(POV Jonas)
La sala d'aspetto del pronto soccorso è un limbo, tutto è immobile e l'aria pare un tappeto elastico su cui l'ansia si lancia e torna indietro per colpirti in faccia. Le pareti di un grigio che ti toglie ogni voglia di pensare e sentire. Le sedie rigide, di plastica verde, gelide nonostante l'aria condizionata che soffia calda da una bocchetta mezza rotta proprio sopra le nostre teste.
Victor è seduto accanto a me, si dondola avanti e indietro, le gambe non smettono di muoversi. Non dice niente. Io nemmeno. C'è troppo da dire e niente da dire allo stesso tempo. Ogni volta che apro la bocca, le parole si bloccano e finisco per inclinare la testa verso di lui con le labbra socchiuse.
Blake è lì dentro. Da qualche parte in una di quelle stanze sterili, nell'odore di disinfettante che sembra coprire tutto, ma non cancella niente.
L'infermiera non ci ha detto un cazzo.
La stanno ancora visitando. Aveva quella calma assonnata che ti fa venire voglia di urlare. Quando sapremo qualcosa, vi informeremo.
Ma non ci hanno informato di niente. Non ci hanno detto niente.
«Perché non ci dicono un cazzo?» sibilo sottovoce, cerco di non farmi sentire dalla segretaria che continua a digitare sul computer come se non fossimo qui, come se non stessimo aspettando di sapere se Blake è ancora viva o se le scaveranno una fossa sulla collina, tra i cipressi.
Victor scuote la testa, i suoi occhi sono fissi sul pavimento.
«Non siamo suoi parenti, non ci diranno niente.» la voce bassa, spezzata. C'è qualcosa di rotto in lui. Ma forse siamo tutti rotti, in questo posto.
Braccia, gambe, lesioni interne. Pensieri.
«Perché non me lo hai detto prima?»
«Suo padre è a pochi minuti da qui, sta arrivando, se c'è da dire qualcosa la diranno a lui.»
Ecco a chi scriveva.
Sto per rispondere, quando la porta della sala d'aspetto si spalanca. Un uomo entra di corsa. Ludwig. Il padre di Blake. Passi pesanti, affrettati, come se stesse correndo contro il tempo. Si volta a destra, a sinistra, ci vede.
Victor si gira di scatto. Ludwig va dritto all'accettazione, la sua mano si aggrappa al bordo di marmo come se fosse l'unica cosa che lo tiene in piedi. Sembra più vecchio, consumato, i capelli un disastro, il corpo un fascio di nervi.
«Dove... dov'è mia figlia? Blake Evans» gli esce una voce strozzata, implorante. Quell'agitazione mi si riversa addosso, diventa tutt'uno con la mia.
Io e Victor ci alziamo, sincroni, ci avviciniamo al bancone. Forse a lui diranno qualcosa di più, quello che non hanno detto a noi.
Forse tutto sta per sprofondare nel baratro.
Noi tre in un buco nero di disperazione.
Aspetto la sentenza dalle labbra della tizia dall'altro lato della barricata.
Lo sguardo dell'infermiera si fa più morbido, ma c'è ancora quel velo professionale che non lascia trapelare niente.
«La stanno ancora visitando, signor Evans.» di nuovo quella calma innaturale. «Appena possibile potrà vederla, ma al momento è sconsigliabile. Le assicuro che è nelle migliori mani.»
Sconsigliabile.
Ludwig annuisce, sul suo viso una maschera di tensione distorce i lineamenti. Si gira piano, come se fosse in trance, quattro passi e si lascia cadere su una delle sedie verdi. Il suo corpo sembra afflosciarsi, come se tutta l'energia l'avesse lasciato. Si fissa le mani e subito le lascia scomparire in tasca.
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BURNING
Romance🌶️🔞 Storia altamente sconsigliata a un pubblico minorenne 🔞🌶️ Ogni storia di perdizione comincia con un desiderio e BURNING è una storia che brucia, di un desiderio così assoluto da divenire mostruoso. Blake, Victor e Jonas hanno diciotto anni...