Capitolo 22

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È lunedì mattina, e mi sento incredibilmente carica, pronta per una nuova settimana di lezioni. Dopo il caos emotivo degli ultimi giorni, ho deciso di concentrarmi completamente sugli studi. Harry? Non ci penserò più. Non ho tempo per le sue battutine o per i suoi giochetti.
Mentre entro nell'aula del professor Evans, mi sistemo con sicurezza al mio solito posto, decisa a partecipare attivamente alla lezione. Non lascerò che niente mi distragga oggi. Appena mi siedo, però, noto una tazza di cappuccino appoggiata sul mio banco. Lo riconosco immediatamente: è lo stesso cappuccino che Harry mi deve da quando ho vinto la nostra scommessa.
Lo guardo per un attimo, incerta. Harry. Ovviamente.
Accanto alla tazza, c'è un piccolo biglietto piegato. Lo apro lentamente, con il cuore che mi batte più forte, e quando leggo il contenuto, non posso fare a meno di sorridere, anche se sto cercando disperatamente di ignorarlo. Il biglietto dice semplicemente: "È un dito medio." E il disegno sulla schiuma del cappuccino, che aveva tentato di essere artistico, è effettivamente una rappresentazione molto rudimentale di un dito medio.
Harry... penso, scuotendo la testa con un sorriso trattenuto. Sembra che anche quando cerca di scusarsi, non possa fare a meno di provocarmi.
Decido di ignorarlo. Non gli darò la soddisfazione di una reazione. Sorseggio il cappuccino – perché, nonostante tutto, è il mio cappuccino preferito – e mi concentro sulla lezione.
Il professor Evans inizia a spiegare il nuovo argomento, e io prendo appunti con precisione. Ogni volta che posso, alzo la mano per intervenire, offrendo le mie opinioni con fermezza e sicurezza. Sono qui per dimostrare che posso farcela da sola, senza bisogno di confronti o distrazioni.
Sento Harry seduto qualche fila dietro di me, e so che mi sta osservando. Posso quasi percepire il suo sguardo su di me ogni volta che parlo, ma mi rifiuto di guardarlo. Mi concentro sulle parole del professore, sugli argomenti che discutiamo. Voglio che il mio nome sia associato a impegno e dedizione, non alle solite battaglie con Harry.
A un certo punto, però, il professor Evans fa una domanda particolarmente difficile, e l'aula cade in silenzio. So di avere la risposta, e senza esitazione, alzo la mano.
"Sì, Malia?" dice Evans, dandomi la parola.
Inizio a rispondere, spiegando con chiarezza e precisione, e vedo il professor Evans annuire soddisfatto. Quando finisco, lui mi fa un sorriso. "Eccellente, Malia. Ottima risposta."
Sento una fitta di orgoglio dentro di me, e per un attimo dimentico completamente Harry. È così che voglio sentirmi. Ma subito dopo, sento un piccolo rumore dietro di me. So che è Harry, probabilmente qualche commento silenzioso o una risata trattenuta. Non mi volto. Non questa volta.
La lezione continua, e io mi immergo completamente nel dibattito, cercando di evitare ogni segnale di Harry. Ma alla fine della lezione, quando mi alzo per uscire, non posso fare a meno di lanciargli un'occhiata. Lui è lì, con il solito sorrisetto beffardo, ma i suoi occhi sembrano cercare i miei.
Decido di non dire nulla. Non questa volta.
Ma mentre mi allontano, so che Harry non lascerà le cose così. Non con un semplice cappuccino e un biglietto con un dito medio.

Mentre esco dall'aula, l'unica cosa che voglio è dimenticare completamente quel weekend infernale. Harry. Il bacio. Il litigio. Tutto. Mi riprometto di concentrarmi sui miei studi e di cancellare dalla mia mente ogni singolo istante di quel disastro. Ma so che non sarà facile, soprattutto perché Harry sembra determinato a non lasciar perdere.
"Malia, possiamo parlare?" La sua voce mi raggiunge appena giro l'angolo del corridoio. Mi fermo, chiudendo gli occhi per un attimo, cercando di mantenere la calma. Non voglio affrontarlo ora, non voglio discutere ancora.
"Non c'è niente di cui parlare, Harry," rispondo senza voltarmi, sperando che capisca e lasci perdere.
"Non sono d'accordo," replica, più vicino adesso. "Dobbiamo chiarire quello che è successo. Non possiamo far finta di niente."
Sto per rispondere, forse per respingerlo ancora, ma in quel preciso momento veniamo interrotti da una voce familiare.
"Ah, Malia, Harry!" Il professor Evans si avvicina, con un sorriso cordiale e un'aria entusiasta. "Vi stavo cercando. Ho in programma qualcosa di interessante per alcuni degli studenti dell'ultimo anno, e credo che potrebbe interessarvi."
Mi giro, confusa ma incuriosita. "Di cosa si tratta, professore?"
Evans sorride, incrociando le braccia. "Sto organizzando un'uscita didattica presso il British Museum per una serie di conferenze private e incontri con alcuni esperti. Il tema centrale sarà l'evoluzione del pensiero politico e filosofico attraverso le grandi civiltà. Avremo anche accesso a documenti raramente esposti al pubblico. So che siete del primo anno, ma ho pensato che potrebbe essere una grande opportunità per voi due."
Harry ed io ci scambiamo uno sguardo veloce. È una grandissima occasione, non solo per imparare, ma anche per fare una buona impressione su Evans. Ma proprio mentre sto per rispondere, Harry si anticipa.
"Sembra fantastico, professore. Conti su di me," dice con il solito tono sicuro. Lo vedo già immaginarsi in prima fila, a farsi bello davanti al professore e agli altri studenti.
Sento una fitta di frustrazione. Non posso permettergli di essere l'unico a brillare agli occhi di Evans.  Anche se la gita è prevista per la settimana del Ringraziamento, e io avevo considerato l'idea di tornare a casa, so già cosa devo fare. Non posso perdermi questa occasione mentre lui si fa strada da solo.
"Anche io ci sarò," dico, cercando di sembrare altrettanto entusiasta. Il professor Evans sorride soddisfatto, e annuisce.
"Bene, sono contento di avervi entrambi a bordo. È una grande opportunità e so che ne trarrete il massimo vantaggio. Ci vediamo la prossima settimana, allora."
Evans ci saluta e se ne va, lasciandomi lì con Harry. Mi sento divisa: da un lato, so di aver fatto la scelta giusta accettando l'invito. Dall'altro, so che questo significa che passerò del tempo con lui proprio durante una settimana che avrei potuto trascorrere a casa.
Harry mi guarda con un sorrisetto. "Non riuscivi proprio a resistere, eh?" mi provoca.
Lo fisso per un attimo, sentendo un misto di irritazione e sfida. "Non lascerò che tu ti faccia bello agli occhi del professore mentre io mangio tacchino a Salt Lake City," rispondo, incrociando le braccia.
Harry ride piano, scuotendo la testa. "Mi chiedo quanto riuscirai a ignorarmi durante quella settimana."
"Sarà più facile di quanto pensi," ribatto, anche se so che, in realtà, non sarà affatto facile.
Harry mi fissa con quel suo sguardo incredulo quando gli dico che non sarà affatto difficile ignorarlo, soprattutto perché prima della gita ho intenzione di affrontare ben tre esami.
"Tre esami?" ripete, sconvolto, e per un attimo vedo nei suoi occhi un'ombra di esitazione. So che non si aspettava questa risposta. Il suo sorrisetto arrogante svanisce, sostituito da una consapevolezza che sembra scuoterlo nel profondo.
"Esatto," rispondo con un sorriso sicuro. "Non avrò tempo per distrazioni. Devo concentrarmi sugli studi."
Harry mi guarda per un momento come se stesse cercando di capire se sto scherzando o se sono davvero così determinata. Poi lo vedo: quella scintilla competitiva che conosco fin troppo bene accendersi nei suoi occhi. Lo spirito di competizione. Quello stesso spirito che lo ha sempre spinto a sfidarmi e a cercare di battermi in tutto.
"Tre esami prima della gita? Sei pazza, Malia." scuote la testa, ma nel suo tono c'è una sfida che non può nascondere.
Sorrido, cercando di sembrare ancora più sicura di quanto non mi senta. "Pazza o no, lo farò. E li supererò. Con ottimi voti."
Harry si passa una mano tra i capelli, un gesto che fa sempre quando è pensieroso. "Non posso credere che tu ci stia davvero riuscendo," mormora, come se stesse parlando a se stesso. Poi, però, solleva lo sguardo su di me con una determinazione che riconosco fin troppo bene. "Ma vedremo chi avrà i migliori voti."
Sorrido internamente, sapendo di aver appena riacceso quella scintilla in lui. La sua mente ora è tutta concentrata sulla competizione. Siamo tornati nel nostro territorio naturale: la sfida accademica.
"Non sarà facile battermi," dico, alzando un sopracciglio in segno di sfida.
Harry incrocia le braccia, la sua espressione tornata seria. "Non sottovalutarmi, Malia. Se pensi che ti lascerò andare avanti indisturbata, ti sbagli di grosso. Ci vediamo alla gita... e nel frattempo, vediamo chi di noi due otterrà i voti migliori."
Mi guarda per un attimo, come se stesse ancora valutando quanto sia decisa. Ma poi, senza ulteriori parole, si volta e si allontana, lasciando dietro di sé un'aria carica di tensione e competizione.
Lo guardo andarsene, e sento una strana combinazione di sollievo e adrenalina. Forse, per ora, ci siamo salvati da un confronto più emotivo. Ma la battaglia tra di noi non è affatto finita.
E anche se parte di me sa che dovrei concentrarmi sugli esami e sugli studi, non posso fare a meno di chiedermi come sarà passare una settimana insieme durante la gita, con tutta questa tensione irrisolta tra di noi.

OPPOSITE: Tutto è lecito in Guerra e in AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora