ci si sente un vero schifo. In poco tempo mi addormento o svengo, non mi è chiaro.
Quando riapro gli occhi, la sveglia nel mio comodino segna le sette di sera. Ho dormito praticamente dieci ore. La febbre sembra ora essere un pochino scesa, ma mi sento ancora come una gigantesca gelatina.
Prendo il telefono che ho buttato nel letto ore fa e leggo le notifiche. C'è una chiamata persa di Ava e due suoi messaggi.
AVA: EHI, TI HO CHIAMATO PER CHIEDERTI SE TI ANDAVA DI BERCI UN CAFFE' ASSIEME VISTO CHE MI E' SALTATA UNA LEZIONE.
AVA: OK, SEI STRANO DA IERI. MI DICI PERCHE' ORA MI IGNORI?
Oh, no. Pensa che la stia ignorando di proposito dopo il mio atteggiamento da vero stronzo di ieri. Non potrebbe essere più lontana dalla verità. Le rispondo subito.
MICAH: SCUSA SE NON TI HO RISPOSTO. NON TI STO IGNORANDO. HO DORMITO PER DIECI ORE. HO LA FEBBRE ALTA.
Visualizza il messaggio e non risponde. Okay, a che gioco stiamo giocando? Passa mezz'ora e ancora nessuna notizia da parte di Ava. Mi fa incazzare.
Apro la chat di gruppo della squadra e controllo gli aggiornamenti del giorno da parte del coach. Niente di nuovo. Non mi sono perso granché a parte il fatto che odio non allenarmi.
Il campanello di casa suona al piano di sotto e mi alzo con calma dal letto. Chiunque sia, farà meglio ad andarsene o potrei attaccargli il mio malessere. Mi vibra il telefono fra le mani mentre sto facendo le scale.
AVA: APRIMI, SONO IO.
Volo giù per le scale, apro la porta e quando me la ritrovo davanti per poco non cado faccia a terra. Niente vestiti larghi. Indossa una felpa e un paio di leggings neri che le fasciano le gambe come guanti. Una. Cazzo. Di. Dea. E poi quegli occhi azzurri. Illegali.
<<Ehi>>, la saluto, ritrovando l'uso della parola.
Solleva una borsa di plastica davanti al mio viso. <<Porto provviste>>.
Mi faccio da parte per farla entrare. <<Non dovresti essere qui. Potrei attaccarti la febbre>>.
Mi tira una pacchetta sui pettorali ed entra. <<Non importa>>. Va in direzione della cucina e la seguo. Appoggia tutto sopra il tavolo. <<Ti ho portato: ibuprofene per abbassare la febbre, zuppa di pollo>>, e poi si gira a guardarmi. Solo che io mi sono perso.
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QUALCUNO COME ME
RomanceNon era nei miei piani innamorarmi di lui, del suo sorriso. Della sua risata. O dei suoi incredibili occhi neri. Non era nei miei piani pensare costantemente a lui. Sognarlo la notte. Non era nei miei piani soffrire per lui. Non era nei miei piani d...