2 - Buonanotte - 🌒

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(Pov Victor)


Fine della festa. Jason Davis è l'ultimo a varcare la soglia e a sparire in fondo al viale.

«Diamo una ripulita?» Blake si sistema i polsini del maglione troppo largo.

«Abbiamo i domestici, ci penseranno domani mattina.» La liquida Jonas.

Mi passo una mano sugli occhi e sbadiglio. «Allora ce ne andiamo a casa, grazie della festa.»

«Restate a dormire.» Non è una domanda la sua.

Alzo la testa: «Dormo qui da una settimana.»

Jonas rientra in casa, si stiracchia nell'ingresso, al centro di tanti sguardi austeri appesi alle pareti tra le cornici ricoperte d'oro. «Se dormi qui da una settimana significa che non ti fa proprio schifo, no?»

Non ha tutti i torti.

Camminiamo dietro di lui, Blake mi si butta addosso come fanno i gatti. I suoi occhi ridono, le labbra le spariscono in bocca. I capelli scuri ricadono in ciocche disordinate intorno al viso. Allungo una mano per sistemarli, lei si ferma davanti alla finestra e cerca il suo riflesso:

«Dio, l'umidità me li ha ridotti uno schifo.»

Jonas si volta, sorride: «Tanto stiamo andando a dormire.»

Lei continua a passarsi le dita nella chioma, la schiaccia, ora quelle ciocche somigliano a rivoli d'inchiostro che scorre contro il bianco della pelle. Non so perché li tinga. Da bambina era di un biondo chiarissimo. Si è ricoperta di nero. Non solo i capelli. Sembra quasi che ci tenga, a sporcarsi.

A sparire.

La sua luce detesta brillare.

Percorriamo il corridoio, tra un'ala e l'altra della casa senza accendere la luce. Le finestre lasciano entrare l'oscurità fluttuante del giardino, i giochi di ombre che si susseguono tra le foglie. Vetri da un lato e dall'altro. È come essere fuori, ma senza tutto quel freddo.

«C'è una stanza libera in fondo al corridoio.» Jonas la indica, Blake scuote la testa.

«Dormo con Victor.»

«I miei non ci sono, fate il cazzo che vi pare.» Un sorriso strano gli disegna le labbra, alza la mano e la agita: «Au revoir.»

Gli occhi di Blake lo seguono finché non scompare nella sua stanza. Aggrotta le sopracciglia e si volta verso di me: «Ma pensa che scopiamo?»

Scoppio a ridere.

«Perché, lui pensa?» Ride anche lei.

«Dai, non essere stronzo, ti vuole bene.»

«Gli voglio bene anch'io.»

«Ma?»

Apro la porta della stanza in cui dormo da troppe notti, lei mi viene dietro.

«È un coglione.»

Ma tu non lo pensi, vero Blake? A te lui piace.

Mi incanto a fissare un punto davanti a me, tra il letto e la cassettiera. La rosa dei venti sul pavimento di legno, ne percorro le punte con gli occhi.

«Che c'è?» La voce di Blake risuona nella stanza. Si butta di peso sul letto e i cuscini sobbalzano.

«Niente.» Sorrido.

«Sai che non puoi farlo.»

«Cosa?»

Si mette a sedere issandosi sui gomiti: «Dirmi le cazzate.»

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