Alle 16.00 in punto, Thomas entra in sala. Il mio cuore sobbalza. Pensavo che nemmeno avrebbe risposto al mio messaggio.
"Puoi venire a prendermi in sala alle 16.30?" gli avevo scritto verso l'ora di pranzo. Lui non aveva aspettato nemmeno dieci minuti e aveva risposto con un secco "sì". Non so bene perché proprio lui, so solo che avevo bisogno di vederlo. Avevo bisogno di qualcuno che mi facesse sentire bella, importante, che non mi sminuisse o trattasse male. E poi, mi manca. Devo ammettere che mi manca davvero molto.Indossa un paio di jeans che arrivano alle ginocchia, sopra una maglietta verde a maniche corte che si abbina perfettamente con i suoi occhi. Si avvicina al bancone, dove non c'è nessun vetro a dividerci. Lo saluto un po' imbarazzata. Lui aggrotta le sopracciglia e strizza gli occhi per vedere meglio.
"Cosa hai fatto in faccia?" mi domanda, visibilmente scosso.
"Ti spiego in macchina," rispondo coprendo con la mano lo zigomo. Lui sposta la mia mano e continua: "Venere, il tuo ex ti ha picchiata?"
"Non mi ha picchiata, abbiamo litigato e mi ha tirato un ceffone," specifico.
"E che cazzo cambia?" Thomas si scalda. Continua a fissare la mia guancia, basito. "Per questo mi hai chiamato? Hai paura che possa venire qui?" Deglutisco e lui sembra capire. "È già qui?" esclama guardandosi intorno.
"Non so se è ancora qui. Stamattina è venuto. Abbiamo litigato di nuovo e poi è entrato Ettore, un cliente, che lo ha fatto andare via. Allora lui mi ha detto di chiamare qualcuno, di farmi venire a prendere e io... non sapevo chi chiamare, non sapevo cosa fare," racconto tutto d'un fiato. Thomas prende le mie mani e le stringe tra le sue.
"Va bene, stai calma, ok? Ti porto a casa io," mi tranquillizza. In quel momento, entra Linda. È lei a darmi il cambio turno oggi.
"Sempre la solita gente del..." si interrompe alla vista di Thomas. "Ah, ciao... dovremo abituarci a vederti appoggiato al bancone?" esclama con un sorriso, sorriso che svanisce alla vista della mia guancia. "Che hai fatto in faccia?" mette velocemente la borsa sulla sedia rossa e si avvicina per vedere meglio.
"Ti racconto tutto stasera quando stacchi."
"Maledetto pezzo di merda. Dovresti farlo picchiare da qualcuno, qualcuno che lo lasci steso per terra," mi dice, infuriata. "Stasera esci con me," continua. Sorrido e annuisco. La saluto con un caloroso abbraccio e le chiedo se può mandare un messaggio a Emilio per aggiornarlo sulla situazione in sala. Prendo la mia borsa e lascio la cassa. Thomas mi aspetta davanti alla porta. Percorriamo il viale dell'uscita secondaria fino alla macchina. Questa volta non è con la sua solita auto, ma con una jeep, ovviamente nera.
"Stasera non esci con lei. Stasera stai con me."Entriamo in macchina e ci dirigiamo verso casa. Thomas vuole sapere tutto quello che è successo la sera precedente. Gli racconto ogni cosa nei minimi dettagli. Mentre sto parlando, tira fuori il telefono e digita un numero.
"Chi stai chiamando?" Lui non risponde e aspetta che qualcuno dica qualcosa dall'altra parte del cellulare.
"Ciao Gianni. Senti, mi servirebbe un cambio serratura urgente. Puoi venire domani mattina?" Questo Gianni risponde qualcosa che non riesco a sentire e Thomas fa un grande sorriso. "Ok, perfetto, ti mando l'indirizzo su WhatsApp." E riaggancia. Poi, come se niente fosse... "Quindi sei andata a lavoro e l'hai trovato fuori?" Mi chiede, riprendendo da dove ero stata interrotta. Vorrei ringraziarlo, ma so che non c'è bisogno; il mio sguardo lo ha già fatto in silenzio.
"No, è entrato quando ho aperto la sala." E continuo a raccontare.
"Un altro episodio del genere e lo faccio sparire," si fa serio. Io gli dò una pacca sulla spalla, ma lui insiste, "non scherzo Venere. Se ti sfiora anche solo con lo sguardo, farò in modo che nessuno sappia più che fine abbia fatto." Non so se credere alle sue parole. Voglio prenderle comunque come una sorta di protezione, un po' esagerata forse, ma protezione.Arriviamo sotto casa e stranamente troviamo subito parcheggio. Facciamo i mille gradini che ci separano dal mio appartamento e entriamo. Lucrezia e Sofia hanno rifatto il letto e sistemato tutto, hanno anche lavato le tazze. Thomas si toglie le scarpe e le mette sullo zerbino; io gli sorrido riconoscente di esserselo ricordato. Queen ci viene incontro e inizia a miagolare. So che le mie amiche l'hanno fatta mangiare prima di uscire, ma lei finge che non sia vero.
"Non c'è bisogno che resti qui. Posso chiamare Lucrezia e farmi portare dai miei," gli dico aprendo il frigo.
"Io voglio restare, se per te va bene." Si, per me va bene. Prendo una bottiglia d'acqua e bevo.
"Cosa hai fatto questi giorni?" Mi domanda seduto sul divano. Schifo Thomas, ho fatto letteralmente schifo.
"Beh, ho studiato la mattina, ho lavorato il pomeriggio e..." Lui mi interrompe, "fatto schifo di notte."
"Non sempre, ogni tanto," dico sedendomi vicino a lui. "Te?"
"Io ho lavorato praticamente 15 ore al giorno. Questa storia delle maglie della Lazio ci sta facendo impazzire." Posso solo immaginare cosa voglia dire avere a che fare con il presidente.
Per riempire il silenzio che aleggia tra noi, prendo il telecomando della televisione e la accendo. Sono le 17.30 e non c'è granché da vedere. Gli propongo di scegliere un film insieme e lui acconsente. Ci mettiamo più o meno venti minuti a decidere, e alla fine optiamo per una di quelle americanate in cui un agente dell'FBI fa di tutto per salvare una donna. Ci sdraiamo uno vicino all'altra e guardiamo il film così, abbracciati, in silenzio, come se questi 8 giorni non ci fossero mai stati.
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IL BATTITO DEL NOSTRO CUORE
Chick-LitVenere, giovane studentessa universitaria a Roma, nasconde dietro la sua vita apparentemente perfetta una lotta segreta contro la dipendenza da cocaina. Un giorno, il suo cuore, ferito da un ex particolarmente aggressivo, si scontra con quello di Th...