64.

8 0 0
                                    

"Vuoi unirti a noi?" Uno di loro mi si rivolge con una birra in mano. Hanno all'incirca vent'anni, forse meno.
"No, grazie," rispondo mentre continuo a camminare. "E comunque non sono un cane!" Dico con disappunto. Con loro ci sono solo due ragazze, ma entrambe sembrano essere occupate dai loro fidanzati.
"Dai, non fare la difficile. Sei sola. Almeno ti diverti un po'," insiste lui, alzandosi e venendo verso di me. Decido di fermarmi. Sotto la luce del lampione, mi rendo conto che non è così brutto come sembrava. È biondo, ha i capelli spettinati, gli occhi azzurri che si illuminano sotto la luce lunare, un enorme tatuaggio sulla gamba destra, e un neo bellissimo sopra il labbro superiore. Indossa una felpa di un tessuto molto leggero e un pantaloncino.
"Non sono sola. E non bevo con i minorenni," gli rispondo. Tutti scoppiano a ridere e iniziano a prendere in giro l'amico. Anche lui sorride. Finalmente qualcuno che non fa la faccia scocciata e beve birra dalla bottiglia.
"Avremo la stessa età. Solo che io li porto molto meglio di te," ribatte.
"Io li porto benissimo..."
"...ok, li porti benissimo, prendi questa," mi offre una birra. Ma perché ho questa capacità di stabilire un rapporto con chiunque in cinque minuti? Prendo la birra e la apro con l'accendino che mi porge lui. Mi unisco al loro gruppo.
"Allora, lei è..." ma si rende conto di non sapere il mio nome.
"Venere, mi chiamo Venere, piacere!" dico sorseggiando la birra. Tutti commentano il mio nome; una delle ragazze dice che è stupendo e che chiamerà sua figlia così. Il biondo con i capelli spettinati si chiama Nicolas.

Anche loro sono di Roma, in vacanza, e hanno 21 anni, li portano bene, lo ammetto

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Anche loro sono di Roma, in vacanza, e hanno 21 anni, li portano bene, lo ammetto. Nicolas mi fissa tutto il tempo, mi sorride spesso, e devo ammettere che ha un volto particolare. Forse non è il mio tipo a prima vista, ma più parliamo, più mi rendo conto di quanto sia simile a me. Mi piace chiacchierare con lui e con il suo gruppo. Per un momento, mi ritrovo di nuovo nel mio ambiente naturale, con persone con cui posso relazionarmi senza sentirmi "inferiore". Parlo con loro forse mezz'ora, ma poi decido di tornare da Thomas. Sono meno nervosa. Mi alzo, e Nicolas mi chiede di rimanere.
"Non posso, ci vediamo a Roma," gli dico sorridendo.
"A Roma, dove?" mi chiede.
"Boh, trovami!" Lui fa una faccia perplessa. Inizio a camminare e gli giro le spalle.
"Ti troverò, Venere, stanne certa!" mi grida da dietro. Io non mi giro e sorrido. Questi trenta minuti con loro mi hanno fatto bene, estranei come me, persone normali come me.

"Ma chi diavolo è quello?" mi chiede Thomas davanti a me.
"Nicolas!" dico, noncurante.
"Nicolas?" mi ripete lui. "E perché ha detto che ti troverà? E perché sei bagnata?"
"Significa che vuole vedermi a Roma, ma non gli ho detto dove."
"Venere, possibile che riesci a parlare con chiunque?" mi dice lui, stizzito. Io sbuffo.
"Dovevi andare a prendere l'acqua. Mi hai lasciata con quella ragazza che non faceva altro che farmi domande stupide. Sono uscita, sono stata ad aspettarti davanti allo yacht e tu non arrivavi. Quindi sono andata a fare un bagno in mare e ho bevuto con quei ragazzi, che sono sicuramente più interessanti di tutti i tuoi amici." Lui strabuzza gli occhi.
"Sono andato solo a prendere una cazzo di bottiglietta d'acqua!"
"Non è la bottiglietta d'acqua il problema, Thomas, sei tu il problema!" Lui sembra non capire.
"Non ti rendi conto di quanto sei freddo quando non siamo soli. A me non importa se non sei abituato. Non ho bisogno di un uomo che mi riempie di soldi e che non mi considera mai."
"Come fai a dire che non ti considero? Sono stato praticamente con te per tutta la serata."
"Eri vicino a me, ma non eri con me. E comunque, non sei stato con me per tutta la serata, se vogliamo essere precisi."
"Mi sto impegnando per capire come devo comportarmi per non farti arrabbiare, ma sembra inutile perché ti arrabbi sempre."
"Mi arrabbio sempre perché siamo incompatibili. Tu non capisci niente. Come ti sentiresti se ti portassi in un posto dove la metà degli uomini è stata a letto con me? Te lo dico io, dovresti trattenerti dallo spaccare la faccia a tutti. E se dovessi parlare con uno di loro per mezz'ora ignorandoti? E se questo ti facesse domande inopportune per irritarti? Se ti trattassero come l'outsider della situazione solo perché non fumi, non bevi, e non hai tatuaggi? E, soprattutto, come ti sentiresti se io per tutta la serata non ti tenessi in considerazione?"
Quasi mi viene da piangere, ho gli occhi lucidi e sento che sto per scoppiare. "Siamo diversi, Thomas. Forse sei abituato a risolvere le cose regalando qualche borsa e organizzando weekend da sogno, ma con me non funziona. Ti ringrazio per questi giorni; sono stati i più belli della mia vita, ma preferisco bere in spiaggia come quei ragazzi piuttosto che stare in una terrazza con quella gente..." non aggiungo aggettivi per non offenderlo. Nel frattempo, siamo arrivati davanti allo yacht e entriamo. "Sei abituato a non considerare la tua donna quando sei con gli altri, e loro lo sanno. Riccardo stava per mettermi le mani sul culo davanti a te, quell'altra ti si strusciava addosso come una gatta in calore, ti faceva gli occhi dolci, le donne ti fissavano in continuazione... e tu non facevi nulla per evitarlo. A te piace!"
"Ma come avrei dovuto evitarlo?" Mi chiede, incredulo. "...E Riccardo è un idiota, gli ho detto di non strusciarsi."
"Il punto è che loro sono abituati così. Non sono abituati a vederti rispettare una donna. La colpa è anche di quella poverina che stava con te, non lo metto in dubbio, e di tutte le altre che usavi come bambole, ma i tuoi amici hanno ragione a trattarmi come una cretina."
Mi siedo sul divano e scoppio a piangere. "Cavolo, Venere, perché devi sempre esplodere così?" Lui mi rimprovera.
"Sei un idiota!" Gli urlo.
"Sai solo insultare, sei abituata così, dopo tutto." Fa riferimento alla mia relazione con Simone.
"Anche tu sai solo comportarti da stronzo, sei abituato così anche tu. Riportami a Roma," dico quasi singhiozzando.
"Non ti riporto da nessuna parte finché non risolviamo questa situazione."
"Non c'è nulla da risolvere."
"In realtà, c'è. Non mi va di vederti così. La mia vita prima di te era diversa, è vero! Non ero abituato a dover dare spiegazioni a nessuno o a prendermi cura di qualcuno quando ero fuori. Non ero abituato a stare accanto a una persona che viene sempre osservata come te, che si arrabbia come te, che mi tratta come te. Sono abituato a fare ciò che voglio quando voglio, e mi dispiace davvero tanto. Ma non lo faccio apposta. Possiamo lavorarci insieme, ok? Come stai facendo tu, posso riuscirci anch'io a essere diverso."
"Perché dobbiamo cambiare per andare d'accordo? Non dovrebbe essere così. Dovremmo solo andare d'accordo senza doverci sforzare di diventare persone diverse per far funzionare tutto. È sbagliato!" Urlo di nuovo.
"Non me ne frega un cazzo se è sbagliato. Io voglio far funzionare questa relazione, e so che lo vuoi anche tu, quindi ce la faremo."
"Invece, non riusciremo, e passeremo giornate intere litigando..."
"Allora litigheremo, Venere, e poi faremo pace, e poi litigheremo, e poi faremo pace, ma alla fine ce la faremo. Non puoi rinunciare ogni volta alla prima difficoltà..."
"Non voglio forzare qualcosa che è chiaramente destinata a non funzionare!"
"Ma non è vero. Siamo diversi, viviamo la vita in modo diverso, abbiamo amici diversi, famiglie diverse, ma voglio stare con te. Non sono abituato a stare dietro a una donna in questo modo, non sono abituato a doverla rassicurare continuamente o a dirle di fidarsi di me perché ho bisogno di lei, non ho mai avuto bisogno di nessuna dopo mia madre..." Si ferma un secondo e si mette una mano sul viso. Potrei giurare di aver visto una lacrima, ma ha fatto del suo meglio per nasconderla. "...mia madre è stata l'unica donna importante nella mia vita." Mi dispiace vederlo così. Quando parla della madre, diventa diverso. Si siede anche lui sul divano e si mette la testa tra le mani. Mi avvicino a lui, il mio corpo lo fa senza che me ne accorga. Gli prendo una mano, e lui mi guarda e mi prende il viso.
"Venere, ho bisogno di te! Sei l'unica che riesce a farmi provare tutto questo, sei l'unica che fa battere il mio cuore in questo modo... senti!" Prende la mia mano e la posa sul petto.
"Anche il mio batte forte," dico prendendo la sua mano. Battono allo stesso ritmo.

Sembra un battito unico, sembra un cuore unico, e lo ascoltiamo in silenzio, il battito del nostro cuore.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 02 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

IL BATTITO DEL NOSTRO CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora