57 - Nella casa del mostro -

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(POV Victor)


⏪ Rewind


La notte del furto dell'uovo.


Apro gli occhi nel buio più fitto, ogni battito pulsa sotto la pelle, tra i muscoli e quasi fa male. Male, come tutto il resto.

Sono immerso in una densa assenza.

Vuoto cosmico.

Mi ci vuole un istante per ricordare dove sono, ci pensa il corpo a delineare il promemoria dell'incubo. Un dolore sordo preme contro il petto, strappa via il fiato. Provo a muovermi, ogni parte di me sembra opporsi, pietrificata.

Mi scuoto, cerco di mettere a fuoco lo spazio, ma tutto attorno resta in ombra, avvolto in un alone opaco e grigio. La nausea mi serra lo stomaco. Sale, brucia. Il respiro si fa corto, diventa l'ennesimo sforzo, il mio corpo sembra gridare contro ogni movimento. Serro i denti ed evito di emettere il più flebile suono. C'è un odore acre e dolciastro nella stanza, lo stesso del sudore che mi incolla la pelle e quello dell'alcol che Gideon ha buttato giù mentre... deglutisco.

Mentre.

Un malessere vischioso mi si appiccica addosso, si mischia al sudore, alle tracce di sangue.

Sono sporco. La pelle ha assorbito qualcosa di lui. Mi si è infilato nel corpo, nei tagli, attraverso i colpi di cinghia. Mi tremano i muscoli, e non c'entra il dolore. Eppure mi avvinghia. È ovunque, in ogni parte svuotata del corpo.

Sono vuoto, eppure pesante, un guscio che si trascina per inerzia.

Gli occhi stanno aperti a stento, muovo le mani nel buio, percorro un cavo, trovo un pulsante. Al click dell'interruttore la luce mi trafigge crudele. Mi alzo, incespico, i piedi scivolano sul pavimento freddo. La nausea risale, e con lei una rabbia cieca ribolle, contro tutto ciò che sono e che ho lasciato che mi accadesse.

La luce della stanza scivola su di me, impietosa. Mi mostra ogni cosa. Ogni centimetro di pelle segnata. Un paesaggio di tagli.

Allungo la mano sul costato, dove il dolore pulsa più forte, qualcosa sembra volermi sfondare il torace da dentro. Mi chiedo se sia tutto a posto, se le ossa siano ancora dove dovrebbero essere. Se la carne intorno abbia protetto abbastanza quello che c'è sotto.

Raccolgo la camicia e la lascio scivolare sulle spalle, mi scivola sopra con la delicatezza della carta vetrata. È una tortura il tessuto sulla pelle, sulle bruciature del suo sigaro. Mi torna su un altro conato. L'odore della pelle bruciata. Carne che cuoce.

La mia.

Chiudo i bottoni e mi arriva ogni singolo taglio, ogni abrasione. Muoversi senza mettermi a urlare diventa la sfida del giorno. Trattengo il respiro per un secondo di troppo e quasi tossisco.

Devi fare piano. Non devi farti sentire dal bastardo.

Lui dov'è?

Vorrei solo andarmene. Solo che, se lo faccio, sarà stato tutto inutile.

La luce nel corridoio è accesa. Gideon... un flash, lo rivedo uscire da quella porta, stanco di giocare. Troppo ubriaco. La bottiglia che oscilla tra le sue dita, il liquore che schizza fuori. Deve essersi addormentato, sarà crollato sotto il peso del whisky. Respiro piano, forzo l'aria nei polmoni e calcolo ogni passo.

Sto in piedi a fatica, e i muscoli tremano. Cammino verso la porta e la supero. Il corridoio mi si apre davanti.

Sto andando nella direzione opposta a quella che attira i miei passi. Vorrei scendere le scale, attraversare la porta d'ingresso e correre. Correre come un pazzo fino a sbattere contro la porta di casa. Invece no. Raggiungo la sua stanza, la porta è appena socchiusa, come se mi aspettasse. Un invito storto che ha la forma di uno spiraglio. Inspiro a fondo, trattengo l'aria. i miei denti battono.

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