42 - Annientamento -

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(POV Blake)

Si avvicina, passi leggeri, che sembrano martellare sul pavimento della mia testa. Si ferma di fronte a me, così vicino che posso sentire il suo respiro di menta sfiorarmi il viso. «Quale sarebbe l'emergenza?» il tono basso, indifferente.

I miei occhi restano fissi nei suoi, le parole mi si bloccano in gola. Perché l'ho chiamato? Non riesco a staccarmi dal suo sguardo, da quella sfumatura di gelo che si staglia tra di noi, più tagliente che mai. Le mie labbra si muovono prima che io possa fermarle. «Sto di merda senza di te.»

Che idiota che sono.

Si ferma, mi osserva, e per attimo un prego che possa essere gentile. Ci spero. Imploro un Dio in cui non credo. Vaneggio senza muovere le labbra. Sorride, quel sorriso che è più una lama, e taglia senza che lui se ne accorga. «Non sembravi stare di merda mentre Jonas ti scopava contro la finestra.»

Abisso.

Quelle parole sono veleno. Cianuro in un bicchiere d'acqua che bevo tutto d'un fiato, fino a farmi blu pure il sangue. Divento una principessa triste che si chiude nella torre da sola. Raperonzolo in esilio.

Eppure lui mi guarda e vede una strega.

Qualcuno che racchiude tutto il male della terra.

Io sono l'unico che ti ama.

Il fiato mi si spezza, anche se non voglio dargli la soddisfazione di vedermi cadere. «Quanto sei stronzo,» sussurro, abbasso lo sguardo, come se potessi nascondermi da quello che provo.

Victor si avvicina ancora, il suo corpo sfiora il mio. Allunga una mano, e mi stringe una coscia attraverso il pigiama. Il freddo delle sue dita mi entra nelle ossa, mi fa rabbrividire. «Credo di essere piuttosto normale, Blake. Mi piace una persona e vorrei starci insieme.» abbassa la testa. «Sai, quei sogni banali e romantici che hanno tutti?» si strofina le palpebre con la mano, come se gli facesse male alla vista avermi davanti. «Quella strana direi che sei tu.»

Mi sistemo meglio sul letto, cerco di sfuggire alla sua presa e di non farmi travolgere da ciò che mi smuove il petto, la pancia. Dal subbuglio che ho in corpo. È come se i pezzi di me non riuscissero più a combaciare. Le sue parole mi riversano addosso un senso di sudicio, sono ricoperta di fango. In fondo a una fogna. Victor spinge il pollice contro le mie labbra, senza pensare lo accolgo in bocca, lo succhio, lecco il suo dito, i miei occhi restano nei suoi, in quell'angolo di buio in cui le sue iridi risplendono.

Jonas dice che ti amo ancora. Che non ho mai smesso. Le mani si stringono a pugno intrappolando le lenzuola.

Apro la bocca, prendo fiato. Quel dito resta sul bordo della mia bocca.

«Jonas dice che ti amo ancora,» le parole escono come una condanna. «Che non ho mai smesso.»

Victor ride piano, un suono amaro e triste. «Il tuo ragazzo sta peggio di te.»

Scuoto la testa, la rabbia si mescola al dolore. «Joh ti vuole bene.»

Victor alza un sopracciglio, e vedo un lampo di qualcosa nei suoi occhi. «Se non gli volessi bene anch'io, l'avrei già seppellito in giardino.»

Sbatto le palpebre, cerco di trattenere il caos che si dibatte dentro. Victor non può capire. O forse capisce tutto troppo bene.

Forse è tutto troppo strano.

«Che vorresti, Blake?» mi chiede, come se ci fosse una risposta che potessi dargli. Qualche parola messa in fila che non lo mandasse fuori di testa. Che non mi facesse sembrare ancora più pazza.

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