Capitolo 13

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Entrando in aula, sento già l'elettricità nell'aria. Dopo l'ultimo litigio con Harry per quella sua battutaccia idiota, la tensione tra di noi non ha fatto altro che crescere. Non ci parliamo da giorni, anche se sta lasciando il cappuccino sul mio banco ogni mattina, ma ogni volta che i nostri sguardi si incrociano, è come se una scintilla pronta a scatenare un incendio fosse lì, in attesa.
Oggi, però, so che non riuscirò a trattenermi. Harry è seduto al suo solito posto, con quel suo sorriso sfacciato stampato in faccia, e io sono pronta a fargliela pagare. Il professor Evans entra nell'aula e inizia a spiegare il nuovo argomento: il conflitto tra nazioni emergenti e potenze mondiali.
Perfetto. Un tema che si presta a un dibattito acceso.
Appena Evans finisce la sua introduzione, la mia mano si alza d'istinto, ma, ovviamente, la sua è già su.
Il professore annuisce verso di lui. "Prego, Harry."
Beh, direi che è chiaro come le nazioni emergenti abbiano tutto il diritto di sfidare lo status quo. Non possono continuare a vivere all'ombra delle potenze mondiali," dice, con il solito tono sicuro di sé.
Rotolo gli occhi, e senza neanche aspettare il mio turno, lo interrompo. "Ma non puoi ignorare il fatto che il conflitto non porta altro che instabilità. Il punto non è sfidare, ma collaborare."
Harry mi lancia uno sguardo fulminante. "Collaborare? Seriamente, Malia? Perché non proponiamo anche di abbracciarci tutti in cerchio e cantare Waka Waka ?"
"Almeno sarebbe meglio che vedere paesi distrutti da guerre inutili!" ribatto, alzando la voce. La discussione, se così possiamo chiamarla, prende una piega sempre più personale. Le voci si alzano, i toni diventano taglienti, e le persone intorno a noi iniziano a girarsi, osservando con interesse quello che ormai non è più un dibattito accademico, ma una battaglia personale.
"Non capisci proprio niente, vero?" continua Harry, scuotendo la testa. "Pensi davvero che le nazioni più potenti accetteranno di collaborare con chi vuole solo spodestarle? Sei ridicola."
Mi sento esplodere. "Ridicola? Oh, scusa se il mio cervello non si limita al pensiero di uno che vive in piscina tutto il giorno!"
Evans, che fino a quel momento ci aveva lasciato fare, finalmente interviene. "Basta così!" La sua voce rimbomba nell'aula, fermando bruscamente il nostro litigio. Tutti gli studenti si voltano verso di lui, il silenzio che cade pesante.
Io e Harry ci fissiamo per un momento, entrambi furiosi, ma costretti a tacere. Il professore ci guarda con severità.
"A fine lezione, voi due resterete qui. Abbiamo bisogno di fare una bella chiacchierata," dice con tono duro, e sento immediatamente una fitta allo stomaco.

Dopo la lezione, il resto degli studenti esce rapidamente, l'aria tesa ancora palpabile. Io e Harry rimaniamo in piedi davanti alla cattedra, entrambi in silenzio, cercando di evitare lo sguardo dell'altro.
Evans ci scruta, il suo sguardo severo che non lascia spazio a repliche. "Ho tollerato la vostra competitività per un po', ma oggi avete decisamente oltrepassato il limite. Siete tra i migliori studenti che io abbia mai avuto in 12 anni di insegnamento in questa università e vi lascio spazio nella mia lezione molto volentieri. Quello che avete fatto oggi, però, non è stato un dibattito accademico, è stato un comportamento maleducato e inaccettabile."
Abbasso lo sguardo, sentendo la rabbia ancora bruciare dentro di me, ma allo stesso tempo provando una fitta di vergogna.
"Non posso permettere che la vostra rivalità continui a rovinare le lezioni," continua Evans. "Perciò, ho deciso di assegnarvi un progetto da fare insieme. Avete una settimana per completarlo e presentarlo alla classe. Dovrete lavorare fianco a fianco, e magari imparare a gestire la vostra competitività in modo costruttivo."
Il mio cuore cade a picco. Lavorare con Harry? È l'ultima cosa che voglio. Guardo di lato, e vedo che Harry ha la stessa espressione contrariata. Ma non c'è niente che possiamo fare. Evans è irremovibile.
"Capito?" ci chiede, senza lasciare spazio a obiezioni.
Annuisco lentamente. "Sì, professore."
Harry fa lo stesso, anche se con meno entusiasmo di me. Usciamo dall'aula in silenzio, sapendo che, volenti o nolenti, dovremo passare la prossima settimana insieme.

Appena usciamo dall'aula, sento il nervosismo e la rabbia crescere dentro di me. Non riesco a credere di dover lavorare con Harry. Harry Bennett, l'arrogante, il presuntuoso, quello che si diverte a provocarmi ad ogni occasione. Non ci sono riuscita a batterlo in classe, e ora dovrò sopportarlo per un'intera settimana.
Non faccio nemmeno in tempo a mettere piede fuori dalla porta che Harry mi raggiunge. "Questo è ridicolo," sbotta, la sua voce carica di frustrazione. "Come cavolo facciamo a lavorare insieme se non riusciamo nemmeno a parlare senza litigare?"
Mi giro bruscamente verso di lui, incapace di trattenere la mia irritazione. "Non lo so, Harry, magari potresti smetterla di comportarti da idiota ogni volta che apro bocca. Potrebbe essere un buon inizio!"
Lui ride, una risata secca e sarcastica. "Oh, certo, perché tu sei un angelo. Non è che mi attacchi ogni volta che provo a dire qualcosa, no?"
"Perché dici solo stronzate, Harry!" sbotto, incrociando le braccia al petto. "Non puoi continuare a comportarti come se fossi l'unico con un cervello in questa università."
Si avvicina, i suoi occhi fissi nei miei. "E tu non puoi continuare a pensare che tutto ruoti attorno a te, Malia."
Mi fermo, i pugni stretti per cercare di contenere la rabbia. Questo non sta andando da nessuna parte, e lo sappiamo entrambi. È un litigio inutile, come sempre.
Respiro profondamente e scuoto la testa, cercando di calmarmi. "Senti, possiamo continuare a litigare per tutta la settimana e fallire completamente questo progetto, oppure possiamo cercare di essere almeno un minimo professionali e farlo decentemente."
Harry mi osserva per qualche secondo, poi si passa una mano tra i capelli, un gesto che riconosco come segno di resa. "Hai ragione," ammette, anche se non sembra entusiasta di dirlo. "L'unico modo per non fare una figuraccia è lavorare insieme."
"Esattamente." Incrocio le braccia, aspettando la sua proposta. "Allora, da dove iniziamo?"
Harry riflette un attimo. "Potremmo lavorare a casa mia. È tranquillo e non ci saranno distrazioni."
Lo guardo scettica. "Casa tua?"
"È l'unica opzione sensata," dice, scrollando le spalle. "A meno che tu preferisca stare in biblioteca con tutti intorno a sentire ogni volta che ci mordiamo a vicenda."
La sola idea di passare ore a litigare davanti a un pubblico mi fa venire i brividi. Anche se non amo l'idea di andare a casa di Harry, ha ragione. Lavorare in un posto tranquillo sarà meglio.
"Va bene," dico, sospirando. "Ma non pensare di fare lo spiritoso."
Lui sorride, ma senza malizia questa volta. "Non lo farei mai."

Per la prima volta, sono io a ritrovarmi a pregare Izzy di accompagnarmi. Non riesco nemmeno a credere che sto per chiedere una cosa simile, ma l'idea di andare da sola a casa di Harry mi fa salire un'ansia che non posso ignorare.
Sono seduta accanto a lei in mensa, giocherellando con la forchetta mentre cerco le parole giuste per farle la richiesta senza sembrare disperata.
"Izzy, tu cosa fai oggi?" chiedo, cercando di sembrare casuale.
Lei solleva un sopracciglio, incuriosita dal mio tono. "Niente di che, pensavo di studiare un po'. Perché?"
Ecco, il momento della verità. Mi mordo il labbro e abbasso lo sguardo verso il mio piatto. "Beh... io dovrei andare a casa di Harry per lavorare a questo progetto. Sai, quello che il professor Evans ci ha obbligato a fare insieme."
Izzy sorride, pronta a lanciarsi in una battuta. "Casa di Harry, eh? Finalmente ti decidi a passare del tempo con lui senza litigare?"
Alzo gli occhi al cielo, tentando di ignorare il commento. "Non è come pensi, Izzy. È solo per il progetto. Ma... potresti venire con me? Voglio dire, potresti stare lì per passare un po' di tempo con Edward, così non sarò da sola. Sarai nella stanza accanto, e almeno non dovrò affrontare Harry senza un'ancora di salvezza."
Izzy mi fissa per un attimo, e vedo nei suoi occhi che non si aspettava questa richiesta da parte mia. Sono sempre stata quella sicura di sé, quella che si butta a testa alta in qualsiasi situazione. Ma stavolta è diverso. Con Harry... è tutto diverso.
Lei sorride alla fine, alzando le spalle. "Certo, Malia. Se è per Edward, trovo sempre il tempo." Mi fa l'occhiolino, e io mi sento sollevata, anche se un po' imbarazzata.
"Grazie, davvero," dico, grata che non mi stia prendendo troppo in giro.
"Non c'è di che," risponde Izzy, con un sorriso complice. "E poi, sono curiosa di vedere come va a finire tra te e Harry."
Scuoto la testa, nascondendo il mio disagio. "È solo per il progetto, Izzy. Nient'altro."
Lei ride, ma non dice altro. Non le importa cosa dico, perché sa benissimo che sotto la superficie c'è molto di più. Ma per ora, tutto ciò che conta è che non dovrò affrontare Harry da sola.

Prossimo capitolo domani mattina.
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