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Quanto mi piacerebbe stare tranquilla per un po' di tempo.

Invece no, la mia testa deve sempre rompere le uova nel paniere.

Per questo, dopo svariati attacchi di panico, ho deciso di chiamare Tommy.

Prendo due piccioni con una fava, visto che non usciamo insieme da un bel po' di tempo.

Abbiamo deciso di incontrarci una decina di minuti prima dell'inizio delle lezioni.

Per questo adesso siamo seduti nel retro della scuola, dove nessuno viene mai, a fumare.

«Dovrei seriamente iniziare a pagarti.» mi dice Tommy, dopo aver fatto cadere la cenere della sigaretta.

Lo guardo confusa.

«Non ti seguo.» lui accenna un sorriso, e mi stupisce.

«Mi fai da psicologa gratis, non va bene. Ogni lavoro deve venire pagato.» faccio una piccola risata e aspiro la nicotina nello stesso istante in cui lo fa lui.

«Beh, anche tu mi fai da psicologo, penso che siamo pari. Per stavolta puoi tenere il portafogli nella tasca.» lo vedo trattenere una risata.

Ma perché non si lascia mai andare?

«Adesso puoi spiegarmi meglio come mai gli attacchi di panico?.» lo guardo meglio e mi rendo conto di aver già finito la sigaretta.

Faccio per prenderne un'altra ma lui mi blocca tenendomi il polso.

«Facciamo che parli senza quelle, va bene?.» mi fermo e prendo una gomma da masticare alla menta.

Salvatrice per l'alito.

«E' stata una settimana stressante. I miei hanno voluto un resoconto di tutti gli ultimi voti presi, e non vado abbastanza bene per loro. In più abbiamo avuto tanti eventi e loro non hanno fatto altro che dirmi di essere presentabile, di accertarmi di sfoggiare il mio sorriso migliore, anche se finto. E sai cosa? hanno anche insistito per presentarmi un ragazzo, capito? hanno provato a farmi mettere con lui dicendomi cose positive sul suo conto. Poverino, anche lui era spinto dai suoi genitori, è stata una scena davvero imbarazzante.» vedo Tommy stringere la mascella quando finisco il racconto.

«E cosa...cosa è successo poi con quel ragazzo?.» aggrotto la fronte.

«Nulla, ovviamente. Abbiamo scambiato due parole, e ci hanno fotografati, ma niente di che. Figurati che anche i giornali ci hanno definiti amici, e sai come sono i giornalisti.» lui annuisce e sospira.

«Non preoccuparti per la loro reazione ai tuoi voti. Tu stai dando lo stesso il tuo meglio. Non farti influenzare dal loro stupido parere.» annuisco e la campana suona.

Ci incamminiamo insieme verso l'entrata, ma prima che possa andarsene, decido di abbracciarlo.

E' un ottimo amico e faccio davvero poco per dimostrarglielo.

Lui in un primo momento rimane rigido, ma poi mi circonda la vita con il braccio.

Sono la prima a staccarsi dall'abbraccio e gli sorrido subito dopo.

Ci dirigiamo verso le nostre classi.

Io vedo entrare Lara ed Evan e sorrido ad entrambi.

Si siedono come sempre alla mia sinistra e alla mia destra.

«Bellissima, che ci racconti?.» sfoggio uno dei miei migliori sorrisi che nascondono tutta la sofferenza e lo stress, e rispondo alla domanda di Evan.

«Le solite cose, cene di lavoro, feste di compleanno di persone di cui non so nemmeno il nome. Voi che mi dite?.» Evan sorride e guarda Lara con un'espressione complice.

Kiss me harderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora