66. June

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 Il mio bellissimo quarterback è in piedi, di fronte a me e sta piangendo.

Non avrei mai pensato di vederlo così a pezzi. Mai. Eppure anche quelli più forti crollano e lui lo sta facendo proprio adesso. Si aggrappa al muro e mi guarda incredulo.

<<June>>, sussurra piano.

Mi alzo dal letto a fatica -ho una brutta contusione alle costole- e gli vado incontro. Zoppico un pochino, ma sono stata fortunata. Almeno sono tutta intera sta volta. A parte qualche livido.

Spalanca le braccia ed io mi rintano contro di lui. Chiudo gli occhi, ispiro il suo profumo e finalmente i miei muscoli si rilassano. Il suo corpo è scosso dai singhiozzi e le sue lacrime mi stanno bagnando la tempia, ma non mi importa.

<<Cazzo>>, dice stringendomi piano. <<Cazzo>>, ripete.

Sorrido. <<E' l'unica parola che sai dire?>>, lo prendo in giro.

Scuote la testa. <<No>>, risponde facendosi un po' indietro per cercare i miei occhi. <<Ti amo, cazzo>>.

Scoppio a ridere. <<Ora va meglio>>.

Mi solleva dal pavimento e mi ritrovo sospesa per aria per qualche secondo prima che mi appoggi con delicatezza sul letto. Gli asciugo le lacrime sulle guance mentre lui appoggia la fronte contro la mia. È uno straccio, ma resta sempre il ragazzo più bello che io abbia mai visto.

<<Ho avuto così tanta paura di perderti che...>>, ma non riesce a finire la frase. Sappiamo entrambi cosa vuole dire.

<<Sono qui>>, lo rassicuro. <<Sto bene a parte qualche botta>>.

<<Quando non ho più sentito la tua voce al telefono e subito dopo c'è stato quel botto assurdo, sono impazzito, June>>.

Gli accarezzo il viso dolcemente. <<Mi è caduto il telefono e sono finita contro l'albero>>.

<<Ho visto la macchina. Come è possibile che tu stia bene?>>, ragiona ad alta voce.

Guardo verso il soffitto. Grazie, Rowan. <<Credo che qualcuno lassù mi abbia protetta. Sai, c'è una cosa importantissima che devo dire ad una persona e non potevo andarmene senza avergliela detta>>.

La mano con cui mi accarezza la schiena si blocca. <<A chi devi dire questa cosa?>>, domanda, senza capire. Si legge la confusione nei suoi occhi scuri.

<<A te>>.

<<A me?>>, ripete. Annuisco in risposta. Sto già sorridendo. <<E cosa devi dirmi?>>.

O la va o la spacca, no? <<La sera in cui sei sparito mi hai detto una cosa>>.

Distoglie lo sguardo. <<Non vado fiero di quello che ho detto e ho fatto quella sera>>.

<<Capisco perché te ne sei andato>>.

Scuote la testa. <<Dovresti essere arrabbiata>>.

Lo sono stata. Per un po'. <<Non lo sono>>.

<<Mi dispiace per quella notte>>.

Bacio l'angolo delle sue labbra. <<Lo so>>, dico convinta. Vedo quanto è pentito. <<Però mi ha fatto pensare. Ti ricordi cosa mi hai detto?>>.

<<Ti amo, ma non so se tu sarai mai in grado di ricambiarmi>>, ripete la stessa identica frase che ha pronunciato quella sera. <<Intendi questo>>.

QUALCUNO COME MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora