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Entro nella stanza e lo trovo a rattristarsi sul letto, è sdraiato a pancia in su e fissa il soffitto. Le mani sono sul suo petto, sono sicura che in questo silenzio stia soffrendo molto.
Mi fermo verso di lui e lo guardo, gli appoggio una mano sulla spalla e mi chino.
«Nico...tutto bene?» Sorrido.
Lui mi sta ignorando, si sposta leggermente andando verso il muro. Mi lascia abbastanza spazio per sdraiarmi accanto a lui. Guardo il soffitto imitandolo.

«Era mio padre» La sua voce sembra sofferente, è come se la ferita fosse ancora fresca e stia cercando di rimarginarla.
Mi giro sul fianco e lo osservo, voglio ascoltarlo, se è pronto a parlarmene.
«Non c'è la faccio più, è tutto una grandissima merda» Si gira verso di me, gli prendo la mano e la stringo.
«Nico...Che è successo?se vuoi dirmelo...» Mi stringe la mano e di colpo mi ritrovo la sua testa nel incavo del mio collo. Siamo accoccolati, il suo respiro è pesante, è come se avesse qualcosa in sospeso.

«È la mia famiglia» Gli passo una mano fra i capelli e continuo ad accarezzargli la testa.
«Mh Mh» Annuisco, non capisco la sua situazione ma posso capire che stia male.
«Ti prego, non dire niente» Io scuoto la testa e mi appoggio molto più dolcemente ai suoi capelli.
«La mia famiglia è molto complicata: i miei genitori si sono separati quando ero piccolo. Al contrario di quanto pensino gli altri, io non ho problemi con mio padre.» Rimango paralizzata, mi rendo conto che tutte le volte che io abbia messo in mezzo suo papà, lui deve aver sofferto il doppio. Mi sento una merda. Vorrei essermi rimangiata tutte quelle parole orribili dette per ferirlo.
«Non pensavo... credevo che fossi più legato a tua mamma» Si stringe di più a me, sto toccando un tasto molto dolente.

«Mia mamma ha tradito mio papà molto tempo fa con il padre di Alessandro, il suo attuale compagno. Da quel momento io ho sempre voluto restare con mio padre, essendo io più legato a lui. Ma da quando è nato mio fratello resisto e tengo la bocca chiusa per proteggerlo» Rimango male alle sue parole, mi dispiace che abbia dovuto soffrire così tanto già da piccino. L'unica ancora che lo tiene legato alla sua famiglia, o meglio, a sua madre è Alessandro.
«Non hai mai pensato di parlare a tua mamma di questo?» Parlo leggera, non voglio che pensi che faccia la psicologa.
«Sì, tantissime volte. Anche se sa che io voglio andarmene, non fa niente per rendere le cose più leggere. Continuiamo a litigare» Lo abbraccio più forte, sento che in questo momento ha solo bisogno di questo.

«E tuo padre? Quando mi hai portata a casa sua, ho visto che avevate moltissime foto assieme» Sorrido, ripenso a quelle foto di Nicholas piccino e sorridente. Prima che tutto questo odio tra i rispettivi genitori lo distruggesse.
«Mio padre è il mio esempio, mi ha insegnato tantissime cose e gli sarò sempre eternamente grato» Alza appena il viso per scrutare la mia espressione, lo sto guardando con gli occhi dolci. Il suo sguardo però è lucido, ferito e amareggiato.
«Cosa ti ha detto prima tuo papà?» Cerco di portarlo sulle cose positive.

«Ha detto che settimana prossima purtroppo per un viaggio di lavoro non potrà stare con me. Sono triste, ma anche molto abituato. Per passare gli alimenti a mia mamma e per non stare da solo fa molto spesso i doppi turni» Sento una leggera sofferenza in questa mancanza.
Inizio finalmente a capire Nicholas, ora capisco che cosa deve aver passato, le sue emozioni e il trauma che ha scaturito in lui la continua paura ad affezionarsi alle persone.
Non lo fa per proteggere me, ma lo fa per proteggere sé stesso. La sua paura più grande è rimanere da solo dopo aver dato tutto alle persone che ama.
La persona che vedo davanti a me è un bambino che da piccolino voleva solo essere amato e protetto dai suoi genitori.
«Sono sicura che troverà un buco per stare con te. Dalle foto che ho visto a casa vostra, ci tiene veramente tantissimo» Sorrido e gli stampo un bacio sulla fronte.
Non so perché io l'abbia fatto, sentivo la necessità di farlo.

Lui alza leggermente lo sguardo, mi sorride e si accocola ancora di più sul mio petto. Godendosi le coccole.
«Sì, penso anche io che accadrà» Come se fossi una veggente, il suo telefono si illumina e un messaggio lo rallegra tutto d'un tratto.
«Chi è??» Sono curiosa di sapere il motivo di tanta felicità.
Si alza in piedi e mi gira il telefono, leggo i messaggi.

Pa' : Alla fine riesco, sabato ti va di venire a pesca? Mi farebbe piacere.

Spalanco gli occhi e mi alzo sul letto, sorrido felicemente.
«Te l'avevo detto, sono felicissima per te Nico» Si avvicina a me, mi carica sulla spalla come un sacco di patate.
«Che fai??» La mia voce è spezzata dalla pressione che il mio diaframma sta facendo contro la sua spalla.
«Andiamo a festeggiare» Lo sento ridere.

Dopo pochi minuti mi lascia per terra in cucina, prende un grembiule lasciato incustodito e lo indossa.
«Che stai facendo??» Aggrotto la fronte confusa, tira fuori dalla credenza degli ingredienti e inizia a pesarli.
«Non lo vedi? Cucino» Rido sottecchi.
«Abbiamo due concezioni diverse del significato festeggiare» Lo guardo, mi passa la bilancia e un pacco di farina.
«Aiutami, oggi sarai il mio commis» Usa l'unico termine di cucina che non ho mai sentito, lo guardo a bocca aperta non capendo mezza parola. Vedendo la mia espressione, alza gli occhi al cielo e inizia ad aiutarmi.
«Il commis è l'aiutante, io sarò lo chef. Inizia a tagliarmi le mele per favore» Eseguo i suoi ordini, sciacquo le mele e inizio a sbucciarle.

«Come vuoi che te le tagli?» Prendo il coltello e aspetto direttive.
«Chef» Sussurra
«Come?» Si avvicina a me, mi mette le mani sui fianchi e sussurra nel mio orecchio.
«Devi chiamarmi chef, Stramba» Poso il mio sguardo sul suo.
«Come vuoi che ti tagli le mele, Chef?» Marco volutamente il titolo, i suoi occhi sono fissi sulle mie labbra e mentre pronuncio quella parola le sue mani mi stringono ancora più forte a sé.
Mi prende il coltello e mi mostra il taglio che devo fare alle mele.
Inizio ad imitarlo ma sbaglio, escono tutte storte. Mi sta fissando e noto uno sguardo molto brusco nei suoi occhi.
Lascio la lama sul tagliere e mi giro, le nostre punte dei nasi si toccano.
«Non è colpa mia Chef, devo abituarmi a questa pressione» Un sorriso contorna i nostri visi, ci stiamo per baciare quando lui appoggiandomi al bancone quasi non fa cadere il coltello.

«Direi che fare cose avventate in cucina, non sia esattamente un'ottima idea» Nicholas spinge la lama più lontano, rido appena, si sporge verso di me e prende lo zucchero allontanandosi.
«Che cosa stiamo facendo chef?» Mentre è concentrato a impastare qualcosa mi guarda sorridendo.
«Lo strudel» Rimango immobilizzata, non so se sia casualità o meno ma è il mio dolce preferito.
«Come fai a saperlo?» Prende la marmellata dalla credenza.
«Cosa? Che è il tuo dolce preferito? Me l'hanno detto» Posso immaginare chi glielo abbia detto, gli accendo il forno e aspetto seduta sul bancone.
Mi fermo a guardarlo con il cuore in gola. Sta facendo tutto ciò per me?

«Attenta, apro il forno. Non voglio che ti scotti» Appena informato il dolce viene verso di me, mi apre le gambe, ci si infila in mezzo e iniziamo a baciarci.
Le sue mani sul mio fondo schiena, i suoi baci leggeri sul collo, mi fanno ritornare in mente la serata a casa di Antonio. Quello stesso desiderio inizia a farsi largo dentro il mio corpo. Lo desidero, ancora una volta.
«Perchè l'hai fatto? Intendo il mio dolce preferito..» Appena ci  stacchiamo gli domando curiosa.
«Perchè finalmente mi sono fidato di qualcuno che non mi tradirà. E anche un po' perchè prima mi hai aiutato e ti volevo ringraziare» Mi passa una mano tra i capelli, le mie farfalle nello stomaco iniziano a farsi sentire feroci.

«Grazie Nico, davvero» Aggrotta la fronte confuso.
«Per cosa?» Sorride e mi prende una mano giocandoci ansiosamente.
«Per tutto, ma soprattutto, per esserti aperto con me. Lo volevo da tanto tempo» Ci diamo un bacio leggero senza andare oltre perché il timer del forno ci fa staccare.
Nicholas prende le pattine, tira fuori la teglia incandescente e la appoggia sul piano.
Un buonissimo odore di strudel circola nell'aria e inizia a diffondersi ovunque, questo stesso profumo mi porta a quando mio papà me lo cucinava ogni qual volta ero triste.

Lo appoggia sul tagliere e ne taglia due fette per poi prendere il gelato e servirlo assieme. Prendo i due piatti e andiamo sotto il portico in giardino.
Sotto le stelle iniziamo a mangiare, Nicholas mi guarda per capire cosa io pensi del suo dolce.
«Mh... buonissimo, veramente. Sei stato eccezionale» Inizio a chiudere gli occhi, le mie spalle si rilassano e mi riempio la bocca.
Appena riapro gli occhi, vedo che sta ridendo per la mia buffa reazione.
«Che c'è? Non stavo mentendo» Parlo con la bocca piena, mi piace veramente tanto.
«Mangia anche il mio se vuoi» Mi avvicina il piatto, io ho già finito tutto.
Lo scruto per studiare se stia mentendo o meno.
«Sicuro?» Lui sorride e annuisce.

Mangio anche il suo piatto, sono piena come un uovo.
«Guarda» Mi indica in lontananza la luna che cala lentamente.
Ci spostiamo per ammirarla meglio, ci sediamo sui gradini, mi appoggio alla sua spalla con la testa.
Guardando l'alba mi addormento sopra di lui.
L'indomani andrà tutto molto bene, me lo sento.

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