Victor si alza dal divano, un movimento fluido che taglia l'aria come un coltello. «Andiamo di sopra,» voce bassa, incisiva. «Nel salottino privato, dove tua madre gioca a bridge e tiene gli alcolici migliori.»
Lui, che vuole ubriacarsi?
Blake lo fissa, gli occhi azzurri scintillano, sorride.
Sprofondo nella mia poltrona, accarezzo il velluto sotto le dita. Chi sono io per dire di no?
Lei mi si avvicina, mi porge la mano, le dita sottili e fredde toccano le mie. La afferro, o lei afferra me, mi alzo. Saliamo le scale, il rumore dei nostri passi rimbomba in un'eco sgraziata. Forse sono già ubriaco. Ogni cosa ondeggia morbida, ovunque guardi.
Dal pianerottolo mi giro a cercare gli altri: sembrano zombie, persi tra il fumo e l'alcol, movimenti lenti e occhi spenti, figure di cera, innocue, inoffensive. Maggie e Cathe non si vedono più. Saranno collassate tra le spine di rosa, o accanto al corpo riverso di Travor. Che cazzo di gente. E no, non parlo dell'alcol e di come delirino prima di spegnersi. Parlo dell'inutilità che amanano.
Corriamo sù per l'ultima rampa.
Victor apre la porta davanti a noi e sgusciamo dentro, uno dopo l'altro. Le pareti rivestite di legno scuro sono coperte di quadri impressionisti e foto in bianco e nero. Un grande tavolo da gioco domina la stanza, circondato da poltroncine imbottite. L'odore del cuoio e del legno lucidato si mescola a quello delle bottiglie di liquore allineate sulle mensole, un altare di decadenza: quella della mia famiglia. Svuotata di tutto, devota al denaro, a un lusso che nemmeno compre.
Vic attraversa la stanza, prende una bottiglia di bourbon che sembra vecchia quanto questa casa. «Qualcuno vuole un drink?» La sua è più una dichiarazione che una domanda. Non aspetta davvero una risposta, riempie tre bicchieri, il liquido ambrato scivola lento nella sua promessa di oblio e noi ci affidiamo a quel giuramento.
B. si siede sulla poltrona vicino alla finestra, la luce calda illumina i suoi capelli scuri e li fa risplendere. Prende il bicchiere che Victor le porge, le dita sfiorano le sue in un contatto che dura un istante. Qualcosa muta nello sguardo di entrambi, e forse anche nel mio. Mi siedo di fronte a lei, il vetro stretto tra le mani e gli occhi attenti. Lui si sistema sul bracciolo della poltrona di lei.
Nonostante quello che mi ha detto non ci riesce...
Non può starle lontano. Quel modo che ha di cercarla mi accarezza i sensi eppure mi incendia le sinapsi.
Resto in silenzio a contemplarli, come fossero un quadro. E lo sono: sono l'opera migliore esposta qui dentro. Le parole a un tratto risalgono su, come fa l'alcol quando esagero. «Non riesco più a dipingere.» Non so perché lo dico, nè cosa mi aspetto che rispondano.
Blake si rabbuia: «Perché?»
«Non lo so, ma è un mese che non prendo in mano i pennelli.»
Victor volta altrove lo sguardo. Pare quasi che lo metta in imbarazzo parlare di arte. Butta giù un sorso di liquore e mi ignora.
Lei si appoggia allo schienale imbottito. «Almeno tu hai combinato qualcosa, io non sono riuscita a scrivere nemmeno un testo.» Beve anche lei. «Ho pezzi di brani, un paio di accordi, ma niente di decente.» Si tocca la punta del naso. «E comunque è tutta roba vecchia.»
Victor si alza, cammina fino alla finestra. Guarda fuori, verso il giardino.
Mando giù, il liquore brucia in gola, una sensazione di calore che si diffonde nel petto. Blake si alza, gli va accanto. Le sue dita tamburellano contro il vetro, i suoi occhi scrutano fuori.
La luce disegna ombre intricate sul suo profilo. «Ho visto un senzatetto per strada,» dalle labbra le esce un sussurro che attraversa la stanza. «Aveva un cartello: diceva che il mondo sarebbe finito.»
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BURNING
Romance🌶️🔞 Storia altamente sconsigliata a un pubblico minorenne 🔞🌶️ Ogni storia di perdizione comincia con un desiderio e BURNING è una storia che brucia, di un desiderio così assoluto da divenire mostruoso. Blake, Victor e Jonas hanno diciotto anni...