Capitolo 1

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Ci sono giorni nella vita in cui ti senti pronta ad affrontare il mondo.
Oggi non è uno di quei giorni.

Oxford, primo giorno di lezioni, e io sono già in ritardo. Naturalmente. Sono americana e, sì, sono quel tipo di persona che ha sempre un piano. Ma a quanto pare, l'universo ha deciso che oggi niente doveva andare secondo i miei piani.

Non bastava la pioggia costante (grazie, Inghilterra), ora devo anche fare la mia grande entrata in classe con una mappa mentale del campus che potrebbe benissimo essere disegnata da un bambino di cinque anni.

Sto camminando per i corridoi di Oxford, cercando di non farmi sopraffare dall'imponenza del posto. È tutto così... antico. E austero. Come se fosse stato progettato apposta per farti sentire fuori posto. E, diciamocelo, un po' fuori posto mi sento. Nessuno mi aveva avvertito che Oxford fosse un mix tra Hogwarts e il set di un film storico.

Per fortuna, c'è Charlie. La mia compagna di stanza e la mia unica àncora in questo mare di facce sconosciute. Se non fosse per lei, probabilmente mi sarei già persa in un labirinto di corridoi di pietra e sarei stata trovata tra un mese, sopravvissuta a suon di tè e biscotti.

"Tranquilla," mi dice Charlie mentre camminiamo verso l'aula. "Il primo giorno è sempre il peggiore."
Facile per lei dirlo.

Charlie è irlandese, sembra perfettamente a suo agio qui. Io, invece, ho un accento americano che potrebbe tagliare il silenzio di una sala da tè e, nonostante cerchi di sembrare disinvolta, mi sento come una specie di aliena in mezzo a questa élite accademica.

Arriviamo finalmente all'aula e mi fermo un attimo all'ingresso, guardandomi intorno. L'aula è già piena di studenti che sembrano... beh, sembrano sapere esattamente dove sono e cosa stanno facendo. Buon per loro. Io, nel frattempo, non conosco nessuno e ho quella sensazione sottile che ogni singolo sguardo sia puntato su di me. Ok, Malia, niente panico. Hai fatto cose più difficili nella vita.

Mi siedo accanto a Charlie e provo a sembrare normale. Provo è la parola chiave. Perché essere l'unica americana in un mare di accenti inglesi ti fa sentire come un gigantesco cartello luminoso con scritto "fuori posto". In più, qui tutti sembrano già appartenere a questo mondo. Io? Io sono solo quella che cerca di non sembrare spaesata mentre tira fuori il quaderno.
Il professor Evans entra, e tutto cambia.

L'aula si zittisce, e con un semplice sguardo ci scruta come se stesse valutando chi sopravviverà al suo corso. Bene, io ce la farò. Non ho attraversato l'Atlantico per soccombere alla prima lezione.

La lezione inizia, e mi sforzo di prendere appunti, anche se ogni tanto il mio sguardo vaga verso gli altri studenti.

Una voce taglia l'aria come una lama precisa. "In realtà, la crisi diplomatica in quella regione ha radici molto più profonde di quanto sembri..." Mi giro per vedere chi ha parlato, ed è lì che lo vedo per la prima volta.

Capelli scuri, sorriso appena accennato e un'aria di assoluta sicurezza. È appoggiato alla sedia con disinvoltura, come se fosse nato lì, come se Oxford fosse il suo personale regno. Il professore sembra pendere dalle sue labbra, e tutti gli altri studenti lo guardano con un misto di ammirazione e invidia. Ovviamente.

Lo ascolto per un momento, trattenendo a stento un sospiro. Ogni volta che apre bocca sembra avere la risposta perfetta, la frase giusta. Bravo lui.

Harry Bennett. Lo sento pronunciare il suo nome mentre il professore lo ringrazia per l'intervento. Harry Bennett... già il nome suona come quello di qualcuno che ha sempre successo. Non so come, ma ho la strana sensazione che questo tipo sarà un problema.

Cerco di concentrarmi sugli appunti, ma ogni tanto il mio sguardo ritorna su di lui. Non posso farne a meno. E non è perché lo trovo affascinante, o qualcosa del genere. No, è proprio il suo atteggiamento da saputello che mi dà sui nervi.

OPPOSITE: Tutto è lecito in Guerra e in AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora