40. ricominciare

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Tre giorni.

Erano passati tre giorni da quando le lacrime, i mal di testa, gli occhi tristi, le giornate no e l'umore a terra erano diventati la quotidianità di Beatrice, che pareva quasi andare avanti per inerzia sotto lo sguardo preoccupato di tutti i suoi amici, che, dovevano ammetterlo, senza la sua vitalità, sentivano un'aria strana e triste in casetta, nella quale regnava più silenzio che altro.

Beatrice stava visibilmente male, passando la maggior parte del suo tempo a piangere, che fosse da sola o insieme ai suoi compagni, che, non sapendo cosa dirle, si limitavano a starle vicino e a dirle che tutto sarebbe andato bene.

Tra esattamente tre giorni ci sarebbe stata prima puntata del Serale e Beatrice era tutto meno che pronta. Se prima non vedeva l'ora che iniziasse, in quel momento non si sentiva per nulla preparata e pronta ad affrontare un palco del genere, in quanto trovava difficoltà anche in sala, tant'è che era stata sgridata parecchie volte dalla Celentano - fino a un'ora fa, in realtà - che le aveva detto che, pur comprendendo la situazione in cui si trovava, doveva riuscire a lasciare i problemi fuori dalla sala, perché, nonostante sapesse a memoria tutte le coreografie, ballandole in quel modo, si doveva ritrovare a dare ragione a Raimondo: era un foglio bianco, una semplice ragazza che si limitava ad emulare dei professionisti.

Anche quelle parole erano state un duro colpo per la ballerina, che promise a se stessa che l'indomani le lezioni sarebbero andate meglio e che avrebbe lottato con tutta se stessa per non pensare a Joseph e a ciò che era successo.

Ma come poteva farlo?

Lui se n'era andato, e l'aveva fatto senza neanche salutarla. Semplicemente era rientrato in casetta, aveva fatto le valigie, ed era tornato nel suo appartamento a Montagnola, lasciando lei lì in preda alle lacrime e al dolore.

Da un lato non lo giudicava. Sapeva quanto soffrisse e quanto per lui la situazione, soprattutto dopo la convocazione di Rudy, fosse pesante. Joseph era impulsivo, tratteneva tutto, e, improvvisamente, esplodeva, come aveva fatto quel giorno, che, a causa della rabbia, aveva scelto la fuga. Se avessero parlato, Beatrice avrebbe senza dubbio cercato di fargli cambiare idea, ma se non ci fosse riuscita, lo avrebbe lasciato andare, però almeno lo avrebbe salutato e gli avrebbe parlato un'ultima volta.

Ed era questa la cosa che non riusciva a digerire: il fatto che fosse andato via senza parlare con lei e senza salutarla. Senza salutare la persona che, più di tutte, gli era stata accanto e aveva cercato di aiutarlo. Beatrice aveva fatto davvero di tutto, ci aveva provato almeno, e pensava di meritare un minimo di riconoscenza, anche per ciò che avevano condiviso e creato. Lei davvero pensava che il loro rapporto fosse speciale, puro, unico, per tutto quello che avevano affrontato insieme, ma Joseph, andandosene in quel modo, aveva rovinato tutto. Aveva rovinato il loro rapporto. Aveva rovinato lei. Perché Beatrice non stava affatto bene, anzi tutt'altro. Dire che fosse distrutta era riduttivo, e a farla stare peggio era il fatto che fosse stato lui a conciarla in quel modo. 

Però, appunto, non riusciva a dargli del tutto la colpa. Avrebbe tanto voluto odiarlo, davvero, sarebbe stato tutto più semplice se l'avesse fatto, ma non ci riusciva, e questo perché lei, in fondo, sapeva. Beatrice conosceva il suo dolore, la sua sofferenza, le sue ansie e le sue paure, e non poteva, in tutta onestà, incolparlo.

Solo lei sapeva.

Oltretutto sentiva profondamente la sua mancanza, anche delle cose più piccole. In generale, le mancava la sua presenza, la consapevolezza che, a fine giornata, dopo le lezioni stancanti, lui sarebbe stato lì ad accoglierla nelle sue braccia. Invece, da tre giorni a quella parte, a darle il bentornato in casetta c'era solamente il suo letto, luogo in cui, ormai, passava la maggior parte del tempo, ma lui non c'era.

𝐍𝐔𝐕𝐎𝐋𝐀, holdenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora