(POV Blake)
La notte scivola addosso silenziosa e si appiccica alla pelle come un lenzuolo umido. Stringo la carta stropicciata del biglietto tra le dita. Ha i bordi leggermente ingialliti come se fosse stato strappato da un vecchio quaderno, e la calligrafia della madre di Maggie è un ammasso di lettere irregolari, scarabocchiate in fretta, senza alcuna cura. L'indirizzo è segnato con un tratto nervoso, le parole si inseguono, calcate tra le righe.
Il quartiere che mi si para davanti è lontano anni luce da quell'inferno squallido dove ho avuto il dispiacere di conoscere il padre di Maggie. Le case qui sono tutte identiche, pulite, immacolate, immerse in giardini curati e intervallate dal verde dei prati e delle chiome delle conifere. il loro verde è così strano. Una distesa d'argento che pare un incanto. Il silenzio cola dal cielo e sotto la sua coltre sparisce ogni possibile imperfezione. La luce dei lampioni duplica le cose, ne proietta l'essenza oscura intrappolata all'interno, in ombre lunghe che strisciano sui marciapiedi. Le pozzanghere riflettono i bagliori delle lampadine, e le finestre della case, illuminate di giallo, somigliano a occhi geometrici. Non c'è un rumore che tradisca la presenza di vita, solo il cigolio distante di una bici, e il fruscio lontano di qualche auto che scivola sull'asfalto umido.
Mi fermo davanti al citofono. La mia mano esita, sospesa a mezz'aria, come se premere quel pulsante fosse una fatica immensa, un'azione che potrebbe cambiare tutto.
Cambierà tutto?
Respiro a fondo e, quando finalmente lo faccio, un piccolo trillo metallico rimbomba nel silenzio.
«Sì?» La voce dall'altra parte è strana, ha un lieve accento dell'est. «Chi è?»
«Blake... sono Blake, Maggie è in casa?»
Un breve silenzio. Poi un clic, e il portone si apre. Maggie non tarda a comparire, la sua sagoma si staglia nell'ombra della porta che si chiude alle spalle. Non dice una parola. Il suo viso è una maschera immobile, gli occhi opachi colmi di sdegno. Camminiamo fianco a fianco, senza una direzione precisa, un parco si intravede al di là della strada. Ci infiliamo lì, tra le siepi, sotto gli alberi. Ogni tanto una goccia si stacca dalle foglie e precipita giù. I nostri passi affondano nel terreno troppo morbido, perennemente bagnato. Il vento freddo sferza i volti di qualche passante, solleva i capelli di tutti, anche i nostri.
Il parco è quasi vuoto, a parte qualche ragazzo che gioca a basket sotto la fioca luce artificiale. Il rumore del pallone che rimbalza sullo spiazzo di cemento è ritmico, ipnotico, in lontananza un cane si scrolla l'acqua di dosso accanto a una panchina.
Ci sediamo sulla panchina di legno, ruvida sotto le dita, fredda come la notte che ci avvolge.
Quella che mi divora dal giorno dell'uovo.
Dal giorno in cui ho fatto a brandelli quello che restava del legame con Victor.
Mi stringo nel giubbotto. Maggie resta immobile, le mani serrate tra le ginocchia. Ci guardiamo, lei scuote la testa, le sue labbra si curvano in modo asimmetrico. Quando fa così somiglia a Joey Potter, ha la stessa fossetta sulla guancia. Mi guarda, come se mi vedesse attraverso.
«Sai,» la sua voce è appena un sussurro, «pensavo che tu avessi qualcosa... che lui ti amasse per un motivo.» Si ferma, si morde il labbro inferiore, il silenzio che segue è lunghissimo. «Pensavo che fossi migliore di me, anche se io non riuscivo a vederlo e nemmeno a capirlo...»
Il mio sguardo si abbassa. Mi ritrovo a fissare il fango. Voglio rispondere, dire qualcosa che abbia senso, ma non c'è niente che abbia senso dire. C'è qualcosa di fin troppo vero in quello che dice, qualcosa che mi si incastra nella testa insieme a tutto il resto.
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BURNING
Romance🌶️🔞 Storia altamente sconsigliata a un pubblico minorenne 🔞🌶️ Ogni storia di perdizione comincia con un desiderio e BURNING è una storia che brucia, di un desiderio così assoluto da divenire mostruoso. Blake, Victor e Jonas hanno diciotto anni...