La notte è stata agitata. Incubi e risvegli continui. A giudicare dall'espressione di mia madre non deve essere stato meglio per lei. Ho tutta la faccia indolenzita e rossa e gonfia, soprattutto a destra. Davanti allo specchio si vede meglio, non è stato solo lo zigomo a battere contro il vetro, anche l'estremità del sopracciglio appare gonfia e appena escoriata.
E anche i muscoli sono sensibili e dolenti, forse a causa della nuotata in preda a paura e tensione. Adesso provo un senso di spossatezza.
Spazzolo i capelli, in più zone li vedo tutti spezzati. Acconcio una treccia morbida che lascio scendere davanti.
Mi sdraio sul divano in soggiorno mentre la guardo muoversi per la casa. Mamma sta per uscire, vuole andare all'ufficio postale per inviare un telegramma a papà. Lo devo informare, ha detto.
Ma telefonerà domani, l'ho informata io, ma lei ha ribadito che questa cosa è troppo grave e lui lo deve sapere subito.
Io non mi muoverò da qui, il solo pensiero di mettere il naso fuori dalla porta mi terrorizza.
Il citofono suona proprio mentre mamma sta per aprire la porta. Scatto in posizione seduta.
Cerco il suo sguardo. «Chi è?» chiedo, allarmata.
Lei apre la porta e sbircia fuori.
«È Francesco».
Il cuore prende a battere forte in preda a un'improvvisa agitazione. «Non lo voglio vedere, mamma».
«Troppo tardi, ormai è qui», dice intanto che preme il pulsante della serratura del cancelletto esterno.
«Mandalo via!» Le ordino, poi, mi alzo in piedi e scappo a rifugiarmi in cucina.
Con le orecchie tese percepisco la porta che si apre di più, lui che entra e mamma che dice: «Sta di là» e prima di richiudere la sento aggiungere: «Se la fai piangere ti prendo a pugni».
I passi morbidi e lenti si avvicinano. Posso immaginare i sandali in cuoio, aperti dietro, che calza quasi sempre, con quella suola di gomma non fanno rumore quando cammina.
Trattengo il respiro. Le spalle sono rivolte all'ingresso della cucina; con le mani strette al bordo metallico e freddo del lavello, fisso davanti a me. Sta lì da sempre, il rubinetto ogni tanto lascia cadere una goccia a un ritmo costante, circa ogni dieci secondi. Mamma aveva detto che se ne sarebbe occupato papà e invece... Ma quello che vedo ora è solo un vuoto immenso, lo stesso che si è insediato nella mia anima.
«Alba...» mormora piano, alle mie spalle.
Lo sento muoversi nella mia direzione. Mi irrigidisco ancora di più, non riesco a voltarmi.
Si avvicina, ancora. «Alba...» La sua mano mi sfiora un fianco e si appoggia allo stesso bordo, accanto alla mia. Io le ritiro entrambe. Rimane fermo dietro di me, ne posso sentire il calore. La toglie anche lui, la vedo avvicinarsi al viso.
Mi sposto, non voglio che mi veda e non voglio guardarlo.
Lo sento sospirare, prende tempo, poi si muove ancora; appoggia le dita delicate sulla mia nuca scoperta. Avverto una scarica elettrica su tutta la pelle.
«Alba». Questa volta la sua voce è un sussurro appena accennato. Le stesse dita si spostano verso il collo, raggiungono la zona sotto il mento e con lentezza disarmante girano il viso verso di lui.
Io sono di pietra. Faccio resistenza e piego il capo verso il basso, ma con i capelli legati il colpo sul sopracciglio si vede. «Ma che cazz...» Mette l'altra mano su una spalla e mi gira completamente.
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Quell'Estate sull'Oceano
General FictionC'è Alba. Giovane, solare, con un approccio positivo alla vita, ma anche critico. C'è il suo amore per Bruno e la volontà di vedere realizzati i loro progetti insieme. Il clima sereno che le offre la sua famiglia la incoraggia a perseguire i suoi ob...