32 - Argilla - 🏺

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(POV Victor)

Fuori dalla casa di Jonas, gli spazi si espandono di nuovo, come l'aria buttata fuori dai polmoni in un respiro trattenuto troppo a lungo. Mi pare ancora di stringere Blake, ho il suo calore sotto i polpastrelli e quel profumo di ciliegia ancora dentro. Eppure, è Maggie che mi prende sottobraccio. La sua presa sicura, quasi possessiva, si incastra a me e pare dirmi "sei mio". Ci stringiamo nei nostri cappotti, il tessuto spesso ci separa dall'inverno spietato che si abbatte sulla strada. Camminiamo fino alla fermata del bus giù all'angolo.

Londra è un organismo vivente, che non rallenta neppure col gelo. Un'entità che respira e pulsa. Il cielo sopra le nostre teste è un mare di nuvole grigie ingarbugliate dal vento, lo stesso che sferza le nostre guance e porta con sé l'odore acre della pioggia imminente. Maggie sotto al cappotto indossa i miei vestiti. Mi fa strano, una commistione di intimità e un sentimento che sa di fastidio. Io addosso a lei, il suo odore che impregna i tessuti dei miei abiti. Non so se questo può piacermi. Mi sa di scomodo, come un guanto indossato al contrario.

Arriva l'autobus, l'ammasso di ferraglia si avvicina con un ruggito sordo. Le porte si aprono nel solito sibilo. Salgo per primo, seguito da Maggie. Ci immergiamo nel microcosmo umano, del ventre di questa specie di balena su ruote di gomma.

«Sembrano cetacei...» Mormoro a mezza bocca.

«Cosa?»

«Gli autobus.»

Maggie ride e scuote la sua testa bionda. Blake sarebbe stata d'accordo. Lo siamo sempre, quando non si tratta di noi due.

Un calore umido mi si appiccica addosso. In quest'aria c'è il fiato di tutti, il calore dei corpi accalcati tiene fuori il freddo

Il pavimento di gomma vibra sotto i nostri piedi non appena il mezzo riprende la corsa. Il tragitto da Hampstead fino al centro di Londra dura meno di venticinque minuti se la strada è libera, ma non se è la vigilia di Natale. Fuori dai finestrini, gli incroci si susseguono lenti, in un flusso di luci e ombre, mattoni rossi e grigi. Alla fine eccole: le insegne dei negozi che lampeggiano in una costellazione di neon.

Le persone tutto intorno a noi se ne stanno in silenzio, aggrappate ai loro pensieri. Qualcuno bisbiglia al telefono, le parole le inghiotte il rumore di fondo del motore. Una coppia di anziani si tiene per mano. Un giovane con le cuffie chiude gli occhi, la musica scorre invisibile nei suoi sensi. Stinge il walkman in una mano e con l'altra si tiene al sostegno.

l'autobus prende una curva stretta e il corpo di Maggie mi arriva addosso. I suoi capelli mi sfiorano il viso assieme al profumo dello shampoo con cui stanotte le ho lavato i capelli. Me la rivedo in frantumi sotto il getto della doccia, con ancora i vestiti addosso.

Cerco la sua mano e la stringo. Un gesto meccanico, quasi un riflesso.

«A che pensi?» la sua voce si perde nel movimento rotondo delle ruote che scorrono sull'asfalto.

«A niente di particolare.» E mentre lo dico mi accorgo di mentire. Penso a Blake nell'esatto istante in cui pronuncio l'ultima sillaba. Penso al modo in cui mi ha guardato prima che uscissi dalla porta con Maggie. Penso a Jonas, al suo sguardo su di noi, appena usciti dalla camera da letto. Penso a tutte le cose che abbiamo detto. Ai desideri inconfessabili che mi tormentano e che legano noi tre in modo incomprensibile.

Noi tre. Deglutisco. È come se fossimo caduti insieme in una vasca piena di colla. Ci dimeniamo, eppure non riusciamo a uscirne.

Altra fermata, altre persone che salgono. Un gruppo di ragazzi ride e scherza, avranno pochi anni meno di noi, ma sembrano avercela ancora addosso l'innocenza. Che ne abbiamo fatto, noi, della nostra? Passo da loro al vetro, il paesaggio urbano si srotola davanti a noi. I viali di Hampstead lasciano il posto ai palazzi austeri di Camden, poi alle strade trafficate di King's Cross. Un'odissea di pochi chilometri che sembra durare un'eternità. Le luci di Piccadilly Circus si avvicinano, la luce del sole svanisce e una cascata di colori elettrici illumina la notte. Maggie mi tira per la mano, le porte si spalancano. Scendiamo, l'aria fredda ci arriva in faccia, di nuovo.

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