63. [ e x t r a - 2 ]

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23 dicembre 2026






Joseph guardava con occhi spalancati e impauriti la ragazza al suo fianco, sperando e pregando affinché la sua bambina non subisse il più piccolo dei graffi. Questo, di conseguenza, lo portava a stare sull'attenti, facendo parecchio irritare Beatrice, che gli lanciava delle occhiataccia furiose.

«Jo ti giuro, la prossima volta che metti la mano sul volante, me butto contro n'palo!» ringhiò contro il ragazzo, che immediatamente la guardò.

«Famme scende' prima se hai intenzioni suicide, e, anzi, procurate n'altra macchina per farlo» le rispose con nonchalance, facendola sbuffare.

«Me metti ansia se me guardi e se ogni due per tre poggi la mano sul volante» sbuffò scoraggiata.

Lui sospirò. «Scusa amore, ma so' troppo affezionato alla mia bambina. La tengo da anni» si giustificò. «E poi non ostacolerei la tua splendida guida se solo tu non prendessi tutte le buche. So' serio, almeno ad una scansate».

«Ma tu non me dai manco er tempo de' spostamme!» ribatté stizzita.

«Meglio prevenire che curare, Bì» borbottò lui.

Beatrice, in risposta, mise la freccia e si accostò sulla destra. Erano un paio di ore che guidava l'auto nelle strade meno trafficate di Roma, e, per tutto il tempo, Joseph le era stato con il fiato sul collo.

«Che stai a fa' mo'? Perché ce semo fermati?» chiese confuso, guardandola.

«Perché me stai a rompe' er cazzo» rispose lei con nonchalance. «Davvero Jo, me metti ansia».

«Me spieghi almeno come diavolo te la sei presa 'sta patente? Te l'hanno regalata? Hai minacciato qualcuno? Dimme almeno questo» la prese in giro.

Lei fece appello a tutte le sue forze per non ridere. «Ho fatto quello che hai fatto te, imbecille» gli rispose. «Ho preso la patente appena ho compiuto diciotto anni, solo che poi non ho mai più guidato».

«E se vede, Bì — rise, ricevendo un leggero pugno alla spalla — O concedimelo. Du' guide fa neanche sapevi quali fossero i pedali» le ricordò.

«Pff so' stata impegnata co' la danza e penso ne sia valsa la pena» si giustificò. «E poi te sei pessimo come insegnante, Jo. Sei troppo teso» sbuffò.

«E mica c'ho tutti i torti. Mo' okay che economicamente stiamo bene, ma non c'ho tutta 'sta voglia de' anna' dal meccanico» girò il dito nella piaga.

«Ma capisci che non m'aiuti così? Me metti solo ansia e me fai passa' pure pe' la stupida che non capisce — si lamentò come una bambina — Se te anticipi ogni cosa che devo fa', non me farai mai impara'» concluse.

Lui sospirò, guardando teneramente il suo volto imbronciato. Capitava spesso che avessero battibecchi del genere - quindi per nulla seri - e li divertivano davvero parecchio. In particolare, trovava molto carina l'espressione infastidita che assumeva il volto di Beatrice.

«C'hai ragione. Però diciamo che te lo meriti dopo che m'hai tirato fuori dal letto alle nove di mattina il 23 dicembre. Potevamo sta' a letto a riposa'» era evidente il fatto che alludesse ad altro.

𝐍𝐔𝐕𝐎𝐋𝐀, holdenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora