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Thomas non va al lavoro. Sta ancora dormendo. Mi alzo per questo maledetto esame e devo dire che non ne ho davvero voglia. Abbiamo dormito abbracciati. Per una volta, da quando ci conosciamo, ero io che dovevo stargli accanto, che dovevo calmarlo.
Ora capisco tante cose, ora capisco la sua fissazione per me, capisco la sua voglia di aiutarmi, la sua voglia di salvarmi da me stessa. Thomas sta cercando di superare il suo senso di colpa nei confronti della madre e lo sta facendo aiutando me. Sono la sua seconda possibilità.

Lucrezia viene a prendermi sotto casa. "Madonna, amò, che faccia! Se non lo passi, fa niente eh, ti aspetto a fare tributario." Dice, commentando il mio umore.
"Ieri sera sono venuti Serena e Igor sotto casa mia." Lei per poco non finisce dentro la macchina che abbiamo davanti. "Cosa?" Inizio a raccontare tutto. Racconto della loro litigata e racconto della madre di Thomas e mi rendo conto che le cose a lei non torneranno. Come le spiegherò il motivo per il quale Igor mi paragona a sua moglie? Forse dovrei cogliere la palla al balzo, mi toglierei un peso enorme dal petto finalmente e raccontarglielo potrebbe aiutarmi a stare alla larga da quelle situazioni. Mi ascolta in silenzio e non dice nulla. Resta in silenzio anche quando finisco di dire tutto. Non mi chiede spiegazioni, non commenta l'accaduto. Sospira.
"Facciamo questo esame del cazzo e poi parliamo!" Mi dice. Non è arrabbiata, ma so che ha capito qualcosa. Non so cosa, ma qualcosa.

Facciamo il maledetto esame, svolgo tutti gli esercizi tranne uno e quando usciamo li confronto con lei. Due risultati mi vengono identici ai suoi. Gli altri no, spero almeno di aver eseguito un procedimento corretto per prendere qualche punto.
"Va beh, inutile stare qui a fasciarsi la testa, tra due ore escono i voti." Esclama, alzandosi dalla panchina dove siamo sedute.
"Dove vai?" Le chiedo.
"A mangiare. Mi devi raccontare un po' di cose, meglio mangiarci su." E mi sorride. Cazzo.
Andiamo al nostro solito forno e prendo la mia solita pizza. Questa volta non ci sediamo ai tavoli fuori, troppa gente. Ci mettiamo in un parco lì di fronte.
"Ok, hai ragione... devo dirti una cosa, non voglio che pensi male di me però, voglio che mi ascolti e basta!" Le premetto. Lei annuisce e addenta la sua pizza. Inizio a raccontare. Parto da Simone, dall'ansia, dalla paralisi del sonno e arrivo alla mia prima volta. Le racconto che ho voluto provare per capire cosa ci fosse di così divertente e che effettivamente era divertente all'inizio, era divertente sentirsi onnipotente, dire tutto quello che pensavo, ridere senza motivo ed essere felice. Le racconto di quando ha iniziato a sfuggirmi la situazione dalle mani, le racconto delle mie serate di schifo totale, dei miei sensi di colpa, dei pianti, delle crisi. Lei non dice una parola, mi ascolta in silenzio. La sua faccia non è critica, è... dispiaciuta! Poi le racconto di Thomas, del fatto che mi sta aiutando, che sta cercando di farmi uscire da questo maledetto tunnel, della volta in cui mi è venuto a prendere al Gay Village, della festa in piscina. "Ecco perché Igor sostiene che sia uguale alla madre e che farò la stessa fine... cioè spero non proprio la stessa fine, credo alludesse al fatto che non smetterò mai." Prendo una boccata d'aria. Mi è sembrato di stare in apnea per tutto il tempo.
"Perché non me l'hai mai detto?" Mi domanda.
"Mi vergognavo, mi vergogno in realtà ancora adesso, avevo paura che mi giudicassi male, che pensassi che sono una deficiente..."
"Lo penso infatti, ma che c'entra? Tu non hai mai pensato che fossi una deficiente?" Ci rifletto un po' su. "In realtà no, non credo."
"Beh, perché io non sono deficiente. Ma tu sì e l'ho sempre saputo!" Scoppiamo a ridere. "Anche se avessi pensato che tu fossi una deficiente comunque ti avrei ascoltata, ti avrei aiutata, sarei stata con te le mattine dopo quando piangevi..." scuote la testa, "per fortuna adesso c'è Thomas, almeno sarà lui a fare il lavoro sporco." E ride di nuovo. Io la abbraccio.
"Grazie, amò!" Lucrezia ricambia il mio abbraccio e non è una cosa scontata perché io e Lucrezia non stiamo sempre abbracciate come due bambine delle elementari. Ci abbracciamo poco, in realtà, ma quando lo facciamo è perché c'è davvero un motivo per farlo. I nostri sono abbracci veri, quelli che servono a dire qualcosa che magari a parole è difficile dire, e in questo caso io le sto dicendo che è l'amica migliore che potessi desiderare e lei forse che anche se sono un'idiota comunque resterà accanto a me.

"Sei pronta?" Mi chiede Lucrezia tenendo il telefono in mano.
"Sì." Rispondo.
"Dimmi matricola e password."
"Dai, amò, lo sai che non la so a memoria, c'è l'hai te scritta da qualche parte."
"Che palle che sei." Mi dice, cercando nel suo telefono i miei dati. Lei ha ovviamente preso trenta, ma non è stata una sorpresa per nessuno, quasi mi sentivo a disagio a farle i complimenti.
"Ok, sono entrata." Che ansia che sento addosso. Lei resta in silenzio.
"Allora? Mi ha bocciato quella stronza?"
"Sei un'idiota..." io sbuffo. "Un'idiota che ha rubato un diciottooooo" comincia ad urlare. Cazzo, sì! C'è l'ho fatta! Non ci posso credere. Urlo anche io e ci abbracciamo di nuovo. Saltiamo come cretine nell'atrio dell'Università. "Un solo esame, non ci posso credere che ci manca un solo esame!" Gli dico entusiasta.
"Tra un mese, se tutto va bene, siamo donne libere." Continua lei.
"Devo scrivere a Thomas." Lei guarda dietro le mie spalle.
"Credo non ci sia bisogno." Mi dice sorridendo. Mi volto e lo vedo. Mi sta venendo incontro. Corro verso di lui e gli salto al collo.
"C'è l'ho fatta!" Lui mi prende in braccio e mi abbraccia. Oggi è la sagra degli abbracci per me.
"Bravissima! Ero preoccupato che dopo ieri..."
"Zitto, non rovinare questo momento di gioia immensa." Gli dico, baciandolo. Mi giro verso la mia amica. "Lei è la famosa Lucrezia e lui è il famoso Thomas!" Finalmente li presento. Entrambi sorridono e si stringono la mano.
"Io vado da Niccolò, mi sta aspettando a casa mia." Mi dice Lucrezia. La saluto e salto di nuovo addosso a Thomas. Lui colto di sorpresa per poco non cade.
"Sei proprio cretina." Commenta.
"Sei te che stai perdendo colpi! O forse sono ingrassata questa settimana."
"A proposito di settimana, ho detto a mio padre che sono in ferie." Cavolo, ma oggi è la giornata delle belle notizie, oltre alla sagra degli abbracci?
"Quindi resti con me?" Lui scuote la testa.
"No... sei tu che vieni con me stavolta." Io non capisco.

"Partiamo!"

IL BATTITO DEL NOSTRO CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora